Roberto Saviano a Vieste: «Da questo mare arriva tutta l’erba dei Balcani. Più facile trasportare droga che salvare vite»

by Gabriele Rana

Dopo gli applausi, il silenzio. Roberto Saviano è seduto sul palco, saluta con quel suo modo di fare che con poche parole riesce a stringere in pugno qualsiasi tipo di pubblico. Nessuno parla sulle sedie in piazza Marina Piccola, tutti pendono dalle sue labbra. In fondo è principalmente per lui, per sentire le sue parole, che la gente è venuta lì venerdì sera, per lui i giornalisti si sono accalcati cinque minuti prima dell’inizio della serata intenti a strappargli qualche parola in una breve intervista.  Saviano è lì ad aprire l’ultima serata del Festival “il Libro Possibile” presentando il suo ultimissimo libro “Gridalo”. Alza il braccio e indica il mare. “Ho un rapporto complicato con questo mare – afferma – è magnifico, ma pericoloso. Da lì arriva mattina, pomeriggio e sera tutta l’erba dei Balcani”. Aveva già fatto un riferimento al narcotraffico davanti ai microfoni della stampa: “Stanno facendo diventare questo territorio un narco-territorio nel silenzio della politica che da un lato sostanzialmente se ne fotte e dall’altro non vuole far sentire un’emergenza temendo il giudizio dell’opinione pubblica nazionale”.

Un mare, quello di cui parla, in cui è più facile trasportare droga che salvare vite: “Ma non sono le contraddizioni  solo di questa terra, ma del nostro tempo: le merci hanno più valore della vita”. Ed è per chi si scaglia contro queste contraddizioni, per chi si sente inadeguato in questo mondo che “Gridalo” è diretto.  Una mappa di storie vere di persone che hanno lottato e vissuto in un mondo ingiusto da Ipazia fino a Jean Seberg, la cui tragica storia è stata descritta durante l’incontro per evidenziare la crudeltà di un mondo che entra di forza nella vita privata delle persone, per poi distruggerla.

“Nella mia comunicazione fatta per il libro, il grido vuole essere qualcosa che sostituisce l’imprecazione, la piazza che sbraita solo quando deve urlare al complotto  o alla rabbia. Il sogno è un grido di giustizia:  far sentire che è possibile raccontare anche con rabbia, un messaggio di giustizia e non solo un urlo al complotto”.

Speranza è anche quella di Cecilia Strada che in diretta dalla nave ResQ, circondata da sacchi pieni di salvagente  , racconta  il sogno di una nave che salva vite umane. Sul palco invece c’erano  Gherardo Colombo e Gabriella Nobile. “Il nostro operato non ha nulla a che vedere con la politica: chiunque anneghi deve essere salvato”  dice Colombo, che per rimarcare ancora di più il concetto prosegue con un esempio estremo: “anche se dovessi trovarmi Hitler, prima di chiedergli il conto per tutto quello che ha fatto, io lo salverei”.

“La politica c’entra solo nel momento in cui noi cerchiamo di riempire il vuoto che lascia” aggiunge Gabriella Nobile che durante l’intervista con bonculture ha criticato aspramente i finanziamenti italiani alla Guardia costiera libica:  “Sono una cosa assolutamente scandalosa non si può parlare di cultura dell’accoglienza, di cultura antirazzista e di tutte quello che dovrebbe caratterizzare noi italiani quando si finanzia chi tortura, chi uccide e chi tratta gli esseri umani come bestie. I campi libici sono dei veri e propri lager e ne abbiamo le prove, cosa dobbiamo aspettarci ancora?”.

Barbara Gallavotti e Antonella  Viola hanno regalato interessantissimi momenti di dibatti scientifici con i loro interventi. La Viola, che ha presentato il libro “Danzare nella tempesta: Viaggio nella fragile perfezione del sistema immunitario”, ha esposto ai giornalisti la necessità di allentare la tensione mediatica sul virus: “Rischia di diventare una forma di distrazione di massa. In questi giorni si discute della riforma del sistema giudiziario e le prime pagine continuano a parlare principalmente di Covid”. Altrettanto interessante è stato il dibattito tra Oscar Farinetti,  Giuseppe Stigliano e Michele Andriani: imprenditoria, burocrazia e ripresa, sono soltanto alcuni dei temi trattati nel loro intervento. “In questo momento stiamo vivendo una crisi ancora più grande: quella dei sentimenti. C’è molta pigrizia in giro e poca voglia di ripresa. Ci sono un sacco di lamentele e alla fine si rischia di non far niente –  dice Farinetti a bonculture – Dobbiamo cambiare noi, dobbiamo passare dalla sfiducia alla fiducia , dalla paura al coraggio, dobbiamo pensare in grande e mi aspetto moltissimo dalla gente del Sud”.

Era ormai quasi mezzanotte quando si è svolto l’ultimo intervento della serata, forse quello più toccante di tutti. C’era già stata la prima parte dei saluti, in presenza di Raffaele Piemontese e dell’assessore alla cultura di Vieste Maria Grazia Starace. Le sedie avevano già iniziato a svuotarsi , ma alcuni ragazzi si erano appostati lungo le transenne che delimitavano  il perimetro della piazza: era arrivato Blind. “Cicatrici” è questo il titolo della sua biografia, è questo il modo che il rapper della provincia di Perugia ha scelto di utilizzare, passando dal rap alla prosa, per “dimostrare al pubblico la persona che sono e la forza che ho avuto per arrivare fin qua”.  Ed è mentre Blind si esibisce in diretta  con la sua musica, mentre racconta in lacrime tutto quello che ha dovuto passare, mentre Vieste si appresta a salutare uno degli eventi culturali più importanti quest’estate e  una mezzaluna rosa  si specchia nel mare, che tornano in mente le parole di Roberto Saviano: “Ogni volta che c’è una possibilità culturale in queste terre c’è una forma di resistenza”. Una resistenza culturale che nella sua ventesima edizione si spera ne possa avere altre venti per un futuro possibile e, per citare la canzone simbolo di quest’anno, un cielo sempre più blu.

“La politica c’entra solo nel momento in cui noi cerchiamo di riempire il vuoto che lascia” aggiunge Gabriella Nobile che durante l’intervista con bonculture ha criticato aspramente i finanziamenti italiani alla Guardia costiera libica:  “Sono una cosa assolutamente scandalosa non si può parlare di cultura dell’accoglienza, di cultura antirazzista e di tutte quello che dovrebbe caratterizzare noi italiani quando si finanzia chi tortura, chi uccide e chi tratta gli esseri umani come bestie. I campi libici sono dei veri e propri lager e ne abbiamo le prove, cosa dobbiamo aspettarci ancora?”.

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