Fede, religiosità e tradizioni nelle “Settimane” di Natale, San Valentino e Pasqua a Vico del Gargano

by Teresa Rauzino

“Fede, religiosità e tradizioni nelle settimane di Natale San Valentino e Pasqua. Un reportage di vita comunitaria”. Perché questo titolo? perché sono le tre settimane in cui non solo la parte religiosa, ma l’intero paese è coinvolto in questi eventi e questi riti. Eventi di religiosità, ma anche civili.

E’ bene  dire subito che le confraternite, le parrocchie, non sono attive solo in questi tre eventi, ma per tutto l’anno. Ma questi sono i tre momenti principali in cui tutta la comunità si muove. Cosa resta dei sentimenti della fede nella religiosità popolare di oggi? A questo interrogativo hanno cercato di rispondere a Vico del Gargano, nella serata di domenica 29 agosto in piazza San Domenico, vari relatori:  Il sindaco Michele Sementino; Domenica Pia Virgilio, presidente della locale Pro Loco; Michele Antonio Pupillo (presidente della Confederazione Nazionale Artigianato PMI ( CNA ) Provinciale di Foggia);  i parroci don Gabriele Giordano e don Lazzaro Molinaro; i priori delle 5 confraternite: Francesco Pupillo (per l’Arciconfraternita SS.mo Sacramento); Fabio de Petris (per la Confraternita di San Pietro); Alessandro Angelicchio (per la confraternita dei Carmelitani Scalzi), Giovanni Biscotti (per la confraternita dei Cinturati di Sant’Agostino e santa Monica), Andrea D’Altilia (per Arciconfraternita dell’orazione e morte); Teresa Maria Rauzino (per il Centro Studi Giuseppe Martella) e Gaetano Armenio (per Puglia Autentica).

Il sindaco Michele Sementino ha ringraziato Gaetano Armenio per l’attenzione nei confronti del  paese, i due parroci che svolgono un ruolo importante nel territorio e le confraternite che non si fermano mai. C’è un impegno che va avanti per tutto l’anno nel sociale, nella formazione dei nuovi confratelli, fondamentale per non perdere le tradizioni. C’è un impegno nella sussidiarietà, nell’aiutare il prossimo. Le confraternite come associazioni sono un perno importante della società, aiutando chi ha bisogno. Molto spesso il Comune organizza le ricorrenze più importanti per poter destagionalizzare l’offerta turistica durante il periodo autunnale, invernale  e primaverile fino a Pasqua.. L’obiettivo di questo evento era di far conoscere le tradizioni vichesi e, nonostante il freddo della serata, si va avanti.

Don Gabriele Giordano ha sottolineato che San Valentino è stato scelto come Santo patrono di Vico del Gargano dal 1618 (decreto papale del 1630) per propiziare un buon raccolto agrumario E si è chiesto: “Ma oggi cosa rappresenta San Valentino per Vico e per questo territorio? Non ha più una vera identità commerciale, molti agrumeti non sono più coltivati. San Valentino oggi è il patrono degli innamorati (anche se sappiamo benissimo che non è proprio il vero protettore, però la coincidenza del giorno festivo fa diventare anche il nostro san Valentino il santo dell’amore), sicuramente la comunità oggi può identificarsi in questa nuova identità. Certo, come comunità cittadina, bisognerebbe impegnarci ad essere innamorati del nostro paese, l’amore verso la città non si delega a nessuno. Ecco la nostra fede. Come parroco, mi auguro che gli occhi non si chiudano mai su tutti gli eventi che viviamo in questo paese, eventi familiari, commerciali, eventi belli ed eventi brutti, insomma è importante avere come patrono un santo che ci richiami sempre l’impegno alla Fede, l’impegno all’amore”. 

Quindi San Valentino patrono degli innamorati, e per questo sono anche nate iniziative di associazioni locali come  Proloco e la CNA che richiamano proprio l’amore.

Domenica Pia Virgilio (presidente della Pro loco), ha raccontato che su suggerimento di don Gabriele, che chiedeva qualcosa di originale per la festa di San Valentino, si è pensato al “Pozzo delle promesse”, un’iniziativa che ormai dura da alcuni anni ed è arrivata alla sesta edizione. E’ molto amata dai vichesi, e soprattutto dai visitatori che lasciano in questo pozzo le loro “promesse”, ma anche messaggi di speranza, di fede e di buon auspicio. Ed è bello che ritornino proprio per vedere questi messaggi pubblicati. Ma molti ritornano soprattutto per ringraziare San Valentino perché il loro desiderio si è avverato. I turisti sono entusiasti quando al “trappeto Maratea” trovano questi libricini e bigliettini simpatici, scritti non solo dagli innamorati ma anche dai bambini. La speranza è di poter riproporre questa iniziativa anche l’anno prossimo, Covid permettendo”.

