Ernesto Che Guevara, i viaggi e i libri in mostra a Foggia

by Marilea Poppa

“La sua biblioteca era piena di ogni sorta di libri di avventura e di viaggi. Era possibile trovarvi Salgari, Stevenson, Jules Verne e Alexandre Dumas. Nella sua biblioteca abbondavano libri di viaggi e spedizioni in regioni sconosciute.”

Un estratto della mostra dedicata alla figura del celebre rivoluzionario latinoamericano Ernesto Che Guevara, inaugurata presso la Sala Consiliare di Palazzo Dogana a Foggia e visitabile fino al 7 gennaio 2020. Determinante, durante l’incontro inaugurale, la presenza di due figure femminili: l’artista Ana Maria Erra de Guevara, seconda moglie del padre del Che (Ernesto Guevara Lynch) e di sua sorella, Maria Victoria Guevara Erra, docente presso l’Università de La Havana.

Lo abbiamo conosciuto a cavallo tra gli anni 50’ e ’60 come leader della lotta irriducibile contro l’imperialismo durante la Rivoluzione Cubana, immortalato dallo scatto in bianco e nero, “Guerrillero Heroico”, del fotografo Alberto Korda, che racchiude perfettamente lo spirito lottatore del comandante, icona rimasta scolpita nell’immaginario culturale di intere generazioni.

L’immagine che si percepisce visitando la mostra fotografica a lui dedicata, ospitata nelle sale della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Dogana, si allontana dal classico stereotipo legato alla sua figura, offrendone un’interpretazione insolita. A rivelare gli aspetti più intimi della personalità del “Che” sono state le testimonianze di due donne, Ana Maria Erra Guevara e Maria Victoria Erra Guevara.

“Ernestito”, come lo chiamavano affettuosamente da bambino, era nato a Rosario (Argentina) in una famiglia ricca di valori, in cui la formazione era di centrale importanza.

A pochi mesi dalla nascita una patologia con violenti attacchi d’asma lo costrinse a restare a riposo senza poter frequentare assiduamente la scuola. “Incominciò in quel periodo la sua irrefrenabile passione per la lettura- racconta Ana Maria- sua madre gli aveva insegnato a leggere in compagnia dei suoi fratelli. Amava scrivere lettere indirizzate a sua zia Beatriz, punto di riferimento nella sua vita. In una di queste le confessava il bisogno di leggere i libri di Jules Vernes e di Emilio Salgari.”

Leggeva instancabilmente il Che, trovando nella lettura e nella scrittura un rifugio sicuro, una terapia, tanto da stilare una lista dei libri letti e una di quelli che avrebbe voluto leggere. Nel ’54, in Messico, scriveva: “He tenido mis momentos de abandono y de pesimismo. Cuando eso ocurre, como cosa transitoria de un día, yo lo soluciono con unos mates y un par de versos.” A lui bastavano pochi versi per aggirare i momenti bui e per ritrovare la serenità. Conosceva Neruda a memoria e conservava, sul suo comodino, le poesie di Baudelaire che leggeva in francese. Risalta, nei frammenti di vita fotografati, il valore riservato ai legami familiari suggellati da intense corrispondenze epistolari che stentavano ad interrompersi anche nei periodi di guerriglia. La laurea in medicina conseguita a Buenos Aires gli aveva consentito di arricchire ulteriormente la sua formazione e di alimentare la voglia di schierarsi dalle parte delle classi sociali marginali, prestando il suo aiuto.

“La mostra- precisa Maria Victoria Guevara Erra-  è stata ideata dal CELCHE (Centro de Estudios Latinoamericano Ernesto Che Guevara) e allestita tramite l’archivio paterno che conserva lettere, fotografie e scritti di Ernesto. L’obiettivo è quello di aiutare i giovani della città di Rosario, così come i ragazzi italiani, non soltanto a vivere in un ambiente più sano, ma anche a comprendere l’importanza della formazione sul modello del Che.”

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