Un pensiero per Vanessa Ballan, martire della libertà uccisa dal perdono

by Enrico Ciccarelli

A cavallo fra 2023 e 2024 mi viene da dedicare un articolo, un pensiero, a Vanessa Ballan, ventisei anni, uccisa da feroci percosse e coltellate mentre aspettava un bambino, da un cosiddetto uomo, un immigrato kosovaro regolarmente in Italia (faceva l’autotrasportatore) con cui aveva avuto una relazione. Ci sono molte ragioni che mi spingono a commentare il femminicidio numero 109 di quest’anno del Belpaese; la principale fra esse è che la denuncia per stalking e minacce presentata dalla giovane trevigiana è stata del tutto inefficace; la seconda sono alcuni dettagli che rendono questa storia particolarmente cruda e triste.

Mi ha convinto a farlo un articolo di giornale, forse del Corriere del Veneto, che diceva che si sarebbero dovuti attendere i risultati dell’autopsia per sapere se il bambino che Vanessa portava in grembo era biologicamente figlio di suo marito o del suo assassino. Sì, perché Vanessa, sposata e madre di un bambino di quattro anni, aveva avuto una relazione extraconiugale con il suo assassino, di cui forse il nascituro era il frutto.

La prima cosa che ho pensato è quale fosse la necessità di saperlo. La casuale traccia biologica lasciata nel corpo della sua vittima avrebbe conferito all’assassino uno speciale diritto o signoria? Davvero lo ius sanguinis, il diritto del sangue, ha rilievo tale da agire anche rispetto a una non-persona, a un essere cui è stato impedito di nascere? Sul serio cambierebbe qualcosa, rispetto alla decisione di una madre di volere un figlio con il compagno che ha scelto per la vita, compagno che sapeva della sua relazione adulterina e ha scelto di restare con lei, con l’idea di crescere questo bambino come l’altro, nel segno dell’amore e non del Dna?

Perché questa non è, come quella di Giulia Cecchettin, una storia di purezza deturpata, di letale crudeltà possessiva. Questa è una storia di errori, di travagli, di perdoni. Una storia di esseri umani, tanto distanti dalle nostre figurine della perfezione, dalla ripugnante aridità di chi crede di essere superiore perché sa giudicare e non sa comprendere. La storia di una donna che non era tutta nel suo matrimonio, nel suo lavoro, in suo figlio. Una donna che forse sognava, si appassionava, cadeva.

Perché le era già successo: con un altro cittadino straniero, e con lo stesso itinerario di passione, abbandono e persecuzione. Vanessa denunciò, ma probabilmente venne assalita dai rimorsi. Perché il famoso sesto senso femminile, dice una stand-up comedian che adoro, è il senso di colpa. E il perdono ricevuto dal compagno della sua vita l’avrà indotta a perdonare quell’uomo molesto la cui passione forse sentiva di avere suscitato, voluto, in qualche modo attizzato. Avrebbe voluto ritirarla, la denuncia; ma non si può. Perché, essendo le vie dell’inferno lastricate di buone intenzioni, il legislatore ha saggiamente provveduto a rendere denunce di quel tipo irrevocabili, proprio per rendere inefficaci le pressioni ambientali che accompagnano le donne che fanno denunce di questo tipo.

Così si è fatto un processo, durante il quale Vanessa ha ritirato tutte le accuse, e lo stalker è stato prosciolto. Questo non giustifica, naturalmente, la sottovalutazione della sua denuncia successiva, ma in qualche modo la spiega. Perché purtroppo non c’era motivo di ritenere che questa volta la vittima non ci avrebbe ripensato, che tutto il faticoso lavoro da svolgere non finisse in una bolla di sapone in sede processuale. Vanessa ha pagato con la morte il perdono generoso che ha offerto, probabile conseguenza del perdono generoso che ha ricevuto dall’unico vero uomo di questa storia, suo marito.

Uccisa dal perdono e dal senso di colpa, perché naturalmente l’uomo che tradisce è uno scavezzacollo impenitente e la donna che fa lo stesso una meretrice indegna. Ecco, invece dell’inutile esame sul dna del povero feto massacrato, proviamo a farla sul dna collettivo che porta le donne a sentirsi colpevoli delle nefandezze dei maschi, che le rende indulgenti o addirittura passive rispetto ai comportamenti abusanti, che impedisce loro di vedere gli stalker, i possessivi, gli ossessionati per quello che sono sempre ed invariabilmente: immondizia non riciclabile, priva di qualsiasi valore.

Un pensiero per Vanessa, unpopular victim della violenza maschile. Perché non era un giglio infranto, una principessa rapita dal drago in attesa di principe azzurro: era una donna vera, che viveva un amore vero in una famiglia vera, anche se magari non selezionabile per uno spot del Mulino Bianco. Era una donna che sceglieva e avvertiva –fin troppo!- la responsabilità delle sue scelte. Forse faceva fatica anche lei a sapere di chi fosse il seme che aveva generato vita nel suo ventre. Ma sapeva come e con chi voleva crescere questa vita. Dichiarazione di indipendenza inaccettabile per il verme che l’ha uccisa e per i tanti vermi come lui in giro per il mondo. Ti sia lieve la terra, sorella coraggiosa.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.