Michele Antonio Pupillo (presidente della CNA di Foggia) ha ringraziato ancora una volta don Gabriele per aver dato all’Associazione dell’Artigianato e del Commercio, durante Alimentart, la possibilità di utilizzare la Chiesa dell’Annunziata, e di esporre il santo protettore San Valentino nella Chiesa Madre sul  trono di arance che ha dato ai turisti, durante l’estate, un esempio di quello che è la festa di San Valentino il 14 febbraio a Vico del Gargano: “Il nostro intento in questi ultimi cinque anni – ha spiegato Pupillo – è stato di far conoscere le nostre peculiarità, religiose in primis, ma anche alimentari, gastronomiche e le produzioni tipiche del nostro territorio. Questa manifestazione le ha portate all’attenzione di chi ci fa il piacere di essere qui con noi durante l’estate, per sollecitarli a venire anche  per il  resto dell’anno, appunto a San Valentino e per il Venerdì santo. Nella Chiesa dell’Annunziata abbiamo organizzato mostre su San Valentino, sul venerdì Santo e sul centro storico, realizzando anche dei video, che abbiamo proiettato in via San Giuseppe durante i nostri appuntamenti estivi. La musica che accompagna i video è  il Miserere per il Venerdì santo, mentre per gli altri due video abbiamo avuto la disponibilità, e li ringrazio, del cantante Gianni Angelicchio e di un gruppo che, tempo fa, incise i canti vichesi. Quindi abbiamo messo come sottofondo queste canzoni popolari che sono l’anima nostra, del nostro territorio. L’amministrazione comunale e il consigliere Enzo Azzarone hanno voluto accompagnare, a partire già da luglio, il “Percorso della memoria” nel centro storico. Verso metà luglio, prima della Madonna del Carmine, sono state  istallate delle illuminazioni tipiche e la filodiffusione. In piazzetta Terra le due immagini istallate  hanno suscitato molto interesse da parte dei turisti, quindi l’appello che faccio all’amministrazione comunale presente, e futura, è di continuare a mettere ogni anno questi elementi di decoro. Molto apprezzata dai turisti l’iniziativa delle signore che fanno,  nei vicoletti del borgo antico, e in stand dedicati, le “pettole” e la pasta in casa tipica come i “strascinate” e i maccheroncini di massa. Quando passano e vedono queste preparazioni, che per noi sono normali, restano piacevolmente stupiti. Quindi noi dobbiamo sempre di più far innamorare del nostro territorio chi viene in vacanza, è tutto un divenire: se uno viene, poi va al ristorante o in albergo. Si mette in moto un meccanismo economico importante perché se non c’è economia non si vive bene. Fondamentale è il manifesto: trovandomi spesso al centro storico nella chiesa di San Nicola, la prima domanda che ci pongono è: “Ma San Valentino non è a febbraio? Siamo a luglio ed agosto”. Invece la prima cosa che attira è la storia di San Valentino, che per noi non è solo il santo dell’amore ma il patrono degli agrumi. E’ una storia che affascina e quando vedono le immagini di quel trono pieno di agrumi rimangono stupiti. Speriamo che queste iniziative possano realizzarsi con contributo di tutti e che il lavoro e la voglia di fare diano al nostro territorio la possibilità di crescere”.

INTERVENTO DI TERESA MARIA RAUZINO

(presidente Centro Studi Martella)

La religiosità popolare, nel passato, nelle nostre realtà locali, è stato il valore più alto e rappresentativo della religiosità di un popolo. Analizzando il fenomeno nelle sue varie manifestazioni (devozione alla Madonna nelle sue varie feste, ai Santi, i riti pasquali, etc ) ci si accorge della sua innegabile ricchezza sia a livello tematico che espressivo. Scrive Monsignor Domenico D’Ambrosio “La religiosità popolare è un fenomeno complesso che non tollera approcci rudi o spiantamenti violenti e immotivati. La religione di popolo o del popolo deve essere capita nel suo linguaggio, nella sua origine, nelle sue ricorrenti mutazioni storiche. Va rispettata perché per tanti di noi essa è stata la forma privilegiata di educazione alla fede, ma anche perché esprime prevalentemente la religiosità dei poveri. Paolo VI scriveva che bisogna “saper cogliere le sue dimensioni interiori e i suoi valori innegabili”.

