Natale 2020: custodire la speranza e “dare testimonianza alla luce”. Anche contro il Covid

by Anna Maria Giannone

…Ogni cedimento al malumore, al nervosismo, all’inquietudine, all’amarezza; ogni mancanza di calma, la verbosità di discorsi vuoti, la voglia di discutere sempre, la curiosità, la dispersione nella molteplicità delle cose, l’instabilità di decisioni nella vita. Sono tutti segni di non speranza.

Carlo Maria Martini

Mi è capitato, una o due settimane prima del nostro Natale in zona rossa, di aiutare a distanza, così come la nostra vita è relegata da marzo causa Covid, il figlioletto di mia cugina alle prese con il commento di una poesia di Gianni Rodari, intitolata Speranza.

Se io avessi una botteguccia

fatta di una sola stanza

vorrei mettermi a vendere

sai cosa? La speranza.

“Speranza a buon mercato!”

Per un soldo ne darei

ad un solo cliente

quanto basta per sei.

E alla povera gente

che non ha da campare

darei tutta la mia speranza

senza fargliela pagare.

Una delle tante poesie positive del repertorio di Gianni Rodari, che ricordiamo è stato un giovane partigiano negli anni della Liberazione dal Nazifascismo. In tanti suoi componimenti fa emergere, nella sua grammatica della fantasia, uno spirito che potremmo definire, in maniera irriverente, cattocomunista.  

In questo ambito culturale sono da leggersi le sue tante strofe per i poveri, i piccoli bambini sfortunati del mondo, quelli che non hanno niente contro quelli che hanno tutto, giocattoli, amore, ricchezza. I bambini poveri hanno meno delle bambole e dei bambolotti dei figli dei ricchi.  

Anche la poesia Speranza si inserisce in quel filone. In un Natale che già negli anni sessanta e settanta del dopo boom economico era consumistico pieno di regali e roba da comprare, Rodari in un negozietto (la botteguccia) piccolo (che fa da contrasto ai grandi magazzini che stavano sorgendo, pensiamo alla Rinascente dell’epoca, Standa Upim) non venderebbe oggetti, ma sentimenti e tra questi la Speranza. La speranza che è afflato verso il futuro, sguardo rivolto in avanti. Si ha speranza quando ci auguriamo che qualcosa accada, che qualcosa cambi. Che tutto vada per il meglio. Che le cose possano migliorare. La speranza tiene vivi i nostri desideri che altrimenti morirebbero nel buio della tristezza.

Nella poesia Rodari dice che ne venderebbe tanta a chi la chiede, almeno per 6 volte il necessario. Questo perché forse c’è bisogno di speranza e di ottimismo in sovrabbondanza per vivere.

Per chi è povero appunto, chi non ha da campare, chi non sa come vivere, la speranza non va fatta neppure pagare, è gratis come a dire che i poveri possono essere solo speranzosi, dato che nulla può andar peggio di come va già. I poveri devono vivere con ottimismo e la vita per loro deve essere libera, gratuita. Nell’ultima strofa si può anche intravedere una ideologia quasi calvinista del cristianesimo: la grazia divina è gratuita. Come la speranza.

Ecco in questo Natale pandemico, con poche botteghe, con pochissimi brindisi se non intimi, con pochi diversivi, senza viaggi, senza spettacoli, consumi, orpelli, senza pettole&champagne esibiti, la Speranza è diventata centrale. Tanto centrale che si sono diffuse gif e immagini di ogni tipo, come quella col Bambinello con la mascherina come culla e la scritta: Custodiamo la Speranza.

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio”, ha ribadito Papa Francesco all’Angelus citando le Scritture.

Le sue parole contro il naufragar depressivo e la tendenza a commiserarsi mi hanno colpito molto.

“Chi ha un bimbo piccolo, sa quanto amore e quanta pazienza ci vogliono. Occorre nutrirlo, accudirlo, pulirlo, prendersi cura della sua fragilità e dei suoi bisogni, spesso difficili da comprendere. Un figlio fa sentire amati, ma insegna anche ad amare. Dio è nato bambino per spingerci ad avere cura degli altri. Il suo tenero pianto ci fa capire quanto sono inutili tanti nostri capricci; e ne abbiamo tanti! Il suo amore disarmato e disarmante ci ricorda che il tempo che abbiamo non serve a piangerci addosso, ma a consolare le lacrime di chi soffre”.

Nel Vangelo di oggi Giovanni è chiamato a testimoniare la Luce.

“Dare testimonianza alla Luce”.

Si può essere cristiani o non, ma mai come in questo momento, nella lotta contro un virus che minaccia la specie e quanto di più profondo abbiamo costruito come essere umani, a cominciare dalla nostra conquista di una vita lunga, sana, scevra dal bisogno, siamo chiamati, anche come generazione, a testimoniare la vita per la vita. La nascita, l’esserci.

È nella luce che siamo noi stessi.   

Perché la notte, come ci ricorda Eduardo, finisce sempre.

L’alba dentro l’imbrunire va solo cercata con una convinzione di fede laica e non. Sperando.

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