Un sopranista alla riscossa: Musica Felix riparte col controtenore Di Maio

by Fabrizio Simone

Stravagante ma estremamente delicato, il controtenore Maurizio Di Maio è tra i pochi sopranisti ad aver calcato la piazza foggiana negli ultimi anni, ma è anche il protagonista del gustoso concerto post lockdown andato in scena venerdì 25 settembre, presso l’Auditorium Santa Chiara di Foggia, nell’ambito della rassegna Musica Felix.

Chiariamo subito una cosa: un sopranista è un uomo che canta con un timbro tipicamente femminile. In Italia non disponiamo di un numero elevato di contraltisti, sopranisti, controtenori e chi ne ha più ne metta, ma il fenomeno è in crescita da più di un decennio, anche se non raggiunge i risultati attestati durante l’età barocca, quando i falsettisti venivano impiegati sia a teatro che in chiesa più per stupire che per emozionare il pubblico affamato di virtuosismo e disposto ad assecondare i capricci di questi divi incipriati.

Maurizio Di Maio è stato accompagnato da un ottimo quintetto formato da soli violoncelli, l’Apulia Cello Ensemble (Giovanni Astorino, Giuseppe Carabellese, Giovanna D’Amato, Daniele Miatto, Luciano Tarantino), impegnato nell’esecuzione di pagine strumentali particolarmente applaudite come il preludio dall’Attila di Giuseppe Verdi, l’Aria sulla quarta corda dalla Terza suite per orchestra di Johann Sebastian Bach o il celebre e mesto Adagio che la tradizione attribuisce al veneziano Tomaso Albinoni (opera in realtà del musicologo Remo Giazotto, scomparso solamente 32 anni fa). L’attenzione del pubblico non è mai venuta meno, anche grazie ad un programma pensato appositamente non solo per intrattenere (il Tema dal Padrino di Nino Rota è sempre un utile diversivo) ma anche per esaltare le potenzialità di ciascun membro del quintetto, intento a sfoggiare in vari momenti solistici tecnica e sentimento (si pensi al memorabile assolo dell’Adagio).

Ma è stato Maurizio Di Maio il vero protagonista della serata, nonostante i numerosi brani eseguiti dal quintetto. Di Maio, con grande sicurezza, ha offerto una splendida prova eseguendo diverse hit del repertorio settecentesco come i due standard handeliani Ombra mai fu (dal Serse) e Lascia ch’io pianga (dal Rinaldo), lacrimosissimi al punto giusto anche senza la candida parrucca a boccoli o il rossetto scarlatto come gli antichi castrati. In Voi che sapete (da Le nozze di Figaro di Mozart) l’enfasi drammatica del controtenore Di Maio è risultata particolarmente brillante e ha ampliato le possibilità insite nella partitura mozartiana, conferendo alla musica del salisburghese una limpidezza irresistibile. Con la supplichevole Ave Maria attribuita al rinascimentale Giulio Caccini (in realtà composta negli anni’60 dal russo Vladimir Vavilov) tutte le porte dei templi dorati dei nostri cuori si sono spalancate in un tremito che ha scosso le nostre icone addormentate. Forse il Tema di Deborah (da C’era una volta in America), scelto per omaggiare Ennio Morricone al termine del concerto, può riassumere bene la predisposizione di questo artista: umile di fronte ai grandi e rispettoso dell’Arte.

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