Il protocollo dello scemo di Siena

by Enrico Ciccarelli

Ci sono diverse ragioni per le quali auspico che questo professore dell’Università di Siena che si è distinto per tweet apertamente filonazisti e antisemiti sia cacciato a pedate dall’Ateneo e che gli venga impedito a vita di mettere piede in una qualsivoglia istituzione accademica pubblica.

Esprimo una ripulsa e una ripugnanza così totale nei suoi confronti che mi rifiuto di farne il nome, perché penso che lui e tutti quelli della sua schiatta vadano seppelliti nell’oblio e nella damnatio memoriae. E tuttavia, fra le molte ragioni etiche che militano a sostegno del mio auspicio non sono le foto del Fuhrer e gli usurai nasoni a indignarmi particolarmente.

Ad essere davvero aberrante è –mi pare- il tweet nel quale, a proposito dei Protocolli dei Savi di Sion, scrive “Ciò che importa non è sapere chi siano i veri autori del documento, perché potrebbe davvero trattarsi di un ‘falso’ in senso tecnico, ma la domanda: i fatti descritti in esso sono falsi o sono veri? Dal momento che quanto accade oggi nel mondo è la prova evidente che sono veri.”

Perché questo tweet è particolarmente inaccettabile? Innanzitutto per la sua abissale prova di ignoranza. È inconcepibile che un docente universitario revochi in dubbio o consideri ipotetica una falsità conclamata come quella del libello che da grosso modo centovent’anni descrive il “progetto segreto” degli Ebrei per conquistare il mondo.

A parte le evidenze storiche che attribuiscono all’Okrana, la polizia segreta dello Zar, la costruzione farlocca del libello, e tralasciando il minuzioso ed erudito “Cimitero di Praga”, il romanzo di Umberto Eco in cui è narrata la genesi dei Protocolli e quali ascendenze abbiano avuto, esiste, per questo e altri deliri cospirazionisti, il problema della terribile, melensa, puerile identità del copione.

Ve lo riassumo: c’è un gruppo potentissimo di cattivoni dalla varia identità (i massoni, i savi di Sion, gli Illuminati, i Rettiliani e così via) che per brama di dominio o semplice malvagità vuole distruggere il mondo colpendone l’identità. Questa catastrofe si ottiene devastando le nazioni, combattendone i confini; annichilendo le religioni, esaltando l’esistenza secolare anziché quella ultraterrena; persuadendo gli esseri umani all’immoralità e alla prava libidine.

Secondo una linea di pensiero che va da Papa Mastai Ferretti e il suo Sillabo fino a Juius Evola e Giorgia Meloni (ma con presenze insospettabili come quella del Mahatma Gandhi), questa pretesa cospirazione ha il semplice nome di modernità, e viene denunciata nei suoi aspetti tecnologici, politico-culturali, estetici, antropologici.

L’idea che la modernità sia agita da un ristretto gruppo di individui perversi, che i comportamenti umani siano eterodiretti da oscuri burattinai è una comoda e perpetua scorciatoia della paura del cambiamento. Che non si pone alcun problema rispetto alla curiosa circostanza che questi presunti malvagi, impareggiabili manipolatori e provvisti di immensi poteri e immense risorse, sentano il bisogno di stilare un manualetto per fare sapere come qualmente agiranno per la distruzione delle famiglie, delle società e del genere umano.

Onestamente, ci può credere solo un fondamentalista (e non è un caso che i Protocolli godano di una residua popolarità solo nei regimi islamisti). E un professore universitario, per scalcagnato che sia, non può essere un fondamentalista, per la contraddizïon che nol consente. Il fondamentalismo non insegna; ammaestra. Non educa al dubbio critico, ma alle tetragone certezze del fanatismo.

Nel tweet che ho citato c’è tutto un mondo: per l’ineffabile docente il tema non è capire se I protocolli dei savi di Sion siano effettivamente attribuibili ai Savi di Sion: la realtà dei fatti, cioè i fenomeni del contemporaneo, la globalizzazione economica, l’omologazione degli stili di vita, dimostrano che il complotto è reale e tangibile.

Naturalmente l’ipotetico nemico di tali imperscrutabili mostri non lo dice in segreto al confratello dell’Ordine dei Cavalieri della Vera Fede, in una tenace setta di irriducibili che non cedono agli inganni dello Zeitgeist. No, lo scrive in un social network globalizzato (uno dei primi), in uno di quei reticoli agerarchici in cui l’ipermoderna orizzontalità della Rete batte e travolge l’arcaica struttura piramidale del sapere.

È spesso questa la contraddizione irrisolta di una certa destra: la ricerca degli antichi percorsi sapienziali, dell’ascesi, del sottrarsi, la rivendicazione evoliana della rivolta contro il mondo moderno sono frequentemente uniti alla più atroce volgarità, ad una popolanità plebea intrisa di becerume, in cui la Patria, e il Sangue e il Destino sembrano tradursi in Sagre della Porchetta e malandate balere con l’orchestrina sfiatata.

È questo che in tutta sincerità non riesco a perdonare all’indegno nazista di Siena. Non solo indegno di avere giurato sulla Costituzione Repubblicana, ma anche del tutto fuori posto nella città che ha inventato i regolamenti edilizi, che a Piazza del Campo ha realizzato un insuperato miracolo di equilibrio estetico, architettonico e orografico, che ospita le allegorie di Ambrogio Lorenzetti.

È insopportabile che questo faro di civiltà sia oggi teatro del Protocollo dello scemo di Siena. Che non racconta un complotto, ma la triste condizione umana di chi ai complotti crede. A scapito della propria intelligenza, della propria dignità, dei propri doveri.

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