Il Cantico dei Cantici? Benigni ha scoperto l’acqua calda

by Elisabetta de Palma

Un amico carissimo mi invia due link su Sanremo in poche ore: non si rassegna al mio scarso coinvolgimento emotivo nell’Evento degli Eventi e allora si gioca la carta dell’interesse specifico e mi interpella sul Cantico dei Cantici. I link si aprono su un articolo di Avvenire e su un lungo post Facebook di Radio Maria, e lui sa che di queste cose un po’ mi occupo.

Leggo con attenzione: il primo. “Avvenire”, non riesce a contenere l’entusiasmo per la scelta di Benigni. Portare la Bibbia al Festival, raccontare allo sterminato pubblico sanremese la bellezza dell’inno all’amore che palpita fra le pagine dell’Antico Testamento merita gratitudine eterna, nonostante qualche forzatura interpretativa che non ferisce comunque la verità del messaggio che ha illuminato la notte di Rai 1.

Lampi, fulmini e saette, invece, da Radio Maria, che coinvolge nell’anatema anche le performance di Fiorello e di Achille Lauro. “Il festival del Cristianesimo calpestato” titola. Parla di vilipendio, strumentalizzazione, derisione, prevedo nella conclusione l’invito alla preghiera e al digiuno riparatore.

Mi informo, recupero i filmati e leggo qualcosa: apprendo che Fiorello non si è travestito da prete ma da don Matteo, quindi da personaggio televisivo, e che Achille Lauro non ha mai citato san Francesco come fonte ispiratrice dell’occhieggiante messa a nudo di sé della prima serata.

Rimane quindi Benigni, la cui colpa sembra in buona sostanza ridursi al non aver parlato del Cantico come di un testo ispirato. Niente Dio, sul palco di Sanremo, incredibile.

Niente Patristica, analisi simbolica, né allegorica. Non un accenno omiletico. Inverosimile, seppur gravissimo.

Completo la lettura con non poco sforzo, perché la seconda parte del contributo accende un faro sulle scelte degli autori del festival, riconducendole, pensa te, al relativismo, al secolarismo, alla crisi della dottrina resa dalla “maggioranza degli uomini di Chiesa (della) consistenza di una pappetta per anziani senza dentiera”. Comprendo finalmente che i veri cattolici ce l’hanno duro e che il successo del viagra affonda le radici nello stravolgimento della Tradizione, che ha reso l’identità cattolica “priva di nerbo, indefinita scialba e malleabile”.

Chiudo tutto e vado verso la mia libreria, prendo la Bibbia, cerco il Cantico e mi torna il sorriso vero. Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con queste pagine sa che Benigni ha scoperto l’acqua calda – e d’altronde ha avuto l’accortezza di citare tutti i biblisti a cui si è rifatto. Qualunque edizione commentata della Bibbia dice tutto quello che ha detto lui, meglio e più approfonditamente, figurarsi se ci si mette a studiare un po’! Anche la traduzione letta non è mica sua, viene da studiosi, da commentatori, da esegeti che su quelle parole spendono una vita! A me non è piaciuta particolarmente, ma per la forma poetica, non certo per il contenuto, che è ben noto.

Ha fatto bene a portare il Cantico a Sanremo? Dipende da quanto si rivendica l’esclusiva sulla Parola di Dio. Se si pensa che vada rispettata, tutelata, affidata solo a mani sicure, perché è un tesoro troppo prezioso perché la sua divulgazione incontrollata non comporti il rischio dello svilimento, allora Benigni poteva risparmiarsela, ricordare che quei versi per tante persone non sono una straordinaria opera letteraria, ma  il fondamento della fede che ne guida la vita.

Se invece si crede, con il profeta, che la Parola di Dio cade come pioggia e neve e non ritorna senza aver innaffiato la terra, e allora va bene pure il palcoscenico,lo spettacolo, le esigenze di copione, il personaggio ormai cristallizzato e ripetitivo, la platea plaudente o scettica. Va bene tutto, “amiamo tutto, eh”.

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