Dora Nera, il festival noir di Torino dove la letteratura diventa «strumento di riscatto per parlare delle storture della società»

by Valeria Nanni

Una piazza può parlare. In essa risuonano storie e contraddizioni, lamenti e speranze di chi lì si incontra, o si è incontrato. Una piazza non è chiusa tra mura, in essa ci arrivi e vai via, ritorni, sosti. E poi c’è una città, Torino, dove una piazza storica è diventata metafora di racconto letterario contemporaneo. La metafisica piazza delle Due Fontane, del Po e della Dora, ha ispirato oltre che il regista Dario Argento nel film Profondo Rosso, anche un Festival dell’immaginario Noir: Dora Nera, organizzato dall’Associazione Culturale no profit Babelica, operante proprio nel quartiere popolare e a tratti oscuro della città, chiamato “la Dora”. La terza edizione 2023 è alle porte, i romanzi iniziano ad arrivare e dal 10 al 12 novembre nell’Oratorio di San Filippo Neri verrà esplorato il lato oscuro della società con i racconti e i personaggi che li animano.

Sono ormai tre anni infatti che con Dora Nera diversi scrittori traducono su carta drammi esistenziali, senso di ambiguità e angoscia, immaginando un mondo estremamente realistico, sotto lo sguardo deciso della Dora, che è al tempo stesso un fiume, un quartiere, una monumentale statua fontana posta ad ornamento della piazza negli anni ’30 del ‘900. È così che una piazza parla. Tutte le piazze possono comunicare sensazioni, ma piazza delle Due Fontane a Torino suggerisce un quadro metafisico di De Chirico come poche. Le architetture dominanti sono razionaliste, tipiche del periodo fascista italiano. E poi ci sono loro, le imponenti statue fontane, che sanno di antico pur essendo contemporanee.

Loro, i giganti, loro, le statue sgorganti d’acqua, si impongono a destra e sinistra della piazza e lungo la via di transito con i loro 5 metri di lunghezza e 2,3 di altezza. Distesi su di un fianco, come sul lectus summus di un triclinio romano, rappresentano il Po e la Dora Riparia, i due fiumi principali di Torino, quelli che ne hanno favorito la fondazione, come due genitori il cui incontro genera vita. Secondo infatti una tradizione esoterica il fiume Po sarebbe il Sole e la Dora sarebbe la Luna. Posti in congiunzione come le statue di piazza, sono l’origine di qualcosa che pullula vita: Torino. Sono la parte femminile e maschile dell’umanità o le pulsioni coesistenti e opposte in una singola persona. Furono realizzate dallo scultore calabrese Umberto Baglioni trasferitosi a Torino da ragazzo per perfezionare gli studi all’Accademia Albertina, nella quale diventerà poi professore di Scultura.

Personificazioni di fiumi, mari e oceani sono tipiche dell’Età Antica. In particolare alla Grecia ellenistica piacque questo modo di rappresentare i fiumi, come esseri umani distesi con in mano dei simboli. Il Po e la Dora di Baglioni hanno rispettivamente delle spighe di grano e un frutto. L’artista fu apprezzato nel Novecento per la sua capacità di conferire alle figure ascetica spiritualità e intensa concentrazione, ma anche nella riproposizione di solennità classica e latina, e rielaborazione di stilemi arcaici. Sono in particolare queste caratteristiche che l’autore imprime nelle fontane monumentali del Po e della Dora a regalare alla piazza la sua aura metafisica, dove coesistono diversi tempi cronologici insieme, dove l’apparente silenzio copre o è preludio di una valanga di sentimenti rumorosi e talvolta inquietanti.

Ed è così che Dora Riparia è diventata Dora Nera, musa ispiratrice del Festival Noir di Babelica, e dei racconti del reale, delle sue storture e contraddizioni, lontano dal potere taumaturgico della narrativa, ma con la sfida di tradurre fragilità e lotte delle persone in racconti con possibilità di rimodulare il loro destino, riscrivendo il futuro. Tre giorni di novembre, mese dell’anno più noir, in cui tavole rotonde, reading, performance musicali, proiezioni cinematografiche, esploreranno il lato oscuro della società, spesso giudicato scandaloso e perciò sotterrato, censurato, non affrontato e dunque irrisolto.

Come per i romanzi noir il contesto oscuro e criminale è basilare, così per il contesto di Dora Nera che nasce dalla parte noir della città di Torino, similare alla zona popolare di tutte le città. “La zona della Dora – spiega Tatjana Giorcelli presidente di Babelica Aps – è raccontata dai media come tra le più problematiche di Torino, una zona di periferia. Sulle sponde del fiume Dora Riparia nacquero le prime fabbriche. La nostra nuova sede di lavoro è in questo quartiere e si chiama Cartiera, prendendo spazio in quella che era una vecchia fabbrica di lime”.

Tre anni fa, partendo dalle problematiche del contesto sociale popolare, nacque il Festival Dora Nera. “La letteratura noir – continua Tatjana Giorcelli – è strumento di riscatto, un modo per parlare delle storture della società. Il racconto parla dei problemi della società attorno ad un delitto. L’Investigatore stesso è un personaggio tormentato, controverso”.

La stessa statua della Dora è una florida e giovane donna semivestita, dallo sguardo deciso, forse più che distesa pare pronta all’azione. Rappresenta in marmo il comportamento del fiume Dora Riparia diverso dal Po: imprevedibile, soggetto a variazioni stagionali. La sua acqua rappresentò una vera risorsa idrica energetica per Torino. “Abbiamo scelto la Dora come simbolo del Festival Noir proprio perché non è l’immagine della ‘femme fatale’. È una donna capace di uscire dagli standard dell’iconografia dell’ambiente noir per andare oltre, è una donna del popolo. Vogliamo che il destino non sia un finale già scritto e nelle situazioni di fragilità la scrittura possa essere arma per riscattarsi”.

Così la piazza traslittera in festival letterario, dove coesistono diversi racconti di situazioni e dove opera più di un protagonista con le sue fragilità, con le sue contraddizioni, arriva in piazza e inscena la sua storia. Una piazza da cui può uscire cambiato, o forse no, una piazza dove il suo agito dovrà essere indagato più che insabbiato. C’è del metafisico ovvero tutto ciò che va oltre l’ordinario, oltre il prevedibile. E c’è il potere rigenerativo dell’acqua, capace di modificare il corso degli eventi, perché come vuole Dora Nera “la vita non è un destino già scritto”.

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