Franco Mancini e gli anni della favola di Zeman

by Filippo Mucciarone

Ricordare la figura di Franco Mancini, sinteticamente per i neofiti del calcio spettacolo, può dire tutto o nulla. Di certo termini come il modulo 4 3 3, Il Reggae (sua fondamentale passione), Zemanlandia (di cui certamente ne era il focus ed interprete principale a detta di molti non solo da queste parti), e se vogliamo “Fugg da fogg no p fogg ma pi barattòL d’buàtt D’marm’llòt nùn càgn’hòt” (per aggiungere una nota di ilarità che a lui sovente non mancava nel rapportarsi all’ambiente sportivo che lo circondava con tenore di vita positivo) possono voler dire anche (seppur per poco) potersi districarsi dalla massa dei messaggi omologanti e parecchio al limite della sufficienza che sembrano provenire con sembianze imperterrite dagli aspetti e dalle decisioni calcistiche attuali (quali quelli recentissimi della delegittimazione sportiva del campionato di serie c gir.c con l’esclusione per fallimento del Catania Calcio a tre giornate dalla fine del torneo).

A dieci anni dalla prematura scomparsa, ricordare il portiere volante sin dal primo Foggia in serie A di Zeman con la maglia rossonera, è anche rendere ancora desta la memoria su momenti indimenticabili per la storia moderna del calcio italiano.

Varie ed Eventuali: “l’allegra brigata” rossonera del “Foggia dei miracoli” che intrigava ed illuminava le grandi platee degli stadi di massima serie tanto quelli “provinciali”, origina anche dal connubio che la leggenda di Zemanlandia suggellata dall’uomo di Praga Z.Zeman, vide instillare con la fondazione del suo credo calcistico (fatto di interminabili sessioni tecnico tattiche ed atletiche) nella seconda metà degli anni ’80.

Il calcio di un Epoca allora, dava il la ad una sorta di “Transustanziazione” emblematica sulle sorti di una città ed un territorio, quello di capitanata epicentro territoriale (la mitteleuropa nel tavoliere) di un riverbero passionale, a tratti di costume, capace di irradiarsi con peso specifico aggiunto all’intera penisola, grazi e anche alle simpatiche apparizioni televisive (in Slang sketch) di Frengo e Stop a Mai dire Goal. Un calcio che si proiettava dalla visione del Boemo come spartiacque tra lo scontro molecolare della materia (per intensità e diligenza organizzativa), e lo stupore reale intimamente accattivante (ed accanito) che poteva paragonarsi a quello derivante dai polverosi campetti di periferia.

Avanguardie contemporanee insite nella sfinge “cosmica” di Zeman, a garanzia di un marchio di fabbrica che vedevano così adeguare in “alta fedeltà” la memoria calcistica del capoluogo dauno, già insigne di un abbastanza precedente e glorioso passato calcistico (dalla metà degli anni sessanta in massima serie), come a voler debordare in trampolino di lancio la propria epoca sportiva moderna sulla storia già comunque scritta da queste parti , e che si legava a doppio filo, con il parallelo più a portata di mano che il meridione poteva far spiccare addirittura a livello mondiale, cioè con quello partenopeo sempre dell’epoca, dove troneggiavano su tutte, le prodezze calcistico balistiche del pipe de oro Diego Armando. Gigantografie così irrazionali di insite emotività collettive.

Una prerogativa di indeterminata risoluzione, che nella clessidra filosofica dell’irrazionalità temporale, abbracciava tanto l’aspetto liquido sociale architettonico (nei fatti di un Paese comunque capace di reggersi a galla attraverso le domeniche pallonare fatte di tifo, striscioni e folle in delirio verso la “breccia” scandita di notti magiche) che la spensieratezza di un periodo ancora “analogico” faceva fare in sghimbescio a suo modo al Mainstream mediatico massificato ed appiattente odierno, in cui come in una sorta di luogo magico, ad essere catapultati dalla cabala degli eventi calcistici alla “fede” incondizionata, è davvero un attimo.

