Violeta Parra, la voce struggente e rivoluzionaria del Cile, che disse Gracias a la Vida perché sentiva vicina la morte

by Daniela Tonti

Cantautrice, pittrice, scultrice, ricamatrice e ceramista, prima artista cilena esposta al Louvre, Violeta Parra non è stata solo un’artista multidisciplinare, una donna coraggiosa dalla voce struggente, provocatoria e anticonformista, ma ha anche unito nelle sue opere la malinconia e l’idiosincrasia di un paese in piena evoluzione cantando le lotte, le ingiustizie sociali e l’eterna lotta dell’uomo contro il destino.

Quando Violeta Parra entra in uno studio a Santiago del Cile per registrare Gracias alla vida, nell’agosto del 1966, ha 49 anni, due matrimoni alle spalle, 10 album registrati, molti debiti e l’ultimo, grande amore della sua vita, andato in frantumi.

La canzone vedrà decine di interpretazioni e mezzo secolo dopo, la rivista Rolling Stone riconoscerà l’album Últimas composiciones  come il più importante album cileno di tutti i tempi. 

Violeta è la voce del Cile, riconosciuta come l’ideatrice della Nueva Canción , un movimento dalle molteplici radici nato a metà degli anni ‘60 che rappresentava lo spirito delle lotte politiche progressiste dell’epoca caratterizzato da esplicite critiche sociali nei testi e dall’uso di generi e strumenti musicali tradizionali.

Violeta del Carmen Parra Sandoval è nata il 4 ottobre 1917 nella provincia di Ñuble da madre contadina e padre insegnante. Suo padre beveva ed era noto per essere violento. 

Violeta ha portato sul viso le cicatrici del vaiolo per tutta la vita e spesso si è definita “la donna più brutta del mondo“. La sua famiglia era molto povera e, insieme ai fratelli più piccoli, fece i lavori più disparati per poter sopravvivere, dal vendere frittelle, a pulire le tombe nei cimiteri, a lavorare in un circo.

Ha iniziato a suonare la chitarra all’età di nove anni, in parte per piacere, ma anche per sostenere sua madre.

Cantava nelle case, nelle strade, nelle osterie, nei campi, nei teatri, nei circhi, nei cabaret, nei circoli sociali. Ha cantato con nove dei suoi 11 fratelli e sorelle, ha cantato in centinaia di villaggi sperduti.

Cantava per protestare, per ricordare, per sedurre, per dimenticare. Ha cantato per creare confusione e per superarla, ha cantato perché voleva ringraziare la vita e perché sentiva la vicinanza della morte.

Violeta Parra si sposa, poco più che ventenne con un ferroviere, ha due figlie Isabel e Ángel che diverranno anch’essi musicisti, si separa. La vita domestica le sta stretta. Si risposa con Luis Arce.

Quando il fratello, il grande poeta Nicanor le mostra il fervore dell’avanguardia, Violeta inizia il suo lungo viaggio per il mondo: in Argentina, in Francia, in Russia, in Italia. Canta, prende appunti, registra, dando vita a un lavoro etnomusicologo senza precedenti. Questa ricerca è stata fondamentale per lo sviluppo della sua opera creativa

Violeta iniziò intervistando persone anziane nelle periferie, poi gradualmente si avventurò sempre più lontano. Inizialmente con solo una chitarra e una matita, poi con un registratore, da sola o accompagnata dai figli, ha ascoltato e registrato oltre 3000 canti tradizionali: cuecas, mazurke, lamenti e danze.

Fu un lavoro enorme e faticoso.

Sentiva di avere una missione storica. Nei suoi canciones era coraggiosa e piena di rabbia. 

Questo lavoro sfociò in alcune raccolte di canzoni popolari, ma soprattutto rese Violeta più agguerrita che mai: le diede infatti la forza per intraprendere quella che nella sua vita sarà una lotta senza tregua per ottenere riconoscimenti, sostegni e finanziamenti.

Con la sua tenacia lotterà per anni contro le burocrazie, contro l’insensibilità di un certo pubblico e subirà numerose sconfitte che, in qualche modo, finiranno per incominciare a logorarla.

Gli affamati chiedono il pane, i miliziani danno loro il comando […] Per fortuna ho una chitarra per gridare il mio dolore”, cantava nella canzone La carta. “Cosa dirà il Santo Padre quando macellano la sua colomba?” scrive in una canzone riferendosi a un comunista giustiziato per ordine di Franco. 

