Eravamo alla fine della prima settimana della quarantena. Da giorni ero dipendente dalle notizie perché sapere mi placava, almeno in parte, l’ansia del non poter governare quello che stava accadendo. Ad un certo punto una sera vedo in tv un medico di Bergamo, con il viso scavato dai solchi dei presidi sanitari indossati troppo a lungo che, intervistato a fine giornata, dice: “il fatto è che qui non solo si muore, ma si muore da soli e soffocati dopo atroci sofferenze”.
Subito una lama mi si contorce dentro lo stomaco. Entro nel panico. La notte passa a segnare le ore! Come si fa a dormire? Avendo una certa età, avevo già messo nel conto di morire. E, quando, raramente per la verità, mi era capitato di pensarci, lo avevo fatto in maniera abbastanza serena. Sempre riconoscente alla vita che mi ha dato tanto! Ma questa morte da sola, senza mio figlio, i miei affetti, mi ha gettato subito nella disperazione totale. l giorni successivi sono passati lenti, molto lenti, quasi immobili. Cura personale azzerata tanto nessuno/a mi avrebbe sorpresa. Ho passato così giorni e giorni in apnea, concentrata solo sul pensiero dominante. Ho provato anche, per la verità, a distrarmi con la lettura. Le riflessioni sulla quarantena abbondano in questo periodo sulla stampa e sul web. Ho trovato però, soprattutto luoghi comuni di persone famose che benevolmente volevano aiutarci a superare la paura e il disagio del confinamento a casa. Quei consigli volontaristici e gli appelli andrà tutto bene avevano su di me l’effetto contrario. Anzi, a dire il vero, non capivo proprio e piuttosto mi infastidivano, i canti e i balli sui balconi perché non comprendevo come si potesse cantare davanti a quel rosario giornaliero di vittime.
Poi, per caso, una domenica mattina, mi è venuta incontro un’intervista a Rai Radio 3. A parlare era stata chiamata Chandra Livia Candiani autrice singolare di un testo singolare: Il silenzio è cosa viva.
La Candiani ha iniziato a rispondere con una voce esile, quasi infantile, ma ferma, molto serena. Mi ha colpita soprattutto il fatto che Chandra si muoveva nei ragionamenti con una sicurezza insieme lieve e potente come se sapesse già come sarebbe andato a finire quello che ci stava succedendo. Il suo, però, non era il tutto andrà bene, che non mi era mai bastato dall’inizio. Soprattutto sentivo che non aveva paura. Come se il virus non l’avesse sorpresa. Non solo, mano mano che Chandra rispondeva alle domande, mi accadeva un fatto strano. Le sue parole lievi accendevano delle piccole luci. O almeno io ho incominciato a sentire dei piccoli punti luminosi che si accendevano dentro di me fino a smuovere, ad un certo punto, il mio sguardo Oltre la fissità in cui ero ferma da giorni.
Proverò qui a ricostruire la luce di quei punti luminosi che lei ha acceso nel mio percorso.
Stiamo vivendo nelle nostre case una solitudine oppressiva. Smisurata per alcuni/ alcune. Soprattutto le persone sole soffrono per la mancanza di contatti familiari e degli amici ossia il tessuto relazionale quotidiano fino ad un mese fa. Perciò la prima domanda che il giornalista pone a Chandra è: cos’è per lei il silenzio, la solitudine. Come sta vivendo questa quarantena”?
PRIMA LUCE: LA SOLITUDINE COME FONTE
Ed ecco che si accende la prima luce. LA solitudine è una fonte – afferma sicura Chandra – è “un luogo fertile da cui posso ascoltare il mondo. A cui torno perché se non torno mi perdo”. E ancora “nella solitudine ascolto il silenzio. Solo nel silenzio mi risuona la poesia”. Anch’io con la tarda età ho imparato ad ascoltare il silenzio. Potrei dire che il silenzio è il regalo della mia solitudine. La pratica del silenzio affina la comunicazione, ci insegnano le mistiche. Favorisce la relazione intima con sè stessi/stesse fino a toccare le radici della sacralità. La prima luce irradiata dalle parole di Chandra ha, da subito, un effetto benefico su di me. Con l’angoscia degli ultimi giorni avevo infatti dimenticato che la quarantena mi aveva autorizzata a concedermi uno spazio inaudito. Non lo avevo voluto ammettere nemmeno a me stessa fino in fondo, ma ero contenta di questo tempo che sospendeva la corsa al fare e al dire. Stavo bene. Potevo distendere i miei pensieri ed organizzare finalmente le riflessioni frammentarie scritte velocemente qua e là in appunti provvisori. Potevo riprendermi il tempo per me! Finire persino quel libro impegnativo sugli equivoci dell’amore! Alle chat si poteva rispondere in maniera selettiva per condividere gli affetti e le notizie. Gli impegni erano tutti rimandati via skype ogni tanto. Questa la mia inconsapevole festosità che era sparita di colpo dopo aver sentito le parole del medico di Bergamo.
