Il castello incantato

by Raffaella Passiatore

Il signor Massa si mise la cartelletta sotto il braccio, si calcò il cappello sulla fronte, alzò il bavero dell’impermeabile ed uscì.

Il tempo era grigio ed umido, aveva piovuto tutta la notte, ed il signor Massa saltava per evitare le pozzanghere come se stesse giocando a campana.

Arrivò alla fermata del metrò con due minuti e ventidue secondi di anticipo e lo cronometrò come il miglior tempo della settimana.

Estrasse la tessera e la infilò nell’apposita macchina accanto al cartello che indicava la fermata, il numero del tram, gli orari di partenza ed arrivo.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz». Esattamente tre volte, poi il monitor della macchina si accese e il signor Massa lesse: Benvenuto e buongiorno Signor Massa. Questo è il Suo miglior tempo della settimana! Il signor Massa sorrise compiaciuto, ché i suoi calcoli venivano confermati.-

Oggi ha diritto a sedere nei posti dei Diligenti; fila 4 sedia 3. Arrivederci e la lena sia con Voi!

Dopodiché, con una specie di rutto, la macchina sputò la tessera e la luce del monitor implose in un quadrato nero. Il signor Massa sentì il rombo del tram in arrivo, lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise sull’attenti. Il tram si fermò davanti al marciapiede e le porte a soffietto si aprirono istantaneamente. Il signor Massa sorrise, oggi sarebbe entrato dalla porta anteriore, come si conviene ai Diligenti.

Fila quattro sedia tre, pensò mentre scrutava le targhe con i numeri sulle sedie di legno.

Con una mano accarezzò verso il basso le code dell’impermeabile e ci prese posto al disopra. Unì i lembi anteriori dell’impermeabile uno accanto all’altro sulle ginocchia, vi adagiò la cartellina sopra, quindi la mano destra aperta e, sopra le nocche di quest’ultima, il palmo della sinistra. Girò il collo teso sulle spalle dritte e salutò il suo vicino: «Che la lena sia con Voi! » .

«Che la lena sia con Voi» Rispose pacato il vicino di sedia, mentre il collo del signor Massa tornava al suo posto ed i suoi occhi dritti davanti a sé.

Alla settima fermata il signor Massa si alzò ed infilò la tessera in una macchina posta a destra della porta a soffietto. La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte, poi il monitor si accese ed il signor Massa lesse: L’incaricato generale del bilancio l’aspetta tra esattamente 7 minuti e 7 secondi nell’ufficio numero 77, quarto piano. Che la lena sia con Voi!

Dopodiché, con una specie di rutto, la macchina sputò la tessera e la luce del monitor implose in un quadrato nero. Il signor Massa sentì i freni del tram, quindi lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise sull’attenti.

Il tram si fermò davanti al marciapiede e le porte a soffietto si aprirono istantaneamente. Il signor Massa scese dal tram e, per evitare le pozzanghere, si mise a saltare come se stesse giocando a campana.

Dopo 4 minuti e 7 secondi a passo sostenuto giunse al castello.

Attraversò la ghiaia del viale di cipressi, mentre il fumo del suo respiro andava confondendosi con la nebbia gelida che avvolgeva il parco intorno al castello. L’entrata era imponente, con le possenti colonne di pietra a base quadrata e l’architrave classicheggiante.

Salì i maestosi gradini di marmo contando mentalmente: Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette. Estrasse la tessera e la infilò nell’apposita macchina davanti ad il portale di metallo. La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte, poi il monitor della macchina si accese e il signor Massa lesse: Benvenuto, Signor Massa, questo è il Suo miglior tempo del mese! Oggi ha diritto a prendere l’ascensore dei Diligenti. Segua le indicazioni, prego, e che la lena sia con Lei!

Dopodiché con una specie di rutto la macchina sputò la tessera e la luce del monitor implose in un quadrato nero. Il signor Massa vide il portale di metallo aprirsi elettronicamente, lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise sull’attenti.

