L’agosto unico e imprevedibile di Zingaretti, che cambierà il Pd

by redazione

Questo “agosto unico e imprevedibile” condurrà forse il Pd, con l’ingresso nel Governo Conte bis, nel movimento più largo della sinistra europea e aprirà anche in Italia, finalmente, una riflessione sul ruolo delle forze progressiste, già matura in Inghilterra, in Spagna e in Germania con l’avanzata dei Verdi.

Il segretario Nicola Zingaretti ha ben chiaro l’importante momento di svolta, la mutazione quasi genetica che è chiamato ad imprimere al più importante partito italiano di centrosinistra, al di là degli opportunismi politici di Matteo Renzi.

Nella sua relazione, letta in Direzione, ci sono tutti gli elementi di questa svolta, che è interna al Pd, oltre che dentro il M5S che con l’accettazione del “programma omogeneo” si apre ad una alleanza. E ad una parte politica, rifiutando così il dogma, come abbiamo già scritto, del movimento che “non è né di destra né di sinistra”. E rifiutando probabilmente l’idea della democrazia diretta, se davvero il Conte bis non passerà dal voto sulla piattaforma Rousseau.

“Sarà durissima ma può essere l’occasione di rifondare il nostro essere nella società”, ha detto Zingaretti. Una rifondazione vera, nuova, una rinnovata Bolognina.

Nella sua frase c’è tutta la sfida del futuro in cui si lancia il Pd: ci sono coraggio e visione. Il Pd ha l’occasione di ritornare ad essere il partito degli ultimi e non solo dei primi, come è stato finora. Basta solo con le banche, gli eurocrati, i mercati, la Confindustria, il capitale, la globalizzazione che allarga le differenze tra ricchi e poveri.  

Non più solo il partito dell’establishment, come si dice volgarmente, ma un partito di popolo. Quello stesso popolo, che è stato sottratto e blandito dalla Lega, che nell’ultimo anno ne ha accarezzato gli istinti più bassi, più rancorosi, più individualisti e solipsistici.

Se sarà questo il percorso del governo giallorosso, il Pd avrà superato la stretta via e avrà rifondato il suo essere nella società, che oggi in larga parte non si riconosce più nei suoi valori. Slavoj Žižek ha già messo a fuoco i tabù della sinistra nel suo saggio “La nuova lotta di classe”. Molti di essi sono tutti nel rapporto con l’Altro, lo straniero. Non bisogna rifuggire l’islamofobia, secondo il filosofo slavo.

Il Pd con l’ala sinistra che è rimasta ormai al M5S può e deve occuparsi dei beni comuni della Cultura- innanzitutto il linguaggio ma anche il trasporto pubblico, l’acqua pubblica, le infrastrutture condivise- dei beni comuni della natura esterna minacciati dall’inquinamento e dallo sfruttamento delle mafie e dei beni comuni della natura interna con uno sguardo nuovo alle tecnologie biogenetiche.

Il Pd dovrà riscrivere le regole, per un nuovo patto tra Inclusi ed Esclusi, solo così questi ultimi perderanno la loro qualità sovversiva e saranno strappati alla narrazione sovranista, reazionaria, autoritaria, totalitaria e destrorsa della Lega di Matteo Salvini.

“Se una nuova stagione deve avviarsi – e se vogliamo che questa nuova stagione incroci il consenso di una parte larga del paese e del popolo del centrosinistra – allora la discontinuità, l’esigenza di un rinnovamento, di ricerca di nuovi obiettivi riguarda noi e anche alcune delle nostre politiche. Si sviluppi su questo un dibattito più libero di quello che abbiamo avuto finora, con il Governo che nascerà cambierà il profilo della politica italiana. Collochiamo le nostre ricerche, analisi, proposte sull’orizzonte del domani facendo ciò che è utile e non sulle polemiche del passato”, è l’impegno del segretario.

“Io vi dico, gettiamo il cuore al di là dell’ostacolo e proviamoci. Da soli siamo poco o nulla. Assieme diventiamo una cultura”, ha concluso con raro tocco profetico Zingaretti.

Ecco la sfida per il Pd: diventare una cultura. Ce la farà o consegnerà l’Italia a Salvini solo con un po’ di ritardo rispetto al cronoprogramma da beach tour immaginato al Papeete?

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