22 (formidabili) anni di “Maggio all’Infanzia”. L’intervista a Teresa Ludovico

by Anna Maria Giannone

Se i festival trovano il loro senso più profondo nella costruzione di una comunità, Maggio all’infanzia da ventidue anni è una delle occasioni di incontro più vivaci per la comunità del teatro ragazzi italiano. Ogni anno si riuniscono in Puglia operatori teatrali, insegnanti, genitori. Tutti attorno a loro, i bambini e le bambine, protagonisti assoluti di una programmazione rivolta al loro sguardo.  Molteplici linguaggi espressivi trovano spazio nella rassegna organizzata da Fondazione Sat (Teatri di Bari e le Nuvole – Casa del Contemporaneo di Napoli): spettacoli ma anche workshop e laboratori nelle scuole, momenti di formazione con insegnanti , musica, letteratura, eventi di piazza.

Dopo il suo esordio a Gioia del Colle nel 1997, il trasferimento a Bari nel 2005, oggi Maggio all’infanzia è un festival nomade, abita tanti luoghi, oltre i confini del capoluogo. L’ultima edizione ha toccato dal 2 al 26 maggio Bari, Conversano, Monopoli, Polignano.  L’anno prossimo potrebbe spostarsi ancora.

Abbiamo incontrato Teresa Ludovico, attrice, regista, direttrice artistica del Teatro Kismet e del Maggio all’infanzia.

Mano nella mano è il titolo scelto per questa edizione del festival, perché?

Il nostro ruolo è quello di affiancare i più piccoli  in un viaggio di crescita e avvicinamento alla cultura, nel senso più ampio possibile. Mano nella mano perché i bambini sono in un momento della loro esistenza in cui hanno bisogno di essere accompagnati e noi adulti abbiamo la preziosa occasione di vivere con loro questa scoperta. Un’esperienza in cui attraversiamo assieme ciò che è nuovo. Questo crea gioia, stupore ma anche paura. Ecco perché nell’immagine creata da Cristina Bari per questa edizione del festival i bambini danno la mano a un mostro peloso: buffo ma anche diverso, sconosciuto. Il teatro inizia sempre con un momento di buio:  è l’inizio di un viaggio profondo dentro se stessi.

Nel 2019 Maggio all’infanzia ha compiuto ventidue anni:  cosa è cambiato in questo tempo?

L’anima artistica del festival, fin dalla sua nascita, è il Teatro Kismet, un centro da sempre vocato al rapporto con l’infanzia. Quando abbiamo iniziato in Puglia esistevano pochissime compagnie di teatro per ragazzi, oggi sono tantissime e molte di queste hanno ottenuto riconoscimenti importanti. Possiamo dire con orgoglio di aver contribuito a creare una scena teatrale di spicco nel panorama nazionale. È cresciuta la produzione artistica rivolta all’infanzia ed è cresciuto anche il pubblico e le forme di linguaggio con cui il festival si esprime: non solo il teatro ma anche la musica, la letteratura, l’arte.

9 debutti nazionali e  8 regionali: una parte importante del festival è rappresentata dalla “vetrina” del teatro ragazzi. Come scegliete gli spettacoli da ospitare?

Il Maggio, nella sua funzione di vetrina per addetti ai lavori, vuole rappresentare il meglio della produzione teatrale rivolta all’infanzia. Da qualche anno abbiamo scelto di adottare la formula del bando: in questo modo possiamo intercettare anche  proposte di compagnie meno note o più giovani, fuori dai circuiti. L’unica condizione è che lo spettacolo sia una nuova produzione e che non abbia debuttato in altri festival. Questo ci permette di attrarre tantissimi operatori teatrali ─  quest’anno quasi  cento ─ provenienti da tutta Italia.

Quali sono gli elementi che deve avere uno spettacolo di teatro per ragazzi di qualità?

Dobbiamo portare all’infanzia simboli, archetipi, storie importanti, trattate con un linguaggio adatto. Non è rilevante che lo spettacolo sia completamente comprensibile ai bambini: loro rielaborano, decodificano, tornano nel tempo a riflettere sulle storie che incontrano. E poi è importante rischiare, innovare, sforzandosi di parlare alle generazioni contemporanee. In questa edizione festival ad esempio c’è stato uno spettacolo che ha profondamente diviso: Terry, del Teatro delle Briciole, ha trattato un tema urgente come quello del bullismo scegliendo il punto di vista del bullo. L’attore in scena è stato costantemente in dialogo con i ragazzi, coinvolgendoli, provocandoli. Un meccanismo inquietante che ha creato molto dibattito attorno allo spettacolo.

C’è uno spazio per confrontarsi sugli spettacoli visti all’interno del festival?

Il dibattito trova grande spazio nella sezione Esplorazioni, a cura della Casa dello Spettatore  guidata da  Giorgio Testa, pedagogo ed esperto dei rapporti Teatro-Educazione.  Insegnanti e operatori sono coinvolti in un lavoro approfondito di analisi e discussione attorno agli spettacoli proposti , al linguaggio, ai temi. Gli insegnanti portano le classi a teatro, scelgono per loro, è importantissimo che abbiamo occasione per formarsi.

In questa edizione c’è stata anche un’esclusiva internazionale. Cosa avete portato in Italia?

Uno spettacolo coreano strepitoso, The Original Drawing Show. È  stata un’occasione per confrontarsi con un mondo altro, diversi linguaggi e diversi modi di parlare all’infanzia. Lo spettacolo, in maniera divertente e con una perfezione performativa tutta asiatica, ha messo in scena il processo creativo di un’opera d’arte. Un caleidoscopio di colori, azioni e tecnologia che ha letteralmente rapito grandi e piccini.

Quale futuro per  Maggio all’infanzia?  

Da un po’ di tempo il festival si sta allargando sul territorio, quest’anno abbiamo spostato la vetrina a Monopoli, dando l’occasione agli operatori ospiti  di conoscere questa bellissima città. La base rimane Bari, i nostri teatri (Kismet e Abeliano) , ma ogni anno si aggiunge un pezzo di Puglia. È un modo per approfondire la conoscenza con tanti bambini, tante famiglie  e permettere a chi viene da fuori di scoprire la nostra regione.

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