Nero di Troia Tavoliere delle Puglie Doc, il vitigno continua a crescere all’ombra del Rosone

by Antonella Soccio

20 anni di percorso di sogno per il Consorzio Nero di Troia Tavoliere delle Puglie Doc per la promozione di una eccellenza, il Nero di Troia, riconosciuta dal 2011 con la denominazione di origine controllata, grazie alla tenacia del presidente Confcooperative Giorgio Mercuri, e dell’attuale amministratore delegato del Consorzio, il direttore Matteo Cuttano.

L’uva di Troia contesa anche dalla Bat ha celebrato nel paese del Rosone sui Monti Dauni, Troia, la sua crescita esponenziale e i successi dell’ultimo Vinitaly con un convegno a cui ha partecipato da ospite d’onore Nicola Prudente in arte “Tinto”, conduttore di Rai Radio 2 con la trasmissione Decanter e maggiore influncer del vino in Italia. Oltre all’esperienza radiofonica Tinto è stato anche autore e conduttore di “Linea Verde Orizzonti” e “Magica Italia” su Rai Uno. Negli ultimi anni ha condotto “Fuori di Gusto” (LA7), “Un pesce di nome Tinto” e le quattro edizioni di “Frigo” (Rai 2).

Ebbene, il vitigno autoctono Nero di Troia, terzo grande a bacca nera di Puglia dopo Negroamaro e Primitivo, ormai è sempre più apprezzato e coltivato in Capitanata in un territorio agricolo molto vasto che va da San Severo a Barletta.

Come ha scritto il Gambero Rosso, molti vini rossi, soprattutto il Primitivo, “amaroneggiano” con bouquet super maturi, note di appassimento, aromi di confettura e alti residui zuccherini, che rendono i vini spesso stucchevoli. Non è così per il Nero di Troia che si presenta indubbiamente come un vino assai versatile, capace di far da base a rosati ottimi.  

L’esperienza del Nero di Troia è molto positiva, ci sono ancora tantissime potenzialità sul mercato estero. La tipicità del vitigno e il suo legame col territorio vanno ancora raccontati con un deciso storytelling.

“Un consiglio mi permetto di darvi: il vino è più quando lo degustate sul territorio, se lo assaggiate qui sul posto è buono due volte, perché si vede la campagna e perché si vede negli occhi il produttore”, ha detto Tinto a quanti lo hanno interrogato.

12 i consorziati del Consorzio Nero di Troia Tavoliere delle Puglie Doc, 1500 produttori con un fatturato aggregato di 25 milioni di euro, 3mila ettari coltivati pari a 15mila quintali di prodotto 12mila ettolitri di vino. Questi sono i numeri del Nero di Troia in Capitanata, che ha un export di circa 500mila ettolitri.

La vendemmia del 2019 si profila con una produzione meno abbondante rispetto al 2018. Un dato positivo, secondo gli esperti, che dovrebbe far presagire un rialzo dei prezzi. Nel primo trimestre del 2019 intanto è cresciuto il settore alimentare in tutta l’Unione Europea, col vino che fa registrare le migliori preformance merceologiche.

Al convegno a Troia seguito dal consueto percorso enogastronomico hanno partecipato le 12 Cantine consorziate: Cantina Cooperativa Apulia di Stornara; Cantina Cooperativa Casaltrinità di Trinitapoli del presidente del Consorzio Antonio Gargano; Cooperativa Vinicola Coldiretti di San Ferdinando di Puglia, l’Antica Cantina Csc di San Severo; Cantina Dauva Coop Foggia, Cantine Pirro di Troia; Cantine Torre Quarto di Cerignola; Cantina Tenuta Coppadoro di San Severo; Elda Cantine di Troia, Cantina Placido Volpone di Ordona, Cantine Decanto di Troia e Azienda Agricola Casoli- Nero di Troia Rossone.

Alle degustazioni si sono abbinati i piatti delle diverse attività gastronomiche della cittadina dei Monti Dauni: Osteria fra due Terre, D’Avalos, Panificio Rosiello, Ambaradam Pub, Masseria del Gusto Fantasie del Casaro, Panificio Zurlo, Agriturismo Pirro, Caffetteria del Corso, Sapori&Tradizioni.

Tante le tematiche nuove nel mondo del vino. Da un’indagine annuale effettuata da Omnicom Group, società di consulenza strategica in comunicazione, è emerso che oggi il social più utilizzato dalle aziende vitivinicole è Instagram con un incremento dei follower del 71% rispetto al 2018.  Vale anche per la maggior parte delle 12 Cantine del Consorzio.

Sul piano dei contenuti che vengono comunicati, è centrale il racconto dei vitigni autoctoni. Molte cantine non solo li citano, ma spiegano la propria scelta di coltivazione e i propri programmi di recupero.

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