Invidia e gelosia di chi parte e chi resta

by Roberto Pertosa

Invidia e gelosia sono le parole più utilizzate, miseramente e tristemente ricorrenti, negli svariati e pregni commenti dei “sostenitori a numero chiuso” del duo Pio&Amedeo, i quali si concentrano tutti, nella loro trionfante pochezza, nei vari post dei social network che trattano di loro, come esponenti di quella zona buia della società, priva di futuro.

Chi possiede un briciolo di senso estetico, nonché di senno, non credo debba trattare l’argomento, ma in realtà risulta piuttosto esilarante farlo, in quanto suscita gli istinti primordiali degli adepti, esternati con imbarazzante enfasi e un, a dir poco, comico campanilismo, ed è certamente questo l’aspetto antropologico più interessante.

I due quotatissimi attori protagonisti si sono già abbondantemente manifestati per quello che sono nelle loro precedenti esposizioni televisive, e non possono certo mostrare molto altro di quello che sono in realtà in questa loro nuova esperienza cinematografica, ossia la costante rappresentazione dell’incultura e dell’insipienza, l’assenza del principio dell’opportunità e del diritto del merito. E gli ignari non possono certo rinsavirsi, restano tali nella loro mediocrità espressiva e imbarazzante inezia argomentativa, in una avvizzita e molesta legge del contrappasso che in tali manifestazioni genera episodi che vanificano la storia del cinema italiano, svilendo una recuperata attendibilità acquisita negli ultimi decenni.

Per quanto riguarda i dati relativi alle presenze di pubblico, credo che tale “fulminante” exploit si limiterà presumibilmente solo ai primi giorni di proiezione del film, nel corso dei quali tutti gli “inguaribili estimatori”, eterni intellettuali incompresi, si precipitano di solito in massa, come in un inconsapevole bisogno estremo di sentirsi parte di un gruppo di appartenenza, una sorta di “esercito di Franceschiello”, apparentemente numeroso ma solo perché chiassoso e fastidiosamente ingombrante, a immagine e somiglianza dei due gloriosi condottieri.

L’onda non sarà lunga. Sono solo protagonisti di un “successo” a scadenza, espressione di una preoccupante involuzione dei tempi, ormai fin troppo banali per essere ancora attraenti anche da un punto di vista sociologico. La sbalorditiva macchina mediatica messa in atto, soprattutto in quei contesti geografici capaci di assorbire come spugne inesauribili il “verbo”, è destinata a perdere progressivamente la sua forza motrice.

È sempre vero che la vergogna è l’emozione dell’autoconsapevolezza…

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