Biciclette, lavoro e razzismo, critical mass contro le sassaiole ai migranti. Per un nuovo Quarto Stato

by Gianfranco Piemontese

Il 30 luglio  2019, la FLAI CGIL di Foggia e l’intera CGIL di Capitanata manifesterà  la propria solidarietà verso i lavoratori neri oggetto di sassaiole da parte di imbecilli travestiti da uomini. Un corteo particolare fatto in bicicletta, il mezzo di trasporto più semplice ed economico utilizzato dai lavoratori per recarsi sui posti di lavoro nelle campagne del foggiano. Partirà alle ore 18:00 dal piazzale della stazione ferroviaria di Foggia e si dirigerà verso la Prefettura del capoluogo.

A proposito di Lavoro, integrazione e diritti, vogliamo ricordare un’importante opera di grafica realizzata nell’autunno del  2017 dalla pittrice Viola Gesmundo a sostegno di una raccolta fondi per sostenere le spese di restauro della Camera del Lavoro di Foggia. Il titolo “Il quarto stato del XXI secolo nel Tavoliere delle Puglie”, si tratta di una reinterpretazione di un opera d’arte del pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo. L’opera venne presentata a Lecce in occasione delle Giornate del Lavoro  organizzate dalla CGIL nazionale. Qui di seguito la nota critica che accompagna la cartella artistica contenente la serigrafia, che sarà presentata a fine estate a Foggia.

Viola Gesmundo – Il Quarto Stato del XXI secolo nel Tavoliere delle Puglie

Un’opera d’arte per i proletari di ieri e di oggi

Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo venne dipinto agli inizi del XX secolo. Una raffigurazione corale sulle aspirazioni e le condizioni dei lavoratori di allora. Dipinto dall’artista divisionista italiano fedele allo spirito del realismo e a quello di denuncia sociale e politica, il quadro ha attraversato l’intero secolo, e nonostante alcuni che teorizzano la scomparsa di quel mondo, di quel proletariato, la realtà del Lavoro salariato oggi continua ad esistere, anzi vive condizioni di maggiore precariato, se non in alcuni casi di vera e propria schiavitù.

   E qui arriviamo all’attualità dell’opera di Viola Gesmundo. Una palese rivisitazione di un classico dell’arte italiana che vede nelle campagne pugliesi, campane, calabresi ma anche nelle città e nelle aree montane dell’intera Italia la presenza di nuovi proletari. Donne e uomini che si sommano a quelli esistenti ed a quelli che in età avanzata diventano inoccupati, e non per loro scelta, con quelli che un lavoro certo e sicuro non lo vedranno mai.

E’ una opera che sintetizza in maniera lodevole, e questa è una delle caratteristiche salienti della grafica della Gesmundo, questo mondo globalizzato, in cui noi siamo dentro, nonostante qualcuno non se ne vuole rendere conto. Così le assolate campagne descritte da Tommaso Fiore in Formiconi di Puglia, quel libro che rimarcava il senso del Lavoro di donne e di uomini delle Puglie, rivivono con la presenza di lavoratori che hanno colore della pelle e parlano lingue diverse. Proletari che faticano dall’alba al tramonto come faticavano le braccianti e i braccianti che un altro pugliese, Giuseppe Di Vittorio, organizzò nel Sindacato, lo stesso che oggi ha chiesto all’artista una sua opera a sostegno del luogo principe del mondo sindacale: la Camera del Lavoro di Foggia.

Così il tratto veloce, il guizzo del pennello della Gesmundo, ha segnato e rimarcato le nuove-vecchie figure del Proletariato. Un fregio classico su cui, questa volta, figurano e sono disposte le donne e gli uomini, il lavoro della campagna ma anche quello della città e di chi le costruisce: i muratori. Non ci sono solo braccianti agricoli in questa opera, ci sono le donne con tanto di libri o borse da ufficio, ci sono i giovani, c’è la madre  che allatta ovvero c’è l’universo umano. Quel mondo che ancora recita e canta l’inno scritto da Filippo Turati: “ … o vivremo del lavoro o pugnando si morrà …”.

Perché deve essere chiaro e ancora una volta ribadito, che donne e uomini vogliono lavorare dignitosamente, e non ricevere elemosine o essere sfruttati. Lo ribadisce questa opera in chiave contemporanea, si chiede il Lavoro liberato, quello che mette in condizioni donne e uomini di poter vivere anche il proprio tempo, perché la vita non è solo lavoro.

   I colori e l’impostazione che ha usato la Gesmundo per le persone raffigurate, confermano quella volontà di immaginare una marcia verso una società basata su regole diverse. Giovani madri che vanno al lavoro allattando, ma anche giovani studenti, una situazione che riporta ad immagini della quotidianità di una città metropolitana con le persone in movimento. Solo che qui, donne e uomini, sono circondati da un mare di giallo delle dorate spighe di grano, che è segno distintivo della seconda pianura d’Italia: il Tavoliere delle Puglie. Al giallo si contrappone il verde degli ulivi che dalle pendici del Gargano passando per l’alto Tavoliere si ricongiungono con i Monti Dauni.

Ma centrale rimane la figura di un uomo, un lavoratore con sulle spalle una cassa di pomodori. Sono rossi come il sangue che scorre nelle vene di tutta l’umanità, mentre nera è la sua pelle. Lui come tante e tanti altri come lui, lavora oggi quasi sempre in condizioni che rasentano la schiavitù. Così il pomodoro di Capitanata è diventato come il cotone della Louisiana. Loro, qui sono in marcia insieme a noi, questo ci dice Viola Gesmundo, perché tutti debbono potersi muovere e vivere del proprio lavoro. Questa aspirazione non è solo la nostra, ma è anche quella di tutte le donne e gli uomini che giungono nel nostro paese e nel nostro continente, fuggendo le guerre dei loro paesi, da noi sfruttati ed “armati”.

La Storia dell’arte, ma anche un recente libro di Gianmaria Testa “Dall’altra parte del mare”, ha raccontato come Pellizza da Volpedo, coinvolse la popolazione del paesino piemontese. Una partecipazione corale di donne e di uomini di una regione, che a quei tempi come tutte le regioni d’Italia aveva nel mondo rurale la maggior parte di forza lavoro impiegata. Una situazione analoga Viola Gesmundo non l’ha dovuta praticare oggi. Per una ragione semplice, in Capitanata, città e campagna sono una cosa sola, lavoratrici e lavoratori si incontrano percorrendo strade urbane e di campagna. Donne e uomini che marciano a piedi, o si muovono con le biciclette. Sembra di assistere ad un continuo remake dell’Italia degli anni Quaranta e Cinquanta, dove il mezzo di trasporto di massa dei proletari era appunto la bicicletta. Ma chi sa’ quanti delle nuove generazioni hanno mai visto un classico del realismo del cinema italiano come Ladri di biciclette? Sicuramente oggi con questa serigrafia di Viola Gesmundo, non potranno dire di non aver visto Il quarto stato del XXI secolo in marcia.

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