Secondo il prof. Filippo Fiorentino, “nelle comunità marginali, la religiosità popolare trovava nei Santi Patroni – a Vico del Gargano San Valentino nel 1618; a Peschici, Sant’ Elia Profeta nel 1597 – la soluzione dei problemi quotidiani, lo schermo alle turbolenze esistenziali all’interno dell’informe mistero dell’esperienza, il referente miracoloso ufficiale contro la siccità e le infestanti emergenze delle stagioni a difesa delle culture ortive e dell’agrumicoltura. Nella festa, sacro e profano si fondevano fra affrancamento dal male e secolarizzazione disincantata. Sul Gargano, fede e vita si sono sempre incontrate”. Ed è veramente così. La fede dei garganici verso i santi protettori aveva una finalità molto concreta: la protezione delle attività economiche della comunità. Ogni santo aveva una funzione. E veniva pregato dai fedeli in modo mirato.

Dicevano un tempo i vichesi, invocando il loro santo Protettore: “Sant’ Valantain me, nun m fà jlà u jardin, che la megghìa marrocca j’è la tò!” (San Valentino mio, non mi far gelare l’agrumeto, perché in questo caso il miglior ramo, carico di arance, sarà tuo!”). A proposito del culto del santo, ecco una curiosa storia di un battibecco tra un nevieraio, fedele della Madonna della neve e un agrumicoltore, fan di San Valentino. La testimonianza è di Tommaso Firma, raccolta a Vico del Gargano dal mio ex alunno Nicola Migliozzi e pubblicata da Lucia Lopriore nel volume “Le neviere in Capitanata” (edizioni del Rosone).

Racconta Firma: «Quasi all’ingresso della vecchia Vico (FG), percorrendo Via di Vagno si perviene alla piccola Piazza denominata della Misericordia, che prende il nome dalla chiesa lì situata. In questa viene venerata la “Madonna della Neve” che viene festeggiata annualmente nei primi del mese di agosto. È rappresentata con il bambino Gesù sul braccio sinistro; con la mano destra ostenta verso i devoti un fiocco di neve. All’epoca, siamo verso la fine del 1800, la neve cadeva abbondantissima ed alle volte, specialmente a dicembre, arrivava fino agli architravi delle porte di casa. Nei pressi dell’attuale piazza “San Francesco” vi erano delle neviere, costituite da ampi fossati nei quali i “nevierai” facevano raccogliere la neve a strati, calcata con i piedi e ricoperta di paglia, per prelevarla d’estate a piccoli cubetti e venderla per i rinfreschi. Occorre precisare che le arance, specialmente quelle toste (durette) maturavano più o meno nel periodo natalizio”.

In dicembre, mese al quale si riferisce l’accaduto, non s’era ancora visto un fiocco di neve. Il povero nevieraio, preoccupandosi che ai suoi pargoletti durante l’estate sarebbero mancati i più indispensabili mezzi di vita, si recò presso la balaustra dell’altare della Madonna sua protettrice, e battendosi in petto cominciò a implorare la grazia di abbondanti nevicate senza preoccuparsi, nella disperazione della sua richiesta, se vi fossero persone presenti. Supplicò: «Madonna mia, fai nevicare!». Il priore della confraternita di San Pietro, che stava nell’adiacente sacrestia, tal Azzarone Michelantonio, il quale era proprietario di vastissimi agrumeti ubicati in località “Murge nere, temendo che un eventuale gelo danneggiasse il prodotto del suo agrumeto, uscì dalla sacrestia e rivolgendosi al nevieraio lo apostrofò duramente: “E tu, cosa stai dicendo?”. E il nevieraio, in risposta: “E tu cosa vuoi da me? Non sai che danno subirei io con la mia famiglia se non nevicasse? Ai figli miei chi darebbe un tozzo di pane durante l’estate? Del resto, fammi pregare la Madonna mia e tu vai a pregarti san Valentino che è il patrono degli aranceti!». A tali parole l’alterco ebbe fine…».

