Rigenerazione e valorizzazione della Collina di Pastromele: il Carpino in Folk crede ancora nel fermento della musica popolare

by Anna Maria Giannone

“L’importante nella vita è avere una pista da seguire”. Quella di Carpino è la pista dei Sud del mondo.

La rigenerazione urbana e la Collina di Pastromele, sul versante orientale che conta 20 grotte per lo più ancora inesplorate, usate in passato come tufara. Nel cuore del Gargano interno, dove si cantavano la fatica e l’amore sotto gli alberi di ulivo. Da qui si riparte per fare musica popolare.

Il Carpino in Folk, in programma dal 4 al 10 agosto, dopo le polemiche fratricide con la vecchia associazione che dava vita al Carpino Folk Festival, punta tutto sul territorio, sul recupero della tradizione popolare e la mescolanza e la contaminazione con generi musicali affini, per sensibilità e bellezza. Torna anche il riferimento primigenio e culturale ad Eugenio Bennato, che tanto aveva amato Carpino, per poi allontanarsene nel rimpianto e nell’amarezza.

A parlarne con bonculture è Antonio Pizzarelli, direttore artistico di questa edizione nell’anno della ripartenza, intitolata Urban Regeneration.

Antonio Pizzarelli

Nel 2019, come si ricorderà, in extremis l’amministrazione di Rocco Di Brina recuperò la possibilità di organizzare comunque la kermesse. Oggi un gruppo di giovani, presi dalla voglia di tramandare le tradizioni dei Cantori di Carpino e della chitarra battente ha messo l’associazione culturale Carpino in Folk, con Nicola Gentile, Marika Di Viesti, Roberto Menonna e Mario Draicchio, fratello del compianto Rocco, l’anima intellettuale da cui tutto ha avuto inizio.

“Il festival si svolgerà dal 4 al 10 agosto, sarà molto ricco, si parte il 4 con un’anteprima, un concerto al tramonto sulla Collina di Pastromele, una bellissima location dove si può ammirare l’istmo di varano, sarà un primo concerto, il nostro obiettivo è valorizzare quel posto attraverso la musica e affrontare temi come l’ambiente, l’integrazione, la legalità, perché non c’è legalità senza cultura”, osserva Pizzarelli a bonculture.

E infatti ci sarà la presentazione del saggio La Quarta Mafia del magistrato Antonio Laronga, con il giornalista Semprini e le autorità.

La tarantella del Gargano sarà al centro del recupero di un lavoro di 20 anni fa, rigenerato da Luciano Toriello, il documentario “Chi ruba donne” di Maurizio Sciarra per Fandango.

Andrea ha 89 anni, Antonio 80 e il più giovane, Antonio, 78. Tre cantori di Carpino in provincia di Foggia. Tutti e tre lavorano nei campi e pascolano il bestiame, ma si sono sempre considerati dei cantanti di serenate, hanno composto e cantato sonetti che, secondo loro, “fanno innamorare”.
Il caso vuole che un giovane musicista di successo, Eugenio Bennato, senta un vecchio nastro registrato da un antropologo: “soltanto pochi secondi di una strana danza, e la voce di un vecchio, che spiccava col ritmo straordinario del suo dialetto. È stata la rivelazione di un mistero italiano: il paesaggio assolato e “perduto” del nostro Sud. Una tarantella solenne e disperata che non aveva niente a che fare con la solita oleografia del folklore del Sud e di Napoli. Erano i cantanti di Carpino quello che stavo ascoltando.” Chi ruba donne racconta la storia di tre vecchi cantanti, e di come Eugenio Bennato li abbia scoperti e abbia deciso di suonare con loro.

Cosa è rimasto dopo 20 anni di quella purezza che aveva affascinato Bennato?

“Vogliamo portare uno sguardo 20 anni dopo, rispetto al momento storico che stiamo vivendo, cosa può essere il fermento della musica popolare oggi? È quello che ci chiederemo insieme ai cantori e alla scuola di tarantella di Montemarano”, replica Pizzarelli.

Nel corso del festival si recupererà per le strade del paese la serenata d’amore del Gargano, con cantatori e suonatori che rievocheranno le vecchie serenate portate sotto le finestre delle innamorate.

Nella iconica Piazza del Popolo che tante estati ha ravvivato sulla Montagna Sacra rendendole mitiche sarà la volta del pezzo forte del festival, uno spettacolo prodotto dal Carpino in Folk che ha per titolo una frase del cantore Andrea Sacco “Chi sona e canta non more mai”, un viaggio all’interno della tradizione popolare del Gargano, che parte da Carpino, per arrivare a Matteo Salvatore e alla tarantelle di Monte, San Giovanni e San Nicandro, con me Antonio Pizzarelli ai fiato, Guido Sodo alle chitarre, Paolo Caruso alle percussioni, Andrea Piccioni ai tamburi e cornici, il grande Riccardo Tesi, Gianni Calcaterra al contrabbasso e anche una branca di musicisti garganici, perché come spiega Pizzarelli, “il nostro scopo è coinvolgere e valorizzare i musicisti della nostra terra, come Vincenzo Aniello, Antonella Gallo una giovane voce, Roberto Menonna chitarra battente, Francesca De Meglio voce”.

Chiuderanno il festival una grande produzione internazionale di Tosca Morabeza 2021, i Cantori di Carpino e altre due presentazioni di libri presso il centro culturale Andrea Sacco, scritti da Giuseppe Trombetta e Mimmo Delle Fave.

Le norme anti Covid impongono concerti e spettacoli contingentati con prenotazione obbligatoria e posti a sedere.

Cosa significa non avere Carpino e la piazza non invasa dai turisti di tutta Italia?

“Carpino è stata sempre presa d’assalto, quest’anno per via delle restrizioni a Piazza del Popolo i posti a sedere saranno 250, ma il festival sarà mandato in streaming e sul nostro canale YouTube”.

Sarà un’altra estate italianissima, ha senso ancora proporre la musica popolare quando il proprio territorio rimane l’unico orizzonte?

Noi non proponiamo solo musica locale, noi partiamo dalla nostra identità per poi contaminarci, la stessa Tosca propone uno spettacolo che gira il mondo, con la canzone popolare mondiale il nostro sarà un festival basato sulla world music. Abbiamo il Pasta Nera Jazz Project, abbiamo il jazz e la musica afro, faremo un giro a Cuba, avremo un’artista angolana che vive la tradizoione portoghese”.

Resta la ritrosia a far del Carpino in Folk una manifestazione degna della Notte della Taranta.

“Non vogliamo paragonare il nostro festival alla notte della taranta, sono due cose distinte, quello è un grandissimo evento, hanno fatto rete diversi comuni, noi vogliamo diventare un grande festival, è un anno della ripartenza, siamo partiti cauti, ma abbiamo messo su un programma di 7 giorni, il nostro obiettivo è non solo fare musica solo d’estate, vogliamo lavorare tutto l’anno, vogliamo prendere come esempio quella grande manifestazione e imparare. Da soli con il proprio ego non si va da nessuna parte”

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.