Federazione nazionale della stampa italiana: il sindacato dei “primi”

by Mimmo Cicolella

Ricordo esattamente quando Raffaele Lorusso, attuale segretario nazionale della Fnsi (la federazione della stampa italiana), a metà o fine settimana, arrivava da Conversano e mi portava i suoi articoli da corrispondente in redazione centrale. Eravamo a Bari, ed erano i tempi gloriosi di giornali che vendevano, ed io ero caposervizio delle pagine di “Terra di Bari” al quotidiano politico “Puglia”. Diretto da Mario Gismondi, e retto nelle sedi provinciali da capiredattore del calibro di Luca Cicolella su Foggia, Salvatore Catapano a Taranto, e il vice era un certo Piero De Giosa. Insomma tutti ex “Gazzetta” e uomini Rai.

Puglia era fucina di giornalisti poi passati in altre testate importanti della regione e nazionali. Raffaele, dicevamo, saliva le scale della storica sede di via Melo, e mi portava i suoi pezzi da rivedere e spesso da tagliare. Ma la cosa che mi colpiva di più dell’attuale segretario nazionale della federazione della stampa, era la sua umiltà con cui cercava di imparare il mestiere pur non essendo in redazione, ma come semplice corrispondente. Dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, di strada il buon Raffaele ne ha fatta. E “Puglia”, conferma di aver messo in giro molte firme che hanno raggiunto traguardi importanti. Già all’epoca con Raffaele si parlava di diritti e di doveri della nostra professione e tutti lamentavamo i trattamenti poco sindacali di giornali, tv e radio del settore privato. Alcune volte le discussioni erano appassionate e quasi sempre si concludevano con frasi del tipo: “quando arrivo io farò una rivoluzione!”.

Ecco appunto: Raffaé ma l’hai fatta sta rivoluzione? Mi sa di no, ex compagno di barricate contro finti editori e coop fallimentari. Ti ho sentito l’ultima volta per telefono sul contributo ai giornalisti colpiti dalla tragedia del Covid. Sull’insulso decreto relativo ad un beneficio che poteva arrivare ai possessori di partita iva solo a chi nell’anno precedente aveva avuto un calo del 30% sul fatturato medio. Cioè praticamente i liberi professionisti ( i più poveri e quelli che ne avevano più bisogno, soprattutto i colleghi più giovani) erano completamente tagliati fuori dal contributo statale. Improvvisamente scoprii la tua protervia verticistica: “ noi non c’entriamo nulla con questo! E non possiamo far nulla!”, mi ribadisti acidamente. Non provai neppure a controbattere, perchè capii che sarebbe stato perfettamente inutile. Mi dispiacque solo per i colleghi meno fortunati che erano in grande difficoltà, e a cui avevo assicurato che Lorusso sarebbe intervenuto per sanare una situazione impietosa.

Ma il ruolo di Raffaelino ormai non si giocava più sul suolo del vero sindacato, ma dei compromessi imborghesiti da incontri di Stato, cene di gala e finta immagine di una federazione che esiste solo se può mettersi in mostra, per parlare delle crisi di organi d’informazioni importanti; di giornalisti famosi che combattono la criminalità organizzata; o ancora peggio, per firme di protocolli inutili, come se non si sapesse come funziona da anni il reclutamento di uffici stampa pubblici. Spesso concessi, fra l‘altro, a dopolavoristi ( e su questo potremmo aprire un altro capitolo pietoso). E’ proprio vero: il damascato dei salotti buoni rimuove ogni rancore e voglia di pulizia. Vorremmo ricordare al sindacalista conversanese che i soldi che che la Federazione incassa, compreso il suo stipendio, provengono da quei migliaia (per mantenermi stretto) di giornalisti liberi professionisti che spesso non sono neppure riconosciuti come tali, e ribassati a cronisti o informatori. Gli stessi che zaino in spalla li trovi prima di tutti nei luoghi di delitto, di guerra, tribunali, stadi, e chi più ne ha più ne metta..Gli stessi che con enormi difficoltà non riescono a pagare ordine e inpgi. Gli stessi che un giorno, un pseudo editore, decide di mandarli a casa o di ridurre compensi senza neppure comunicarglielo ufficialmente. Raffaé, i giornalisti che dovresti difendere col tuo sindacato sono questi. No quelli già tutelati e che la Federazione utilizza per far vedere che esiste e che si interessa alla categoria. Avrebbe detto il buon Totò: “Ccà nisciuno è fesso”, ma ahimè sono i fessi che fanno sto mestiere e che fanno campare l’intero carrozzone.

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