Ritornando al tema della serata, voglio fare un piccolo cenno sul tema delle confraternite laicali qui rappresentate. A Vico del Gargano sono a tutt’oggi attive cinque confraternite: Arciconfraternita del SS.mo Sacramento, Confraternita dei Cinturati di Sant’Agostino e Santa Monica, Confraternita dell’Orazione e della Morte, Confraternita dei Carmelitani, Confraternita di San Pietro. Questi pii sodalizi perseguono la promozione del culto, il mantenimento della chiesa o cappella e opere di misericordia spirituale e materiale verso i confratelli. Tutte e cinque sono le indiscusse protagoniste, a Vico del Gargano, della Settimana Santa che rappresenta indubbiamente un momento di grande partecipazione emotiva e preparazione che impegna i fedeli e le confraternite nelle funzioni di preparazione alla Pasqua.

Le confraternite di Vico trovano precedenti in tante confraternite laicali sorte in tutto il mondo. Nei primi secoli dell’era cristiana c’erano i “fossores”,  incaricati della sepoltura dei morti che altrimenti sarebbero rimasti insepolti e facile preda di sciacalli ed avvoltoi. Il “fossore” era colui che si occupava della manutenzione dei cimiteri, incluso lo scavo delle catacombe ed è raffigurato in un affresco della catacomba di Domitilla a Roma nell’atto di usare il suo strumento di scavo, la “dolabra fossoria”, un’agevole piccozza idonea a lavorare la friabile pietra tufacea nella quale erano scavate le catacombe.

Ricordando quello che scrive la prof.ssa Liana Bertoldi Lenoci, storica ed esperta internazionale della storia delle confraternite (e socia fondatrice del Centro Studi Martella di Peschici), vediamo di puntualizzare qual era il senso delle confraternite: non avevano affatto connotazioni folcloristiche ma una profonda funzione sociale. Nell’area devozionale, le confraternite hanno rappresentato il bisogno di una migliore educazione religiosa, che la Chiesa non era in grado di fornire e che gli Ordini religiosi, mendicanti o predicatori, non sempre riuscivano ad assicurare. E’ indubbiamente la paura della morte con l’incognita dell’aldilà che avvia la ricerca solidaristica di modalità che consentano di esorcizzare tale paura attraverso forme mutualistiche di assistenza, attraverso la preghiera per i defunti e la preghiera dei defunti per i vivi. Su questa istanza di base, si inseriscono, con il tempo, altri elementi caratterizzanti e specifici, propri di precisi ambiti locali e territoriali, che arricchiscono l’istituzione di sfaccettature che fanno assumere alle confraternite identificazioni associative e culturali particolari, proprie delle realtà sociali che esprimono e nelle quali esse si manifestano ed operano.

Fino al 1860 tutte le confraternite del Mezzogiorno sono state regolamentate giuridicamente dalle normative ecclesiastiche e dai concordati del 1741 e del 1818. Dai censimenti effettuati dalla Bertoldi-Lenoci risulta che, nel Regno di Napoli, durante il regno di Carlo III e di Ferdinando IV, operavano 3250 confraternite: tanti sono i regi assensi rilasciati dal Tribunale Misto alla fondazione e alle regole. Il censimento, effettuato dalla studiosa, relativo alle Puglie, ha consentito di stabilire che, dalla fine del sec. XV ad oggi, vi hanno operato circa 1200 confraternite. Tale cifra è confermata anche dal passaggio obbligato rappresentato dal censimento voluto dal governo italiano dopo il 1861. Dopo l’Unità, infatti, fu raccolta tutta la documentazione possibile sul territorio nazionale e, nel 1871, il censimento fu pubblicato. Non risultano grandi variazioni sul piano numerico, mentre sono sostanziali le trasformazioni sul piano delle attività assistenziali, della gestione dei beni e dell’amministrazione. Al di là delle modalità gestionali, quello che ci sembra importante sottolineare è che l’esigenza devozionale e solidaristica non si è mai affievolita, nonostante le imposizioni legislative volute d’autorità dall’alto e da lontano. È forse per questo che, a tutt’oggi, le confraternite del Mezzogiorno sono ancora una grande forza. Una forza che anche quelle presenti in Puglia e sul promontorio del Gargano ancora esprimono.

Tutti i paesi del Gargano hanno le confraternite del SS.mo Sacramento a partire dal secolo XVII. Manfredonia e Vico documentano fondazioni già nella seconda metà del 1500. Le confraternite del Purgatorio, dei Morti, dell’Orazione e Morte sono documentate a partire dal Seicento, con l’eccezione di Manfredonia, S. Giovanni Rotondo e Monte S. Angelo ove sono già documentate nel 1500.

