Ci sono anche io!

by Andrea Giotta

Mi piacerebbe donare il tempo. Il tempo come il sangue è prezioso, non si può produrre, né fabbricare, non si può comprare, ma si può donare.

Tutto cominciò in un pomeriggio di ottobre. Whatsapp mi avvisa che sono stato eliminato da un gruppo di persone che mi facevano stare bene. Perché mi hanno eliminato? Lo chiedo all’amministratore. Mi risponde che non mi facevo sentire da qualche giorno. Ma loro ci pensano che io avrei potuto avere i miei problemi per non essere presente? Loro ci pensano che magari ci posso stare male?

Mi rattristo, penso alla solitudine, da sempre mia nemica, che combatto. Escludere ed essere esclusi  sono due cose che non riesco a digerire. Ero poco più che un bambino quando dissi a un mio compagno di classe “tu no”, ricordo ancora la ramanzina di mia madre. “Non voglio mai più sentire che dici così a qualcuno”. Quelle parole risuonano in me spesso, ringrazio mia madre per quello che mi volle insegnare quel giorno.

Mi sono sentito escluso, non solo quel pomeriggio. Ho avuto la percezione che questa pandemia mi stesse gradualmente allontanando da tutto e da tutti. ma ho provato ad andare avanti, ogni tanto sono uscito di casa per un giro. Di contro sono diventato molto più loquace, non che prima non lo fossi, ma attacco bottone con chiunque, magari in un tabacchino o con una signora anziana. Tutto questo perché  ho semplicemente voglia di parlare. Più che voglia direi bisogno. I giorni passano, sul cellulare arrivano solo messaggi di lavoro, le chiamate che effettuo e che ricevo sono impegni lavorativi che si incastrano.  Sembra che io sia un appestato, chi si reputava mio amico, mi liquida dicendo di non avere tempo, che è sempre di corsa e che non ci si può sentire. Com’era, andrà tutto bene? Ne usciremo migliori. Non sta a me dirlo,  a me basterebbe anche un messaggio, un pensiero. Scrivimi,  a me basta di sapere che mi pensi anche un minuto, perché so accontentarmi anche di un semplice saluto, ci vuole poco per sentirsi più vicini, aggiungerei soprattutto in questo periodo in cui ci siamo inginocchiati al distanziamento. Beh qui bisogna chiedere i diritti a Nino Buonocore, ma le sue parole fotografano al meglio questa mia situazione, che penso non sia solo mia. C’è qualcosa che, nonostante tutto, ci aiuta. Una di queste può essere, come nel mio caso, la scrittura. La carta, come diceva Anna Frank, è più paziente dell’uomo, e credo, a distanza di anni, di poterle dare certamente ragione. Vale lo stesso per un documento di Word? Io credo di si, ci saranno meno scarabocchi, ma la pazienza rimane. La carta è come se ascoltasse, e accogliesse, tutto ciò che abbiamo in mente e vogliamo riportare su di lei.

Solo lavoro, studio, impegni, colloqui, o ci sono anche i sentimenti e le emozioni nella nostra esistenza?

Quei sentimenti sono racchiusi dentro la mia mente come una rondine in gabbia. Vogliono uscire. Le piccole cose, rimpiango le piccole cose, le risate, mi mancano gli abbracci, mi mancano quelle parole e quei gesti, rari, che hanno la capacità di arrivare dritti al cuore. Mi chiedo quando ritorneranno, mentre sono in questo limbo. Esco a fare due passi. Al freddo, dentro un cubo fatto di  quattro cartoni di numero c’è Michele. Gli lascio due cornetti, non a caso, glieli porto  perché addolciscono. Mi guarda quasi impaurito quando lo chiamo, apre gli occhi, due iridi azzurre, quasi lucide, gelano il mio sguardo. Capisco che per quanto avremo necessità di tempo, ci sarà sempre qualcuno che potremo aiutare, condividendo il nostro di tempo.

Vorrei dire “ci sono anch’io” casomai ve lo foste scordati, non sono nessuno, ma non ho fatto nulla di male per essere escluso e dimenticato.

Ci sono anche io che per colpa della crisi sono finito per strada. Ci sono anche io che dovevo fare un intervento e non ho potuto farlo. Ci sono anche io che da anni convivo con la depressione. Ci sono anche io che non ho neanche un amico per parlare. Ci sono anche io che sono in ospedale. Ci sono anche io che nel grigiore cerco di vedere il sole. Ci sono anche io, che soffro in silenzio per maltrattamenti. Ci sono anch’io che non ne posso più di essere bullizzata perché porto gli occhiali anche ora che le lezioni si fanno attraverso uno schermo.

Ci sono anche io che non ne posso più dell’indifferenza degli altri, ma non di tutti.

Mi piacerebbe donare il tempo. Ho capito che corre e non sempre aspetta. Ho capito che donarlo, può curare, salvare, guarire e aiutare.

Cosa ti piacerebbe fare? Mi piacerebbe donare il tempo.

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