Entrò. L’interno era un vasto atrio quadrato, poco illuminato da alcune lampade ad imbuto capovolto poste sul soffitto altissimo. Le pareti spoglie, dipinte di grigio scuro.

Il signor Massa si guardò intorno. Davanti gli stavano quattro scale, accanto ad ognuna un ascensore con le porte di quattro colori differenti. Iniziando da sinistra: verde, giallo, rosso e nero. Non sembrava esserci anima viva.

Il Signor Massa si tolse il cappello, ché la tesa gli faceva ombra e gli occultava la già poca e preziosa luce.

Sulla sinistra vide quella che sembrava essere una portineria. Era un parallelepipedo di metallo con una finestra al centro, chiusa da una saracinesca. Il signor Massa vi si avvicinò e vi girò intorno per trovare un campanello o una porta dove poter bussare. La portineria sembrava sigillata come una scatola di sardine, eppure la macchina gli aveva detto di seguire le indicazioni, quindi le indicazioni dovevano esserci, ma dove? Fece un altro giro intorno alla scatola di metallo senza successo.

Guardò l’orologio. Fra poco i 7minuti e 7 secondi sarebbero scaduti e non sarebbe servita a niente tutta la puntualità di poco prima.

Massa si asciugò la fronte con il palmo della mano, cercò di calmarsi e respirò profondamente due volte.

Lui, il signor Massa, che arrivava in ritardo! Ma dove si era mai vista una cosa così?! Lui che non era mai arrivato neanche puntuale ma sempre in anticipo. Che disonore! Però, in fondo, non era colpa sua… E mentre lo pensava, già lo coglievano sensi di colpa atroci per aver cercato di disfarsi della propria responsabilità.

Guardò di nuovo l’orologio: 2 minuti e 17 secondi di ritardo.

Dalla rapa non si cava sangue Pensò.

Si avviò verso gli ascensori. La macchina aveva detto di prendere l’ascensore dei Diligenti, ma quale sarebbe dovuto essere?

Rimase davanti alle porte degli ascensori guardandole una dopo l’altra e cercando un segno che potesse illuminarlo. Niente. Le porte erano tutte uguali e quei colori non gli dicevano niente.

Per non sbagliare, prenderò le scale! Pensò. Sì, ma quale delle quattro?

Si decise senza una logica per la prima. Imboccò la scala. Dopo la seconda rampa la scala iniziò a diventare sempre più ripida e stretta. Sui pianerottoli che univano le rampe non c’erano né porte né finestre, e l’illuminazione al neon lampeggiava fastidiosamente, tanto che il signor Massa per un momento ebbe un capogiro e dovette afferrarsi forte al corrimano della scala.

Alla quarta rampa, la luce ebbe un sussulto maggiore, un’ombra scura si parò davanti al signor Massa che istintivamente fece un passo indietro. Poi, con un sospiro di sollievo la riconobbe.

Estrasse la tessera e la infilò nell’apposita macchina dal colore indefinito che sembrava grigio.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte, poi il monitor della macchina si accese e il Signor Massa lesse: Signor Massa! Siamo spiacenti nel costatare che non ha seguito le nostre indicazioni. Lei si trova in questo momento in territorio non consentito all’accesso. Oltre a ciò, vogliamo ricordarLe che ha già collezionato ben 17 Minuti e 7 minuti secondi di ritardo. Faccia di necessità virtù, prego.

Il signor Massa allungò la mano verso la macchina e l’appoggiò sull’apposito scanner. Un fulmine partì dalla macchina e attraversò tutto il corpo del signor Massa. L’uomo fu scosso da un tremito e lanciò un grido di dolore per poi cadere al suolo.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte. Massa, alquanto stordito, si alzò sulle ginocchia, abbastanza da poter leggere sul monitor: A causa del Suo ritardo La preghiamo di tornare indietro e di prendere l’ascensore dei Licenziosi. Segua le istruzioni. La lena sia con Lei!

