Buy Food Toscana, tutto il valore dei prodotti DOP e IGP della regione dalle dolci colline. Tra vino, olio e carni

by Valeria Nanni

Una regione bella oltre che buona come la Toscana è la prima in Italia nella produzione di prodotti biologici e a indicazione geografica: 90 prodotti DOP e IGP tra vino e cibo. Cresce così il valore dell’agricoltura del 17 % su base annua grazie a 17.777 operatori. Siena, Firenze e Grosseto sono le maggiori province interessate.

La Toscana è la prima produttrice di Olio Igp in Italia con valore del 32% di produzione. In crescita l’export verso Germania, Paesi Bassi, USA, Regno Unito, Canada e Giappone, pari a 3 miliardi di euro. Sono questi i dati della ricerca dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, presentati il 26 e 27 ottobre a Buy Food Toscana, vetrina internazionale dei prodotti agroalimentari a indicazione geografica, momento di incontro tra buyer da tutto il mondo e produttori di eccellenze toscani.

Poiché la sigla IG segna un prodotto caratteristico di un determinato territorio, ovvero il prodotto di luogo geografico preciso, è tutt’uno con l’immagine del paesaggio toscano. Un prodotto agroalimentare semplice come le carni fresche o trasformato come il biscotto cantuccio, comunica valori olfattivi e visivi oltre che l’operato dell’uomo. Così i veri protagonisti sulla tavola sono il già nominato Olio Toscano IGP, seguito da Cantucci Toscani IGP, per 37 mln di euro, Prosciutto Toscano DOP con 33 mln di euro, il Pecorino Toscano DOP con 32 mln di euro, il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale con 17 mln di euro e la Finocchiona IGP con 13 mln di euro. Altri prodotti minori ma non trascurabili sono il Lardo di colonnata e le castagne del Monte Amiata. Il tutto esaltato dai vini toscani.

Perciò nella regione dalle dolci colline, dove i cipressi sussurrano l’unione tra cielo e terra, gli ulivi evocano armonia e le viti la convivialità, ecco imbandita la tavola con i maggiori prodotti made in Tuscany. Il gusto di formaggi, salumi, e della carne alla fiorentina arriva ai palati di turisti italiani e stranieri. Per chi può permetterselo infatti, meglio vivere la toscanità nei numerosi agriturismi regionali, sistemazione preferita dagli ospiti statunitensi che affollano ogni anno la regione. E anche qui i dati non mancano. “Nel 2022 ci sono stati 13 milioni di ospiti di cui il 50 % sono stranieri – riporta Fabio de Bravo, Dirigente della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di ISMEA, per illustrare il report sull’economia DOP e IGP della Toscana – pronti ad accoglierli ci sono circa 4000 agriturismi collegati ad aziende agricole territoriali”.

Ma non è tutto. Se la Toscana è brava a darsi identità territoriale, cultura, gastronomica e paesaggistica, potrà assurgersi una nuova sfida, rendere davvero sostenibili i prodotti Dop e Igp, perché così essi possono generare altre risorse territoriali, come nuovi prodotti e nuovi servizi. “Un prodotto è sostenibile se è legato al territorio, ovvero se usa risorse specifiche locali – spiega il prof. Giovanni Belletti, dell’Università di Firenze, Dipartimento di Economia e Management – un prodotto è inoltre sostenibile se può vantare un legame con la storia del suo territorio, e se prevede una dimensione collettiva, ovvero se è il risultato di una conoscenza radicata e condivisa”. Da regione complessa e articolata la Toscana offre una varietà di enogastronomia apprezzabile. I prodotti IP sono dunque importanti nella definizione del paesaggio culturale di un territorio, il quale diffonde un valore percepito sia dal turista che dal cittadino.

Il re in tavola è l’olio d’oliva consumato a crudo come condimento e base per i principali piatti toscani, divenuto uno dei prodotti simbolo della regione. Esistono tre consorzi per la tutela di tre varietà di produzione: Olio extravergine Toscano IGP, che prodotto dal 60 % dei frantoi toscani rappresenta un quinto dell’intera produzione regionale, poi l’Olio Seggiano Dop, ottenuto da olive Cultivar Olivastra Seggianese, diffusa nel territorio prospiciente il monte Amiata, e in ultimo il pregiato l’Olio DOP Terre di Siena realizzato con almeno due varietà di olive locali. È proprio la combinazione di più varietà a dare il gusto fruttato con note piccanti e lievi sentori di amaro. Da assaggiare in Toscana con olio fresco la fettunta, e poi minestre a base di legumi, la ribollita, la panzanella, il pinzimonio, la bruschetta. Purtroppo il 75% della produzione di olio toscano va all’estero, saranno più golosi gli stranieri di questa prelibatezza?