Anche per le nostre confraternite, la corsa in discesa, già avviata in periodo borbonico da Carlo III e Ferdinando IV, continuò nel momento in cui i governi liberali italiani del primo Novecento si accollarono l’onere dell’assistenza pubblica e restituirono all’autorità ecclesiastica le fratellanze prive dei loro beni. Ciò ricondusse le confraternite, in un certo modo, alle loro attività originarie: il culto e il suffragio. I Concordati del 1929 e del 1983 fra i vari governi italiani e la Santa Sede sancirono la definitiva dipendenza delle confraternite dal potere ecclesiastico, che le governa ancora oggi secondo quanto stabilito dal Codice di Diritto Canonico.

Siamo debitori alle confraternite di tante committenze artistiche, attraverso la costruzione di chiese, cappelle, altari, dipinti e statue, ma anche l’elemosina a fondo perduto o la creazione dei Monti frumentari pecuniari, attività assistenziali attraverso la gestione di ospedali, ospizi, conservatori ed educandati.

La prof.ssa Liana Bertoldi Lenoci ci ha insegnato che “scrivere la storia delle confraternite laicali richiede una metodologia particolare: un’indagine locale deve necessariamente agganciarsi al fenomeno confraternale regionale, nazionale e internazionale”. Solo in quest’ottica amplissima, anche la più piccola e microscopica ricerca, quale quella relativa alle confraternite di Vico del Gargano assumerà la sua dimensione, la sua importanza, la sua collocazione storico-temporale e avrà un suo ruolo vitale nella costruzione della più grande storia della civiltà garganica, pugliese e mediterranea. Soltanto così avrà un senso.

E’ ciò che ha fatto Francesco Pupillo, che ha elaborato nell’anno accademico 2015- 2016 la tesi di laurea “Le Confraternite di Vico del Gargano in età Moderna e Contemporanea”. Scrive Pupillo: “Oggi le Confraternite sono considerate generalmente le protagoniste di folkloristiche devozioni con funzione di preservazione della memoria storica locale, soprattutto nel Meridione d’Italia, anche se la secolare realtà confraternale deve essere inquadrata in un’ottica più ampia rispetto alla sola caratteristica di conservazione delle usanze folkloriche. La storiografia degli ultimi decenni ha approfondito molto la storia delle Confraternite sia a livello generale, sia a livello di specifici territori e questo lavoro vuole inserirsi in questo filone di ricerche, affrontando lo studio di un caso concreto rappresentato dalle Confraternite di Vico del Gargano, in Puglia, che ancora oggi costituiscono una realtà attiva e radicata nel tessuto cittadino, inquadrandole e mettendole a confronto con le associazioni analoghe del territorio pugliese.

La tesi di Pupillo è articolata in quattro capitoli. Nel primo capitolo si cerca di delineare i caratteri generali delle Confraternite, prendendo in considerazione anche i problemi che hanno caratterizzato la natura giuridica di queste istituzioni, tutti caratteri che sono peculiari anche delle Confraternite pugliesi. Nel secondo capitolo si illustra il contesto sociale e religioso in cui le Confraternite si sono formate. Il terzo capitolo tratta delle Confraternite vichesi e della loro evoluzione nel corso del tempo. Nell’ultimo capitolo sono illustrate le due celebrazioni rituali considerate più importanti tra le diverse funzioni svolte oggi dalle Confraternite di Vico del Gargano.

Dagli Archivi di Stato di Foggia e della sezione di Lucera, dall’Archivio Diocesano e dagli Archivi Storico e di Deposito del Comune di Vico del Gargano) consultati da Francesco Pupillo, risultano le seguenti date di costituzione:

• Arciconfraternita del Santissimo Sacramento: nasce nel 1539, ma verrà costituita con atto rogato dal Notaio Scipione Petreo nel 1684.

• Confraternita dell’Orazione e Morte: nasce nel 1678, ma costituita ufficialmente con atto rogato dal Notaio Michelangelo Albanese nel 1684 e riconosciuta con decreto regio il 21 febbraio 1778.

• Confraternita dei Cinturati di Sant’Agostino e Santa Monica: fondata il 7 dicembre 1708 presso l’altare di Santa Maria della Consolazione nella chiesa di San Giuseppe e aggregata all’Arciconfraternita medesima ubicata nella chiesa di San Giacomo Maggiore in Bologna da fra Diodato Nuzzi di Altamura. Da alcuni scritti risulta, però, che la Confraternita dei Cinturati di Sant’Agostino e Santa Monica fu costituita con atto rogato dal notaio Scipione Petreo tra il 1597 e il 1598. Probabilmente fu ripresa una antica devozione, anche se è difficile che sia nata a fine Cinquecento nella chiesa di San Giuseppe perché, come risulta dalla visita del Cardinale Orsini, la chiesa è di metà Seicento (1648).

