Cartiglio di credito

by Enrico Ciccarelli

Questa riflessione, assai meno seria di quanto dovrebbe essere, riguarderà solo di straforo la vicenda Open e il suo abnorme vulnus alla democrazia. Ma anche nelle pagine più nere si infila di norma un elemento grottesco. Esso è rappresentato dalla vicenda della ricerca affannata dei rettangolini plastificati con microchip, fossero essi bancomat o carte di credito, che la Fondazione Open avrebbe messo nella disponibilità di “parlamentari del giglio magico”, il costrutto mitologico utilizzato per la mostrificazione di Matteo Renzi e dei suoi più stretti collaboratori.

L’argomeno della Procura è che l’esistenza di queste tessere sancirebbe oltre ogni ragionevole dubbio l’esattezza del teorema accusatorio: la Fondazione Open sarebbe l’articolazione di una forza politica, la sua attività una forma illecita di finanziamento dei partiti.

Si sono messi in tanti, alla ricerca di questa “pistola fumante”, con tutto il pacchetto di mischia dei giornalisti su inchiesta (nel senso che le inchieste non le fanno loro; se le fanno dettare dalle Procure e riferiscono) delle testate più incendiarie, dal Fatto alla Verità all’immancabile Espresso.

Un’evidenza quanto mai necessaria, perché malgrado i titoloni sulla “inchiesta che chiude un’epoca” e la “retata dei finanziatori di Renzi” (con chiosa “non ci sono ancora arresti”), nel carniere dei Pm, obiettivamente sembra esserci davvero poco, tant’è che si è dovuto ripiegare in fretta sul prestito fatto a Renzi dagli imprenditori Maestrelli per la prima tranche dell’acquisto di una bella villa.

In quest’ultima vicenda, peraltro, le già pallide ipotesi di reato formulate per la Fondazione Open non c’entrano un beneamato, come dimostra il fatto che le Loro Manettarità sono passate subito dal rilievo penale alla discutibilità etica. Che dorme il sonno del giusto (vero, Travaglio?) quando si tratta di Di Pietro che afferra mazzette in contanti da centinaia di milioni (di lire) incassandoli e forse restituendoli senza alcuna tracciabilità, ma si ridesta indignata di fronte a un’operazione così oscura da essere regolarmente ricostruibile in banca.

Ma torniamo alla carta di credito, cercata con maggiore pervicacia della lettera rubata di Auguste Dupin, con più intensità della lettera scarlatta di Hawthorne, con più passione del borderò dell’affaire Dreyfus, che segnò l’atto di nascita della grafologia forense.

Un Sangraal a cui i Cavalieri della Tavola di Fango hanno votato per qualche giorno tutti se stessi. E l’impresa è andata a buon fine. Il “cartiglio di credito” grazie al quale si potrà marchiare d’infamia il renzismo viene trovata. La possiede –sembra- Luca Lotti, già storico vilain delle narrazioni travagliesche, indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip, considerato l’uomo di panza o lo spicciafaccende degli atti più inconfessabili del renzismo.

Siccome il mondo non è perfetto, quest’anima nera ha diviso i suoi destini politici da quelli di Renzi, preferendo restare nel Pd anziché aderire a Italia Viva. E purtroppo, siccome non ci sono più i padrini di una volta, invece di farlo crivellare di proiettili dal primo commando disponibile, Renzi ha preso atto ribadendogli affetto e stima.

Inutile spaccare il capello in quattro, comunque: Open ha foraggiato il biondo Luca, mettendogli a disposizione uno strumento di pagamento. Come sarà stato usato? Festini sardapanaleschi nelle adiacenze di Montecitorio? Vorticose girandole di partecipazioni azionarie? Tessitura di trame con i russi, visto che Salvini e Savoini non cavano un ragno dal buco? No.

Perché il destino dei crociati della queste non è in questo caso la disfatta, ma la beffa. Con la morte nel cuore, Marco Lillo (er mejo figo der bigoncio del manettarismo) è costretto a scrivere sul Fatto che “non risulterebbero movimenti”.

Ma come, malnato Lotti? La prova che doveva inchiodare Renzi e i suoi alla crapula, alla malversazione, allo sperpero non è servita a una beneamata mazza? Potrebbe darsi che sia semplicemente un modo più efficiente di rimborsare a un membro del proprio Consiglio di Amministrazione (tale è Lotti) le spese eventualmente sostenute per l’attività svolta in favore di Open?

Non si fa così, però! Che fine fanno le insinuazioni viscide di Damilano, i garbati articoli di Belpietro, i tentativi di Fittipaldi di ottenere la crisi di Governo, gli arzigogoli di Giannini? Dove, soprattutto, potrà appigliarsi la bocca a culo di gallina di Marco Travaglio, emulo del Pippo Ragonese di Televigàta che popola libri e film di Montalbano. Ma il perfido Lotti, a quanto sembra se ne è crudelmente disinteressato: nemmeno un prelievo, un giroconto, una ricarica!

Comprensibile quindi che i Cavalieri della Tavola del Fango siano piuttosto abbacchiati e depressi. L’inchiesta che chiude un’epoca potrebbe chiudere l’epoca loro (e sarebbe davvero ora). L’unico che conserva il buonumore è, al solito, Luca Telese. Che come sempre non ci ha capito nulla. Gente allegra, il ciel l’aiuta.  

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