Dopodiché con una specie di rutto la macchina sputò la tessera e la luce del monitor implose in un quadrato nero. Il signor Massa sentì le ginocchia molli, eppure si tirò su, quindi lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise sull’attenti.

Lentamente scese i gradini fino a giungere al punto di partenza davanti alle quattro scale e ai quattro ascensori. Adesso davanti all’ascensore verde stava un cartello: ASCENSORE DEI DILIGENTI.

Com’era possibile che non l’avesse visto prima?

Il signor Massa si arrabbiò con se stesso e per la sua distrazione veramente inscusabile.

E adesso che faccio? Scrutò attentamente angolo per angolo, centimetro per centimetro le altre tre porte degli ascensori cercando di trovare anche un piccolo, microscopico segno che gli indicasse quello giusto. Niente.

Il ritardo continua ad aumentare Pensò, guardando l’orologio con un senso di terrore crescente. Tirò fuori il fazzoletto e si asciugò il sudore gelato che gli correva lungo le tempie.

Allora….giallo, rosso o nero? Mmmmh…..vediamo….

E pensò e ripensò ma non gli venne in mente nessuna logica che collegasse i Licenziosi con uno di quei colori. Chissà perché invece si ricordò di un testo proibito e, pur vergognandosi, si avvicinò alle tre porte e, toccandole alternativamente, pensò: Ambarabà ciccì cocó, tre civette sul comò, che facevano all’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò, ambarabà ciccì cocò! La mano di Massa si fermò sulla porta rossa. Afferrò la maniglia ed entrò.

L’ascensore era stretto e lungo, Massa dovette stringersi la cartellina sul petto per riuscire a chiudere la porta, poi premette l’unico bottone rosso che vi si trovava. Fu lanciato per aria da una forza terribile che quasi lo sollevò dal pavimento. Il signor Massa istintivamente si accucciò proteggendo la cartelletta stretta tra le ginocchia ed il petto e, dopo un tempo che gli sembrò non dover finire mai, con una frenata brusca l’ascensore si fermò. La testa gli girava terribilmente, si alzò lentamente e cercò il cappello senza trovarlo.

Diamine! Anche questo ci voleva, dov’è finito?

Lentamente spinse la porta e si trovò in uno sgabuzzino quadrato.

Estrasse la tessera e la infilò nell’apposita macchina dal colore indefinito, forse grigio.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte, poi il monitor della macchina si accese e il signor Massa lesse: Signor Massa! Siamo spiacenti nel costatare che non ha seguito le nostre indicazioni. Lei si trova in questo momento in territorio non consentito all’accesso. Oltre ciò vogliamo ricordarLe che ha già collezionato ben 47 Minuti e 7 secondi di ritardo. Faccia di necessità virtù, prego.

Il signor Massa allungò la mano tremante verso la macchina e l’appoggiò sull’apposito scanner. Un fulmine partì dalla macchina e attraversò tutto il corpo del signor Massa. L’uomo fu scosso da un tremito per poi cadere al suolo con un gemito.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte. Massa, con una fitta lancinante alla tempia si tirò su a fatica e lesse sul monitor: A causa del Suo ritardo, e dell’impertinenza di essersi presentato a capo scoperto, La preghiamo di tornare indietro e di prendere la scala degli Insubordinati. Segua le istruzioni. La lena sia con Lei!

Dopodiché con una specie di rutto la macchina sputò la tessera e la luce del monitor implose in un quadrato nero. Il signor Massa sentì le ginocchia tremare, quindi lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise a fatica sull’attenti. Rientrò nell’ascensore che, appena la porta si chiuse, scivolò lentamente verso il basso.

La testa gli faceva un gran male, ed il signor Massa provò uno stato di confusione e di disperazione che non conosceva.