“Nel silenzio” continua Chandra nell’intervista. “ imparo soprattutto dalla natura. Osservo gli animali. Mi colpisce come gli animali sanno stare soli insieme. Gli animali ci insegnano molto. Bisogna rivolgere lo sguardo verso di loro. Essi sanno stare soli insieme agli altri. Stare soli insieme crea legami sottili molto profondi. Ora loro stanno tornando nelle città perché noi siamo arretrati . La nostra presenza nel mondo è prepotente. Toglie trasparenza, luce. Dunque levarsi, come sta accadendo non è così negativo per il creato”.
“La solitudine va ascoltata: è una presenza carica di altre presenze. -dice Chandra- Non è vuoto. E’ una presenza carica di tanto . . . É un stare con sé incontrando gli altri nella memoria. Ci sono fili più sottili delle linee telefoniche. Stare insieme lontani sentendo i fili sottili che ci legano agli altri ci rende consapevoli dell’essenza della relazione che abbiamo con loro”. Si, lo penso anch’io, la solitudine è una postazione discreta che fa vedere di più. La distanza che stiamo mettendo in atto costretti, può aiutarci a riflettere sulle nostre relazioni. Troppo vicini non sempre riusciamo a mettere a fuoco chi ci sta accanto. Soprattutto questo risulta difficile nelle relazioni affettive. L’abbraccio dell’amore e dell’amicizia, che ora giustamente agogniamo, non è sempre limpido. Si crea con/fusione proprio perché c’è fusione con la persona amata spesso legata al bisogno. Ed il bisogno è una forza cogente, dunque non sufficientemente libera. Ben diverso dal bisogno è il Desiderio la cui etimologia ( de-siderum: lontano dalle stelle) esprime già il senso della mancanza. Ossia l’amore come reale possibilità di essere con te anche senza di te. “Quello che tocchi senza afferrarlo si chiama sottile” dice Chandra ripetendo un famoso detto di Lao Tzu. Ecco, allora, forse la lezione della distanza è questa: imparare ad amarci, ad amare senza appropriazione. Imparare cioè ad amare con la logica d’Amore non solo affettiva. “Guardiamo gli animali – dice Chandra – sanno tenere le misure giuste”.
SECONDA LUCE: ABBANDONARSI A
Chandra dice che la condizione dell’abbandono le è venuta incontro invecchiando. Le è capitato di iniziare ” a non avere più la volontà di prendere, ma di lasciare che sia ciò che è”. É vero. Andando avanti negli anni misuriamo sempre meno la realtà attraverso il primato della ragione. Una maggiore libertà ci permette di essere più generosi/generose innanzi tutto verso noi stesse/i e anche verso gli altri/altre. E questa condizione richiede poi di sporgersi ancora di più. “Mi son lasciata andare alla mia incomprensione”, “riconoscendo l’opacità del capire. É come un stare abbandonati non da, ma a . . . ”Anche qui gli animali ci insegnano molto“, dice Chandra.
Penso subito: quanto è vero! Possiamo imparare molto da un gatto che trova sempre l’angolo di sole in cui essere felice. Ecco, si, possiamo imparare l’abbandono dagli animali, entrare in con/tatto con la natura senza prendere niente, senza chiedere niente. Semplicemente stare … ”Lasciarsi cambiare… lasciare che sia la vita a guardarci…Lasciare che faccia lei qualcosa di te”, dice Chandra. Ma, perché ciò accada bisogna fermare le associazioni, le interpretazioni di ogni tipo magiche, descrittive, scientifiche, simboliche. Lasciarsi attraversare dunque. . .accettare che è così . . . che è la Vita.
