La mia bici si rifiuta di andare

by Roberto Pertosa

L’oligofrenia dei nostri “governanti” è drammaticamente senza limiti.

Le fallimentari iniziative, degne dei più sprovveduti del mondo, tristemente derise da chi possiede un briciolo di cognizione di causa, risultano inverosimilmente da esempio da perseguire da chi è ancor di più, se possibile, sprovvisto di intendimento.

Abusivi della rappresentanza, mandanti di omicidi premeditati della sostenibilità, termine usato da costoro come una mannaia assassina.

Ma la mia bicicletta ora si rifiuta di andare!

Per comprarla ho dovuto pianificare rinunce, gestire i miei risparmi, affrontare sacrifici.

È bianca, come ho sempre sognato di possederla, e ha cambio Shimano 105 34/50.

Grazie a Lei, la bici, e, ovviamente, grazie alla mia naturale costituzione fisica, ho costruito scientificamente il mio splendido fisico scultoreo, per il quale le donne sono state disposte, negli anni, e lo sono ancora, a commettere le più inenarrabili follie.

La bici significa per me libertà, potere, quella punta di strafottenza che mi contraddistingue, e che si amplifica notevolmente solo quando sono in sella.

Io amo andare in bici, e la mia passione non si esplicita certamente nello scorrazzare cavalcandola alla bersagliera, alla maniera di Fantozzi, chiuso in un gregge di pecore, e scampanellando ripetutamente per attirare l’attenzione.

La mia passione è introspettiva, e bramosa di luoghi urbani a misura d’uomo, e che inniettino felicità.

Orbene, in una città dove tutti sono presidenti di qualcosa, e non si sa cosa, dove gli stolti senza né arte né parte si atteggiano a personaggi di rilievo, dove i geometri si “occupano” di restauro, dove i consumati tricicloamatori sono esperti architetti e urbanisti, nonché espertissimi di piste ciclabili e noti “consulenti” neutrali di disinteressate iniziative progovernative, dove i posti di “comando” sono assegnati spesso ad analfabeti, e dove coloro i quali dovrebbero reagire non si espongono perché succhiano interesse dallo stato di cose, si finisce per assegnare ai classici “utili idioti” l’opportunità di incidere e decidere tramite insulse e dannose iniziative, difendendo a spada tratta tutto l’indifendibile, perfino con riferimenti ad altri contesti urbani che, quando citati, danno la sgradevole sensazione di paragonare un escremento di cane dipinto di azzurro al luminoso riflesso dello specchio d’acqua della baia di Elafonisi.

E mi sorprende ancor di più che qualcuno possa arrivare a elemosinare, perfino sui social, opinioni, proposte, magari anche progetti esecutivi, assalito dalla disperazione della propria inadeguatezza, e di quella dei suoi pupilli, ma perseverando comunque, avvolto dal buio della propria incompetenza, dissolvendo come neve al sole qualsivoglia indicazione.

Per convincere i cittadini a usare la bicicletta come mezzo di trasporto ci vuole ben altro che la semplice “consulenza” di un cicloamatore, o le iniziative di “governanti” dell’ultima ora, prive di cognizione, e ovviamente senza alcuna visione.

Gli Architetti, quelli veri, si relazionano sempre con i fruitori dell’opera, e non certo lavorando nell’ombra e organizzando incontri tra “architetti” Carbonari. E hanno infiniti strumenti da vendere per affrontare le infinite problematiche, e risolverle mettendo in campo saperi diversi.

Questo è l’ultimo mio commento. Non scriverò più di piste ciclabili. Ho perso interesse in qualcosa in cui l’essenza insulsa e pacchianamente deficitaria è stata già abbondantemente portata alla cronaca.

Lascio il compito della protesta a quegli ignari cittadini che tutto ingoiano e tutto accettano, nell’assoluta indifferenza e, anche se giustificabile, incompetenza.

Ma chi vive di superficialità impedisce a se stesso di conoscere la realtà nei suoi aspetti più complessi, e il più delle volte è pienamente inconsapevole di quanto li circonda.

Non meravigliatevi se poi vi accorgerete di avere il numero 105, che non è il mio cambio Shimano, dietro le maglie della vostra squadra del cuore.

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