Al piano terra spinse la porta ed uscì. Attaccato alla porta dell’ascensore giallo stava un cartello : ASCENSORE DEI LICENZIOSI.

Il signor Massa scoppiò in singhiozzi, e non ricordava di aver mai pianto in vita sua.

Quando riuscì a calmarsi guardò le quattro scale con un senso di disperazione che gli attanagliava lo stomaco.

Invece di dare di stomaco si fece forza e guardò l’orologio. Ormai non era più un ritardo; era oltremodo fuori tempo massimo!

Lui, il signor Massa, aveva perso un appuntamento con l’incaricato generale del bilancio! Che vergogna, che scempio!

Si passò una mano sulla testa cercando con gli occhi, tutt’intorno, il cappello. Niente. Allora si fece coraggio ed imboccò, senza sapere perché, la terza scala.

Questa era stretta e man mano che saliva a spirale andava allargandosi. Alle pareti bruciavano delle torce decorate con decine di gocce di cristallo.

Che illuminazione garbata! Pensò il signor Massa mentre ammirava l’arcobaleno del cristallo.

Alla quarta rampa Massa si fermò.

Un’ombra scura si parò davanti al signor Massa che istintivamente fece un passo indietro. Poi, con un sospiro di sollievo, la riconobbe.

Abbassò la testa e sussurrò: «La lena sia con Voi, Signora Collaboratrice Diplomata dell’Incaricato Generale del Bilancio!»

Estrasse la tessera e la infilò in mano alla donna da un tailleur dal colore indefinito, forse grigio.

La signora fece: «bè, bè, bè» esattamente tre volte, poi disse: «Signor Massa! Siamo spiacenti nel costatare che non ha seguito le nostre indicazioni. Lei si trova in questo momento in territorio non consentito all’accesso. Più precisamente nel reparto scala dei dirigenti. Oltre a ciò, vogliamo ricordarLe che lei è colpevole di essersi presentato a capo scoperto. Il Suo ritardo di 77 Minuti e 7 secondi vìola l’articolo GGG 437 paragrafo GGG777. Faccia di necessità virtù. Mi segua prego».

Massa avvertì come un tuffo al cuore tuttavia seguì la donna sempre con gli occhi bassi. Nelle tempie era come se gli stessero battendo dei chiodi e nei polmoni fluisse piombo liquido.

Seguì la donna lungo un corridoio in penombra che concludeva su una porta. La donna gli fece cenno di entrare: «La lena sia con Voi!» e gli porse la tessera che Massa prese con delicatezza. Senza aspettare la risposta di Massa, la Signora Collaboratrice Diplomata dell’Incaricato Generale del Bilancio si voltò e se ne andò.

«La lena sia con Voi!» Sussurrò Massa fissando la porta.

Il signor Massa sentì le ginocchia che stavano per cedere, quindi lasciò scivolare la tessera nel taschino della giacca sotto l’impermeabile e si mise con grande sforzo sull’attenti.

Spinse la maniglia e si trovò davanti la macchina. Questa volta però dovette alzare gli occhi per poterla abbracciare tutta nel suo campo visivo. Si elevava maestosa almeno un metro al disopra del suo capo, all’interno del monitor lo guardavano due occhi virtuali enormi.

Estrasse la tessera e la infilò nell’apposita macchina dal colore indefinito, forse grigio.

«La lena sia con Voi!» Disse Massa.

«Troppo tardi, troppo tardi, troppo tardi!» Fece esattamente tre volte una voce da controtenore.

«Avete qualcosa da dire a vostra discolpa, prima dell’esecuzione?»

A Massa le parole uscirono così, senza neanche pensarci.

«Sì, Vostra Signoria. Io…io…sono innocente…..le indicazioni….con ciò non voglio mettere in dubbio la precisione o…o l’invulnerabilità delle vostre indicazioni, ma….»

Un lampo passò attraverso gli occhi virtuali.