• Confraternita dei Carmelitani Scalzi: nasce nel 1902, ma solamente nel 1925 l’arcivescovo sipontino Pasquale Gagliardi (1897-1929) riconobbe ufficialmente la Confraternita e il suo primo statuto.

• Confraternita di San Pietro: nasce nel 1796 ad opera di Eufrosina ed Antonia Finis, viene sciolta negli anni Sessanta del Novecento. Rinasce nel 1992 per iniziativa di alcuni fedeli che nell’anno precedente svolsero attività di catechesi.

Il fenomeno delle Confraternite è più che mai attuale, perché esse hanno rappresentato forse la prima forma di associazione benefica, molto vicina, se non simile, alle attuali associazioni che operano nella nostra società. Infatti, accanto al principio della religiosità e della formazione spirituale, erano presenti anche dei principi laici, come la fratellanza, la solidarietà, l’azione caritativa e il mutuo soccorso. Possiamo dire con tranquillità che nelle Confraternite hanno convissuto principi religiosi e laici, convivenza che risulta difficile riscontrare in altri ambiti. Tali principi continuano a vivere nelle Confraternite ancora operanti con tanta energia e tanta devozione.

Ai nostri giorni, e a fronte dell’enorme bisogno di volontariato e solidarietà, quotidianamente ed affannosamente richiesti dalla società attuale, ci si domanda quale sia il ruolo delle confraternite oggi – l’attività delle misericordie fiorentine – come sottolinea la Bertoldi-Lenoci – è fenomeno di continuità da studiare a parte, soprattutto per il respiro europeo del loro operare. Cosa ci possiamo aspettare? La rivalutazione dell’istituzione nell’ambito di una ritrovata spiritualità, che dovrebbe aiutare l’uomo moderno ad affrontare i problemi del suo rapporto con il divino, con la morte e con l’aldilà. Potrebbe essere un ritorno alle loro origini.

INTERVENTO DI FABIO de PETRIS

(priore Confraternita di San Pietro)

Immaginiamo la settimana santa senza le confraternite a Vico? Purtroppo è una settimana piatta. La confraternita è una esperienza religiosa all’interno di questo scrigno stupefacente che è la cultura popolare, ne fa parte a tutti gli effetti. La confraternita è cultura popolare. L’attività della confraternita non viene sono evidenziata durante la settimana santa, che culmina nel Venerdì santo: una giornata in cui si passa da un canto di tristezza, di angoscia, di timore, che è il “Miserere”, a un canto di gioia “Evviva la croce”. Si passa da un momento triste di un uomo che viene messo in croce, al momento felice, quello dell’ Evviva la croce che, per certi aspetti, è la rinascita dell’uomo dopo che Gesù è stato crocifisso. Ma la confraternita non è solo la settimana santa, non è solo il venerdì santo. Come cultura popolare è presente tutto l’anno. I confratelli tengono aperte “le loro chiese”, pensano soprattutto a mandarle avanti, a mandare avanti queste tradizioni. Garantiscono soprattutto la continuità del culto. A Vico ci sono tante chiese, 11 e ben 5 sono tenute aperte dalle confraternite. Noi oltre alle tradizioni, cerchiamo di mandare avanti anche i vari culti, le varie funzioni religiose che si tengono all’interno delle chiese. Io sono il priore della confraternita di San Pietro. Nella Chiesa della Misericordia, organizziamo per esempio il culto di San Matteo oppure quello Madonna della neve ricordata dalla professoressa Rauzino, organizziamo i 15 presepi, la processione del Bambinello, e le altre processioni del paese, San Valentino fra gli altri, oltre alle funzioni della settimana santa. Mi auguro che le confraternite siano più unite. Questa collaborazione nasce dal 2006-2007 dal viaggio in Salento, e con l’esperienza che abbiamo avuto, grazie a Gaetano Armenio, in Spagna. Mi auguro che le competizioni stupide del passato all’interno delle varie confraternite, che non portano da nessuna parte, vengano definitivamente accantonate, per continuare la collaborazione spontanea annuale, purtroppo bloccata dalla pandemia. Mi auguro che venga messa in evidenza, e valorizzata durante tutto l’anno nella continuità della vera tradizione.

