Excellence, si può ripartire dal cibo con la filosofia dell’accoglienza e una nuova riflessione sulla ristorazione

by Claudia Pellicano

Sostenibilità, orgoglio, creatività e il coraggio di ripartire; è questo lo spirito che permea Excellence, il forum enogastronomico ideato dai fratelli Pietro e Claudio Ciccotti per promuovere la cultura alimentare, l’incontro tra pubblico e operatori del settore, e discutere del futuro e della valorizzazione delle nostre risorse a livello nazionale e internazionale.
La quinta edizione, come da tradizione sullo sfondo della Nuvola di Fuksas, premia quest’anno Alfonso Iaccarino, Giuseppe Di Iorio e Dominga Cotarella. personalità che esprimono la storia della cucina e dell’imprenditoria vinicola italiane.

Dopo un periodo così difficile, si può e si deve ripartire anche dal cibo per far tornare a vivere un Paese che chiede normalità e sicurezza, e in cui i consumi sono sensibilmente in aumento rispetto al 2020. Un’Italia sperabilmente più consapevole, nelle parole del ministro Brunetta, che voglia di più e meglio in termini di eccellenza per tutti– non intesa, quindi, come lusso, ma come qualità, valore aggiunto, stile di vita.

L’obiettivo è rivalutare territorio e attrarre investimenti nelle città con lo scopo di creare lavoro, dismettendo un po’ una specie di complesso tutto romano secondo il quale la capitale non potrebbe competere con altre metropoli europee. Torna in mente l’autodenigrazione su cui ammoniva Gadda, mentre sarebbe ipotizzabile contrastare la disoccupazione soltanto incentivando questo settore.  
L’assessore al turismo e ai grandi eventi Alessandro Onorato sottolinea la necessità di invertire la tendenza della forza lavoro che abbandona Roma. Negli ultimi sei anni, oltre il 15% dei giovani sotto i 30 anni ha lasciato il Lazio, ragazzi e ragazze formati qui, ma che hanno preferito andare altrove. Un’anomalìa particolarmente stridente nel più grande comune agroalimentare d’Europa, dove il turismo, tra cui quello enogastronomico, possiede un potenziale enorme.

Anche all’osservatore meno attento non può sfuggire che in Italia il cibo e la ristorazione sono prima di tutto un’esperienza, un modo di interpretare la vita. È in questa prospettiva che si inscrivono la lotta al sale nella cucina romana, la cucina salutare di Fabio Ciervo, la scuola per la cultura dell’olio, e l’attenzione alla sostenibilità, perseguita privilegiando ingredienti a km zero, con il minor packaging possibile, e riutilizzando tutti i prodotti a disposizione; lo chef Giulio Terrinoni entra in sala alla Nuvola in bici non soltanto per regalare un sorriso, ma anche per parlare di temi fondamentale come l’ecologia e la lotta allo spreco, in un approccio che impiega ogni materia prima e che, solo per fare un esempio, ha eletto il quinto quarto di mare a piatto simbolo.

È la fascinazione che provano divi stranieri come Johnny Depp, di cui Arcangelo Dandini racconta la passione per spumanti e supplì. È la storia romantica di Alfredo alla Scrofa, al centro della Roma barocca, che crea le fettuccine diventate poi famose in America grazie alle attrici del cinema muto.

È l’eleganza delle alici, il pescato più sostenibile del Mediterraneo, che nella loro semplicità mantengono la livrea, e quella del caviale, che vuole accompagnarsi alla madreperla.

È anche filosofia dell’accoglienza e una nuova riflessione sulla ristorazione, come testimonia la storica famiglia Cotarella. Dopo una pandemia, la formula vincente è quella che porta il cliente a sentirsi completamente a proprio agio, quasi come fosse a casa propria all’interno di un locale. Come insegna Michelino Gioia, il successo, in cucina, è quando la prima forchettata ti fa venire voglia della seconda, come succede all’inizio di un libro, un film o una storia d’amore. Si ritorna a quello che ci fa stare bene.

Durante il suo cooking show, Stefano Marzetti commenta, in modo piuttosto poetico, che Roma, dalla terrazza del Mirabelle, non ha difetti. C’è della verità in questo, ma la città probabilmente non ha mai aspirato a una compiutezza, a un’omologazione, a un essere convenzionale. Roma è bellissima e complessa, lenta, nella propria consapevolezza di essere eterna. L’errore sarebbe guardare all’eccellenza in modo retorico, come a una vocazione per pochi, a una serie di manifestazioni episodiche in una realtà fatta per lo più di mediocrità e disfattismo. Mentre a ognuno di noi è dato di fare qualcosa, e di farlo bene.

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