Il suo secondo matrimonio con Luis Arce ha coinciso con l’inizio del suo successo musicale internazionale ma anche con l’evento più drammatico della sua vita.  Quando raggiunse Parigi, da dove sperava di conquistare il resto d’Europa, ricevette un telegramma che la informava della morte di sua figlia, la piccola Rosa Clara che aveva solo sei mesi. 

Rimase scioccata, ma continuò il suo viaggio e tornò in Cile solo due anni dopo. 

Ebbe un enorme successo a Parigi, ma il senso di colpa e la depressione la perseguitarono per tutta la vita. “Sono una madre infelice, da quando li ho lasciati soli e dal mio bouquet manca un fiore”, scrisse a suo fratello quasi un decennio dopo.

Dopo la morte della figlia, aveva bisogno di trovare altri modi di espressione; cominciò allora un’attività frenetica che la portò a dedicarsi anche ad altre forme artistiche che negli anni divennero fondamentali per lei: la pittura, la scultura e la tessitura di arazzi.

Mentre era costretta a letto per diversi mesi a causa dell’epatite iniziò ricamando un copriletto, ma la sua energia creativa era inesauribile. Presto creò arazzi di grande formato e sculture in ceramica e cartapesta.

Nel 1964 diventa la prima latinoamericana ad essere esposta al Museo delle Arti Decorative del Palais du Louvre a Parigi. 

Durante questo periodo incontra l’uomo che avrebbe ispirato gran parte del suo repertorio, l’antropologo e musicologo svizzero Gilbert Favre, che ha sempre considerato “il grande amore della sua vita”. 

Fu in onore di Favre che Violeta compose i suoi brani epici Corazón Maldito, El Gavilán e Qué he sacado con quererte.

Ritornata a Santiago nel 1965, Violeta installerà una grande tenda per trasformarla in un centro di cultura popolare e un club musicale, con la collaborazione dei suoi figli Ángel e Isabel, e dei folcloristi Rolando Alarcón, Victor Jara e Patricio Manns. 

Tuttavia, la tenda situata a La Reina – lontana dal centro – era deserta e lei, soggiogata dai debiti, cadde in una spirale di sconforto.

La sua relazione con Gilbert Favre finì quando l’antropologo decise di partire per la Bolivia. Da questo distacco Violeta creerà una delle sue canzoni più famose Run Run se fue pa’l nort.

Run Run è salito a nord

Non so quando tornerà.

Tornerà per il compleanno

della nostra solitudine.

Violeta lo va a trovare, in Bolivia, lo scopre felice, sposato. Per Violeta è l’ennesimo squarcio.

Combatte senza sosta contro il desiderio di scappare, di lasciarlo, ma decide che ha bisogno di stare con lui nonostante tutto. Gilbert acconsente, ma poi la lascia e Violeta scrive le prime strofe di El gavilán.

Si dice che la canzone non dovesse durare più di tre o quattro minuti, ma mentre suonava Violeta iniziò a lasciarsi andare improvvisando di volta in volta e dando vita a una performance straziante e potentissima.

Il suo destino è il salto: “Qualcosa mi sfugge… non so cosa sia… lo cerco… certamente non lo troverò mai”, dice, spesso, agli amici.

Nonostante il dolore continuò a lavorare e comporre le canzoni che sarebbero state parte del suo ultimo album Las últimas composiciones, che includeva i suoi grandi inni Volver a los 17 e Gracias a la Vida.

L’ultima canzone che ha scritto prima di uccidersi, si chiama Gracias a la Vida , ed è la sua canzone più famosa. 

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cuore che agita i confini,
quando guardo il bene così lontano dal male,
quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.

Violeta Parra si tolse la vita all’età di 49 anni nella sua tenda a La Reina, alle 17:40 del 5 febbraio 1967, lasciando orfano il movimento folcloristico cileno e segnando la fine di un’era che sarebbe proseguita con il tramonto della dittatura solo sei anni dopo.

Nella mia vita m’è toccato tutto molto secco e troppo salato, ma questa in fondo è la vita, una rissa in cui non si capisce niente. L’inverno si è installato in fondo all’anima mia, e comincio a dubitare che da qualche parte ci sia la primavera.

Innumerevoli sono le cover delle canzoni di Violeta Parra pubblicate negli ultimi 50 anni in Cile e all’estero.  Le sue canzoni sono state eseguite anche da noti musicisti di lingua inglese, tra cui gli U2, Joan Baez, Robert Wyatt e Faith No More. E in Italia da Gabriella Ferri.

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