INTERVENTO DI ALESSANDRO ANGELICCHIO

(priore Confraternita dei Carmelitani Scalzi)

A Vico cantiamo sempre.  Cantiamo a Pasqua, cantiamo a Natale, Ma nelle confraternite non si canta solo a Pasqua e a Natale, ma durante tutto l’anno liturgico. Ogni volta si pensa solo ed esclusivamente al Venerdì santo, ai canti quaresimali. Vorrei prendere tutto il discorso daccapo. Proprio ieri stavamo facendo delle riprese con le registrazioni dei canti, e stavo pensando che ci sono tanti canti natalizi e di varie funzioni,  e non c’è nulla di  tramandato se non per via orale. Cioè non c’è nulla di scritto in musica e stavo pensando che, a parte i canti della settimana Santa, molti di questi canti i confratelli più giovani non li conoscono. Si rischia seriamente che vadano perduti per sempre quando non ci saranno più i “portatori” anziani che li tramandano oralmente. Stavo pensando proprio ieri alla chiesa del Purgatorio dove, mettendo le prime mani sull’organo, mi hanno insegnato l’Ufficio dei Morti, l’ufficio della Madonna del Buonconsiglio. Questa canzoncina ho notato che siamo in pochissimi a conoscerla, saranno due o tre confratelli. Proprio per questo, io vorrei mettere la mia persona a disposizione e voglio fare questo appello ai miei confratelli. Adesso siamo nel coordinamento, dopo ne verranno altri, e propongo di prendere in questo impegno: registrare tutto daccapo. Salvatore Villani e Giovanni Rinaldi hanno registrato solo la parte riguardante la Settimana santa invece bisogna riprendere il discorso e invitare un professore di musica del Conservatorio a trascrivere la musica di tutti i nostri canti. Con la dipartita dei nostri anziani molti canti sono già stati persi per sempre. Ce ne accorgiamo soltanto quando mancano, solo allora si sente l’importanza.

INTERVENTO DI GAETANO ARMENIO

(Puglia Autentica)

Da pugliese, mi fa piacere notare come in Puglia, da qualche anno, (siamo fra intimi quindi si può parlare a microfoni spenti), ci piace vincere facile. La pandemia, in qualche modo, ci ha dato una mano, da questo punto di vista. Abbiamo fatto il pieno lo scorso anno, abbiamo fatto il pieno anche quest’anno. Quasi tutti hanno preferito rimanere in Italia piuttosto che spostarsi all’estero, e per fortuna la Puglia è fra le regioni scelte da migliaia e migliaia di turisti. Molti torneranno a casa con un bel ricordo della nostra regione per quello che è in grado di offrire a chi decide di venire qui, nel nostro territorio. Qualche mese fa ho dovuto ricordare che da questo nostro benedetto, maledetto sud, negli ultimi 15 anni sono andati via un milione di meridionali. Faccio un esempio pratico della mia città Molfetta. Negli ultimi 10 anni, i 68mila abitanti sono diventati 63mila. Dove sono finiti quei 5000? Sicuramente non sono rimasti in Puglia. Li ritroviamo tutti al Nord, a Milano, e all’estero, a Salisburgo, a Grenoble. E allora qui dobbiamo decidere, visto che siamo sempre nell’intimità di questo gruppo di amici, cosa vogliamo diventare da grandi, cosa desideriamo per questa nostra terra. Io credo che le tradizioni  in qualche modo ci proteggano da questo eccesso di modernità cui ormai ci siamo un po’ abituati, e anche un po’ assuefatti. Credo che tutta questa “bellezza” che noi portiamo dentro sia frutto di uno stato di sofferenza. Si cerca in qualche modo di tirare fuori il meglio di sé e noi gente del Sud questo lo sappiamo fare benissimo, come sappiamo benissimo esprimere quel senso di comunità che da altre parti si è perso ormai da anni. Abbiamo assistito poco fa a un evento, una messa, un momento triste. Sembra banale, ma nella mia città i trigesimi da tempo non si svolgono più. Come mai? s’è perso questo momento religioso così importante…

Ecco l’invito che faccio all’amministrazione comunale, alle confraternite religiose: facciamo in modo che questo patrimonio di beni immateriali, di cui in Puglia siamo ricchissimi, non vada disperso e che possa essere sostenuto da tutti. Ognuno faccia la sua parte. Questa è la ricchezza che ci contraddistingue rispetto al resto del mondo. L’offerta mare,  perdonatemi, la si può trovare dappertutto, da qualsiasi parte qui in Europa. In questi due anni c’è andata bene, in un certo senso, perché è mancata la possibilità di uscire fuori, di recarci nei paesi nordafricani, in Tunisia, Turchia, Egitto, Marocco e quindi il turista italiano ha preferito rimanere qui in Italia, ha preferito venire anche qui in Puglia.

