Leggete un buon libro

by Francesco Berlingieri

Lavarsi spesso le mani, evitare assembramenti e, soprattutto, restare a casa.
A tre settimane dal paziente uno di Codogno, il mantra dovrebbe essersi fissato in maniera stabile nei nostri crani reticenti. Del resto, siamo pieni di vip che ci videomessaggiano e di contatti social che ci danno suggerimenti su cosa fare. Stare con la famiglia, accudire i bambini, guardare una serie, finire tutti assieme quel famoso puzzle del castello di Neuschwanstein. Ma la proposta più gettonata del momento resta: “Leggere un buon libro”.
Ora, a prescindere da quanti buoni libri abbiate in casa, io – da libraio – faccio altre considerazioni che, ho avuto modo di appurarlo, sono condivise da altri nella mia stessa condizione.

Fate attenzione!

Non si possono fare nomi, ma una buona parte di quelli che consiglia di leggere buoni libri l’ho vista entrare in libreria senza essere minimamente sfiorata dal brivido degli scaffali, o dei banconi, o dei volumi schierati di dorso come un esercito che non attende di meglio che essere passato in rassegna. Giuro. Come se io entrassi in una rivendita di whiskey, o di maglie storiche del Foggia calcio, riuscendo a rimanere insensibile, impassibile e distaccato, recandomi al bancone per fare due chiacchiere col negoziante o chiedergli un contributo per una start-up.

Avviene molto più spesso di quel che immaginiate.
Perché tutti ambiscono a fregiarsi dell’onorifico titolo di intellettuale.
Ma, per sfortuna di tanti, il libro è oggetto indispensabile nell’arsenale dell’intellettuale.

Se, invece dei libri, servissero competenze in illuminotecnica, alla domanda: “Cosa fare in quarantena?”, i medesimi soggetti risponderebbero: “Installare pannelli di lampade Oled”; servissero rudimenti di cerealicoltura, consiglierebbero di coltivare segale o farro.
Ma purtroppo servono i libri. Non solo. Servono citazioni, fotografie, copertine. Serve testimoniare che l’intellettuale paura non ne ha, ed è lì, sul divano, sdegnosamente ignaro di Netflix, a dare la botta finale all’Uomo senza qualità o all’Ulisse.

Sono teneri, alla fine. Siamo noi ad essere perfidi.
Perché voi, cari amici intellettuali, quando entrate in libreria sottovalutate un aspetto: gli occhi di chi vi segue. Attenzione! Non siate imprudenti, non siate superficiali! In ogni libreria c’è una creatura misterica che vi ascolta e asseconda le vostre autobiografie, le vostre critiche, i vostri pettegolezzi, ma che non smette un attimo di osservarvi, di “pesarvi” e, di conseguenza, di giudicarvi. I librai – come i ciechi nel libro di Sabato – sono la vera massoneria che governa il mondo. Noi vi teniamo d’occhio. Noi vi sappiamo. Noi confrontiamo i vostri percorsi, conosciamo le vostre fissazioni. E ne parliamo tra di noi. Crudelmente: “Oh, oggi è venuto Tizio. È stato mezz’ora e non ha preso niente. Da quanto tempo non compra da te? Lo sapevo. Pace e fraternità”.

Perché è così che va. Il ragazzino, la giovinetta, lo studente universitario, il buon padre di famiglia, il meccanico, il lettore di best seller e quello che si fa incuriosire da Augias o da Paolo Mieli; quelli sono clienti a posto, esclusi dal chiacchiericcio esoterico. Siete voi, intellettuali ed artisti, viveur e bohemien, poeti in erba e drammaturghi non pubblicati, il nostro argomento preferito.

Già normalmente. Immaginate adesso, che vi vediamo in video consigliare: “Un buon libro” come soluzione alla peste: il Decameron, L’amore ai tempi del colera, la Colonna infame.

Hai sentito? Sì.

L’unica scappatoia che vi concediamo è che ci avete risposto così tante volte che avete “tanti di quei libri da leggere a casa”, che non ci resta che sperare che questa pestilenza sfoltisca la vostra pila sul comodino.
Se così dovesse essere, se l’intellighenzia chiacchierona dovesse esaurire un po’ di scorte e ricominciasse a comprare, aspettatevi un boom nel mercato del libro.

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