Per le carni ci aspetteremmo un consorzio per la bistecca alla fiorentina e invece la denominazione corretta è Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp. Il che fa supporre una complessità non scontata del prodotto. Fu il primo marchio di qualità per le carni bovine fresche approvato dall’Unione Europea nel 1998. Oggi la filiera conta più di 3mila allevamenti in 8 regioni del centro-nord Italia, dall’Emilia alla Campania. Si tratta di bovini tra i 12 e 24 mesi, dal mantello di colore bianco, su cute nero ardesia, capaci di tollerare le radiazioni solari dei pascoli appenninici. Sono di razze chianina, romagnola e marchigiana. La carne alla fiorentina non sempre è chianina e non c’è inganno da parte del ristoratore. La fiorentina è un taglio, non una particolare razza. Inoltre, l’allevamento del vitellone bianco preserva queste tre razze tipiche dall’estinzione.

I formaggi toscani sono un ingrediente importante nei taglieri, preferiti negli antipasti, oppure selezionati come dessert, accompagnati da confetture e miele. Il Consorzio Tutela Pecorino Toscano Dop, norma e valorizza un prodotto di cultura gastronomica che affonda le radici nella storia etrusca. La terra in cui pascolano le pecore dà al latte un gusto dolce, che rende il formaggio toscano molto delicato, tanto da essere considerato un formaggio “fuori dal gregge”.

Ma per completare il tagliere ci vogliono quattro affettati. Così ecco servito Prosciutto Toscano, la Finocchiona IGP, il lardo di colonnata IGP, la mortadella di Prato, di cui solo i primi due hanno alle spalle un Consorzio per la tutela. Sono salumi di eccellenza legati indissolubilmente al territorio anche attraverso leggende tramandate. Un prosciutto dal color cremisi non poteva che essere toscano, fa pensare alla pittura. Il cremisi è infatti una tonalità di rosso scelta spesso come nota di accordo dai pittori del ‘600 fiorentino. Una gustosa coincidenza. A dare invece il tipico retrogusto speziato è poi la patina pepata che lo ricopre, impreziosita da aromi, in parte tenuti segreti dai norcini toscani, che seguono una ricetta tramandata di generazione in generazione.

La finocchiona è un insaccato dove secoli fa i costosi granelli di pepe furono sostituiti dai semi di finocchio, facendo nascere un prodotto alternativo molto apprezzato, che adesso è riconosciuto come tipico regionale. Il consorzio di tutela della finocchiona interfacciandosi con i produttori di finocchietto ha appreso che ci sono difficoltà di impollinazione a causa del minor numero di api, decimate dall’inquinamento. Così il Consorzio ha promosso un progetto pilota delle “api sentinelle”, per la loro tutela e prolificazione. Sono state donate le casette di ricovero e posizionate arnie tecnologiche dotate di sensori solari, capaci di monitorare lo stato di salute delle api dal loro ronzio. Da esse si ottiene lo stato di salute dell’intero ambiente. Senza impollinazione non ci sono frutti, con generali gravi conseguenze sull’ecosistema.

A fine pasto in Toscana non ci si alza allegramente senza aver gustato dei particolari biscotti, chiamati cantucci, inzuppati nel vin santo, e che da settembre scorso sono valorizzati dal Consorzio di Tutela dei Cantucci Toscani Igp. Un prodotto legato al territorio toscano, che ha avuto intensi e fruttuosi scambi commerciali con l’Oriente. Una pasta costituita da spezie, canditi e mandorle, è pronta a raccontare queta lunga storia, non senza essersi immersa nelle tinte ambrate di un vino liquoroso e dolce, denominato “Santo”.

Di estremo interesse e fascino è poi la farina di castagne, un prodotto poco conosciuto al di fuori dei confini regionali, che porta i sapori e i colori di un paesaggio dei confini toscani, quello della Lunigiana, rappresentato da Barbara Maffei, del Comitato Promotore Farina di Castagne della Lunigiana. “La castanicoltura aiuta a contrastare lo spopolamento nelle nostre zone più marginali e di confine della Toscana – dice – perciò la farina di castagne è una piccola Dop ma molto importante. Il castagno è fortemente sostenibile. Manifesta un paesaggio autentico, si pone contro il dissesto idrologico, mantiene una importante biodiversità, poiché ad esso sono connesse la coltivazione dei frutti di bosco e la produzione di miele di castagne. I mulini ad acqua, necessari nelle fasi di produzione del prodotto, contraddistinguono il nostro paesaggio rappresentando unicità e tipicità del luogo nel quale si è sviluppato un turismo Dop che speriamo sia in crescita”. Così se a fine pasto non è stato abbastanza dolce concludere con cantucci e vinsanto in autunno si può gustare il castagnaccio, una torta preparata con la farina di castagne della Lunigiana Igp.

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