«Cioè……consentitemi……io non ho visto le indicazioni che…»

«State insinuando di non aver avuto le indicazioni necessarie e che non fossero tantomeno precise, Signor Massa?»

«Eh, sì, per l’appunto, assolutamente nessuna….e…»

«Certo che non avete ricevuto nessuna informazione». Disse la voce tranquilla.

«Come?!»  Disse Massa sbigottito. «Mi state dicendo che non ho commesso errori?»

«Non ho assolutamente né detto né inteso ciò. Voi avete commesso un grandissimo errore, ma non inerente alle indicazioni».

«Non capisco, Vi prego di aiutarmi».

«Ma certo! Pensate che siamo tanto inumani da non svelare la ragione della condanna prima dell’esecuzione? Per chi ci prende, dica? Non siamo mica bestie, sa?»

«Chiedo scusa».

«Adesso le farò vedere il motivo della Sua accusa, la prova della Sua colpevolezza, la ragione della Sua condanna. Tutto ciò che è successo all’interno di questo edificio è stato un esperimento per verificare il Suo grado di perversione e la Sua pericolosità per la nostra società. Caro il mio signor Massa, noi la teniamo d’occhio già da un bel pezzo,

sa?».

«Ah, veramente?! Che onore… ». Mormorò Massa.

«Ma, veniamo al sodo. Ecco il motivo, la prova e la ragione della sua condanna».

Detto questo la macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte.

Sul monitor sparirono gli occhi virtuali ed apparvero alcune riprese del signor Massa in momenti diversi della giornata. Uscendo da casa, andando alla fermata dell’autobus, tornando dal lavoro. Accanto ad ogni registrazione apparivano la data e l’ora del misfatto.

In ogni registrazione si vedeva chiaramente il signor Massa mentre saltava, per evitare le pozzanghere, come se stesse giocando a campana. Dopo una trentina di registrazioni video, l’immagine scomparve e tornarono gli occhi virtuali. La stessa voce calma di controtenore disse: «Ha visto? Ed a ulteriore conferma della irreparabilità della Sua degenerazione, guardi qui!»

Sul monitor sparirono gli occhi ed apparve di nuovo il signor Massa che, con l’indice, toccava a turno gli ascensori del piano terra cantilenando: «Ambarabà ciccì cocó, tre civette sul comò, che facevano all’amore con la figlia del dottore, il dottore s’ammalò, ambarabà ciccì cocò!»

Massa scoppiò in singhiozzi.

«Ma non può essere, non è possibile, io l’ho soltanto pensato! »

Gli occhi tornarono sul monitor: «Vuole forse farmi credere che non Le è nota la pericolosità del pensiero? Che Lei non sa che tra pensare e fare non c’è alcuna differenza sostanziale?»

Massa annuì tirando su col naso.

«Bene, vedo che è conscio del suo misfatto e della pericolosità che gente come Lei rappresenta per la nostra società. Voglia adesso accomodarsi nel reparto delle

Esecuzioni capitali».

Massa si asciugò gli occhi con il palmo della mano, poi estrasse la tessera e la infilò nella macchina.

La macchina fece: «bzz bzz bzzz» esattamente tre volte.

Nella parte inferiore della macchina si aprì una porta giusto dell’altezza di Massa. L’interno era buio.

«La lena sia con Voi! » Disse la voce virtuale.

«Am blem blèm sicutera blèm, pigliati uno schiaffo Madam Dorè, yuppa yuppa ìa nella vecchia fattoria, tocca a star sotto proprio a te! Uno,due,tre e vaffanculo te! »

Rispose Francesco Massa ridendo a crepapelle.

Fece la linguaccia alla macchina ed entrò nel reparto delle esecuzioni saltellando su un piede solo, come se giocasse a campana.

Francesco Massa pensò che la macchina avesse ragione, tra pensare e fare non avrebbe dovuto esserci alcuna differenza sostanziale.

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