Il melograno, il frutto della Grande Madre: una miniera di vitamine, antiossidanti e storia

by Maria Teresa Valente

Ricco di vitamine, soprattutto la C, ma anche di sali manirali e di sostanze antiossidanti che combattono i radicali liberi che provocano l’invecchiamento delle cellule, il melograno è dal punto di vista alimentare e cosmetico, una vera e propria miniera.

La quasi totalità della produzione italiana si concentra in Puglia. E per quanto possa sembrarci familiare, poiché si trova in abbondanza nella nostra terra di Capitanata e per tutto l’autunno e l’inverno spesso fa capolino sulle nostre tavole col suo sapore dolce ed i chicchi croccanti, la melagranaè un frutto indiano doc, a differenza del fico d’India che, nonostante il nome, è invece originario dell’America del sud.

Conosciuto e apprezzato fin dall’antichità, i suoi frutti sono legati a concetti simbolici, religiosi e addirittura magici.

I latini chiamavano il melograno malum punicum, ovvero melo fenicio perché credevano provenisse dall’area siro-fenicia. Botanicamente è chiamato Punica granatum: punica perché fu proprio durante le guerre puniche che il frutto e la pianta cominciarono a viaggiare in Europa, e granatum per via dei suoi fiori di un vivido colore rosso ‘granata’.

Nella mitologia arcaica il frutto fu attribuito alla Grande Madre, regina del cosmo, nel suo duplice ruolo di colei che dà la vita e colei che la toglie. La melagrana era simbolo sia di fecondità che di morte. Molte melegrane di argilla sono state rinvenute nelle tombe magno greche dell’Italia Meridionale, in Calabria ed in Sicilia”, spiega Aldo Caroleo, presidente dell’Archeoclub Siponto ‘Mauro Caroleo’ ed appassionato di botanica ed archeo medicina.

A Capaccio, nei pressi di Paestum – continua Caroleo – vi è il Santuario della Madonna del Granato’, una statua della Vergine che tiene il frutto con la mano destra come uno scettro. A pochi metri da questo, vi sono i templi greci di Paestum dedicati a Hera dove sono state rinvenute immagini della dea con i fiori e i frutti di melograno”. Per il presidente Archeoclub, dunque, vi sarebbe una continuità credenziale, una trasposizione tra la Grande Madre dei Greci e la Vergine Maria, testimoniata proprio dalla Madonna di Paestum.

Per il Cristianesimo la melagrana è il simbolo della Passione poiché i suoi chicchi sono “spesso avvicinati per il loro colore rosso alle salvifiche gocce del sangue di Cristo sulla croce”.

Molti sono gli artisti che nei dipinti vi fanno riferimento, come il Botticelli nella ‘Madonna della melagrana’. “Una bellissima opera – aggiunge il presidente Archeoclub Siponto – è anche la ‘Madonna con la melagrana’ di Jacopo della Quercia: una statua in marmo nella quale la Vergine regge con la mano il frutto del melograno”.

Insomma, osannato nei millenni e riscoperto negli ultimi anni, è oggi anche al centro degli studi della medicina moderna, impegnata nell’osservazione delle incredibili ed innumerevoli qualità di questo frutto di cui i nostri avi avevano ben intuito la potenza, tanto da considerarlo magico. Pare abbia addirittura la capacità di rallentare la crescita e la migrazione delle cellule cancerose in altre sedi del corpo, che possa proteggere il cuore dalle placche arteriosclerotiche, che serva da cura della depressione e della fragilità delle ossa causate dalla menopausa, e che riesca a contrastare attivamente i tumori del polmone, della prostata, del seno e della pelle.

E quando – conclude Caroleo – vediamo una melagrana sulle nostre tavole, non pensiamo sia soltanto un frutto. Questa pianta apparentemente semplice ed invece così particolare di cui la Capitanata è ricchissima, ha attraversato i tempi e le culture lasciando il suo segno in ogni campo del sapere”.

E dopo aver spaziato con il melograno dalla storia alla mitologia e dall’arte alla medicina, per coprire un’ulteriore branca possiamo concludere con una frase del filosofo Aristotele: la natura non fa mai nulla di inutile.

foto di copertina di Stefano Caruso

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