Da poco commemorato il decennale dalla sua prematura scomparsa, dieci che nel calcio è in gergo la maglia dei fantasisti, sono anche le stagioni che lo videro indossare la maglia numero uno del Foggia Calcio. Sempre dopo dieci anni, Zeman, dalla sua ultima stagione alla guida dei satanelli (2012), ne fa ritorno alla veneranda età di 75 anni per la quarta volta. E ce chi azzarda a tal proposito, a non tratteggiare soltanto il Boemo uomo “scaramantico”, sotto invito del suo sodale storico il Ds Peppino Pavone, ad aver accettato tale ultima goliardica avventura, solo in base al fatto come a suo stesso dire di voler fare qualcosa in ambito Popolare per risollevare le sorti di una comunità “alle pezze” viste le torbide acque in cui annaspa nelle classifiche nazionali di vivibilità generale. Nei fatti c’è anche la più che plausibile ma di fatto sottaciuta volontà di voler testimoniare senza i finti altari morali che lo contraddistinguono, il voler omaggiare con la sua presenza qui a Foggia in questa attuale stagione calcistica 2021/22 del girone c di serie c, il suo fondamentale allievo prima ed intraprendente e talentuoso fedele discepolo poi, proprio nel decennale.

Franco Mancini e la sua esperienza calcistica foggiana sempre a tu per tu tra il calore e l’affetto del popolo foggiano, riassume altresì difatti, in se, la stessa parabola strabiliante dagli albori ai conclamati successi, sino al declino, della favola calcistica del tavoliere, capace di ripetersi anche più volte in la negli anni, anche fuori dai confini sportivi provinciali, con e fin anche dunque senza di lui. Avamposto del ruolo moderno di intendere il calcio, grazie alle sue qualità atletico caratteriali, aveva il predominio da falco nel perimetro di quaranta metri quadri di campo. Ciò voleva intendere negli schemi del 4 3 3 (spregiudicato) di Zeman, reattività ai massimi livelli, elasticità mentale e fisica perciò in senso lato, qualità tecniche non indifferenti quantunque esplosive a giocare con i piedi che si tratti di posizionarsi come libero aggiunto o mostrare affinità innate sulle uscite ed in gioco aereo, che nei rilanci peculiari a palla, verso la linea degli attaccanti di 70-80 metri.

Il suo carattere spartano, quasi a fungere da tutt’uno con il suo ambiente natio materano di derivazione arcaico marino-rupestre, rifletteva però note di esaltanti qualità umane ed umoristiche, che lo appassionavano tantissimo alla musica reggae quanto ai film di Totò di cui era altrettanto preponderante fan.

Rivedere interi spezzoni “ombrosi” (di derivazione WHS) di partite storiche della sua epoca zemaniana, reclutabili dal web, hanno di certo la capacità di far rabbrividire ed emozionare certamente anche chi non visse da vicino quella fase storica del calcio foggiano ai massimi livelli. La trasposizione più congeniale, derivante dalle gesta e dalle capacità atletiche e tecniche devote alla tattica di quei giocatori provenienti per lo più da serie inferiori e semi dilettantistiche, è probabilmente paragonabile, alla score d’evoluzione softweristico (per ciò che attiene la sezione opzioni gioco…ma non solo), che gli sviluppatori del più osannato videogioco di calcio potessero avere come modello di riferimento, sin appunto dalla prima serie di Fifa del 1993(…Pro evolution soccer; ai giorni nostri).

Tra gli altrettanto talentuosi suoi predecessori portieri che negli anni ’80 “dell’epoca d’oro” ed ai margini del periodo della fondazione di Zemanlandia (prima con mister Caramanno e Marchioro e con lo stesso Zeman poi), gli facevano in un certo senso da validi “antagonisti” in rossonero, ci sono l’estroverso ed intermedio S.Ciucci (per le sue caratteristiche di districarsi con efficacia tanto in area di rigore che fuori con i piedi), la saracinesca Genovese e l’eclettico Zangara, fortemente indicato da Zeman che lo volle in rossonero nella sua seconda panchina da allenatore a Foggia dall’89 al ’91 ( e proveniente dai fasti del Licata nel suo primo periodo di clamore calcistico da allenatore in ambito professionistico in serie C).

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