Pensiamo a quello che potrà venire dopo, a quando tutto tornerà alla normalità, cerchiamo di arrivare pronti,  cerchiamo di arrivare preparati. Ma non per venderci, attenzione, ma per raccontarci, perché è quello che noi riusciamo a fare bene, e lo sappiamo fare bene, è raccontare quello che siamo. Non dobbiamo inventarci assolutamente nulla, se non raccontare il nostro percorso di fede, di storia, di arte, di cultura, di tradizioni. E’ questo che crea la differenza fra noi il resto del mondo, vi assicuro che la nostra curiosità, il nostro essere pugliesi è una realtà che affascina tutti.

Il nostro territorio è qualcosa che affascina tutti, il nostro modo di mangiare, il nostro modo di porci nei confronti del mondo, soprattutto in questo periodo, in cui prende sempre più forza il famoso “turismo lento”; si parla da tempo dei “cammini”, perché il cammino che può essere la via Francigena può essere il cammino del Salento, può essere il cammino del Gargano. Perché vengono così presi quasi d’assalto dai viaggiatori? perché è il momento in ci si ritrova con se stessi e con gli altri. Queste sono le nuove frontiere di quello che ci aspetta nei prossimi anni.

Potrei continuare per tutta la nottata a raccontarvi quello che, non secondo Gaetano Armenio, ma oggettivamente, abbiamo registrato in questi anni anche attraverso l’esperienza spagnola. Abbiamo portato il “Miserere” in Spagna. E’ stato significativo perché noi siamo andati a raccontarci a Valladolid, a casa di coloro che, sui riti della settimana Santa, a livello mondiale, sono i più blasonati. E sono stati incuriositi e affascinati da quello che siamo andati loro a raccontare.

Quando si fa un lavoro di squadra, quando si fa rete, quando condividiamo un obiettivo chiaro, noi possiamo conquistare il mondo. Anche la collaborazione tra le confraternite, essere uniti, ci porta solo avanti e mai a un passo indietro. Credo che la Politica, in generale, dovrebbe avere questa capacità di guardare oltre, di fare programmazione e dire: puntiamo su quello che siamo. Questa intelligenza amministrativa e politica che ha avuto il Comune di Vico, se la si potesse replicare anche in altri Comuni, sarebbe l’ideale. E’ stato un esempio lampante di quello che si può fare, facendo un lavoro di rete, di squadra. Abbiamo solo un pizzico di follia noi meridionali, noi Pugliesi. Anche stare qui a crepare di freddo, per ascoltare ciò che stiamo dicendo significa che c’è qualcosa che ci lega in qualche modo.

Per concludere, lo hanno detto quasi tutti, è emerso questo: solo insieme confraternite, mondo religioso e mondo politico e soprattutto mondo civico, possiamo trasmettere ciò che siamo: la nostra identità perché non inventiamo nulla, ma semplicemente trasmettiamo ciò che siamo.

I VIDEO

Gli interventi dei relatori sono stati intervallati da alcuni video: una classica poesia popolare dedicata a San Valentino recitata dal poeta Nicola Angelicchio; il momento della benedizione degli agrumeti; l’evento più rappresentativo del Natale: La Via dei Presepi, che quest’anno, nonostante il covid, è arrivata alla sua tredicesima edizione e dove tanti vichesi, dai ragazzi e più anziani si impegnano per realizzare i presepi nelle vecchie stalle o in scenari suggestivi come le Grotte naturali che si prestano molto bene a questa funzione. Un po’ il corrispettivo invernale della Via dell’Amore realizzata con Alimentart, perché anche in quei giorni il centro storico è attraversato da molte persone , tanti vengono da fuori per vedere i presepi.

Il venerdì santo è il momento più evidente della settimana santa, e di quella serie di riti che si celebrano nelle parrocchie e nelle confraternite già dalla prima domenica di Quaresima, per proseguire con la Via Crucis, la prova dei canti, la costruzione dell’altare.

Notevoli due video realizzati da Pasquale D’Apolito e Francesco AP Saggese con argomenti originali e suggestivi: la realizzazione della “corona di spine” che i confratelli indossano durante le processioni del Venerdì santo e la preparazione di un infuso da cui si sprigiona, dietro l’altare di una chiesa, un effluvio che ricorda l’incenso…

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