TERZA LUCE: ASCOLTARE
“La terminologia di guerra non la reggo” afferma Chandra. Penso anch’io dall’inizio che è una prepotenza nominare ciò che sta avvenendo una guerra. “Non è una guerra” diceva un post che ho condiviso ieri su Facebook! Dicendo è una guerra, infatti, si vuole ancora una volta negare il limite davanti al quale ci sta ponendo questa emergenza. Inoltre, chiamarla guerra è un oltraggio ai luoghi in cui la gran parte degli italiani stiamo vivendo in questa fase: l’ospedale e la casa. Allora, parlare in questo frangente di guerra e di soldati mi sembra un insulto. Innanzitutto ai troppi morti. Mi rendo conto, però, che nel mondo non ci sono ancora parole nuove. Non a caso “troppo”, la parola più carica del senso del cercare le cause, è stata nominata solo dai /dalle poeti/poete. Guerra appartiene ad una tela narrativa, meglio ad una logica dominante che legge la realtà attraverso dinamiche basate sui rapporti di forza. Mi pare invece, che sera dopo sera, nello scorrere delle immagini dei Tg, nell’ascoltare i dati dei contagiati, dei guariti e dei morti altre parole hanno mano mano trovato casa, hanno acquistato Respiro e cittadinanza nel nostro sentire comune, nella nostra mente. Sono CURA, SANITÁ PUBBLICA, RICERCA SCIENTIFICA, SOLIDARIETÁ’, COMUNITÁ, ETICA. Si etica, anche questa parola quasi scomparsa e addirittura fuori moda, è tornata a vivere attraverso le testimonianze quotidiane, i racconti del personale medico, infermieristico, del volontariato che, segnato nei volti, ci ha comunicato giorno per giorno la passione, il rischio del lavoro diventato RESPONSABILITÁ di vite umane da salvare. “Capisco chi pensa di darsi energia combattendo il virus”. Dice Chandra: “a me non dà energia combattere il virus”. E aggiunge: “Sta succedendo questo: prima lo vedevamo lontano, ora sta succedendo a noi” . . . Il mio modo è osservare il virus e non odiarlo ” Ecco, ci sta dicendo: è meglio riflettere, ascoltare, cercare di comprendere, pensare ciò che sta accadendo. “Credevamo di essere invincibili. Abbiamo distrutto il pianeta. Tutto questo che c’è ora, c’entra con il prima. Ciò che è accaduto non è accaduto per caso”. Certo, infatti una ragazzina aveva sollevato la questione da qualche anno. Con la sua voce “verginale”, come un’antica figura sacrale, si era scagliata contro i grandi delle Terra rei di averla violata. E la risonanza delle sue parole profetiche è arrivata a tutti giovani del pianeta, in tutto il mondo, ma è stata derisa dal Sistema.
QUARTA LUCE: AVERE FIDUCIA
“Io non ho paura” – afferma Chandra – confermandomi ciò che avevo sentito da subito nelle sue parole. Ed io, a questo punto, incomincio a respirare insieme a lei. “Sono stata tante volte nell’emergenza da piccola e lì ho imparato lo strumento della Fiducia. La Fiducia è un sentimento diverso dalla speranza. É un sentimento molto corporeo. La pratica del respiro ci fa da ponte con la realtà”. “Entra dal mondo esterno nel nostro mondo interiore. Così sento il respiro, entro nel flusso della vita. E, sentendo il corpo vivo, possiamo imparare ad abbandonarci ad una forza vitale che comprende anche la morte”. “Lì si può contemplare la possibilità della morte.Perché la morte va nominata!” Queste ultime parole sembrano proprio dirette a me. Ed io mi faccio prendere per mano. La seguo. La sento vicina. “Posso avvicinarmi a questa possibilità della morte come a qualcosa che non conosco”. E aggiunge: “E, se mi deprime, entro in quel basso, ma poi, pian piano risalgo. Come una formica”. É vero. É capitato anche a me di entrare in quel pozzo. E se è già accaduto può accadere ancora, mi dico. Riprendo a respirare . . . Proverò ad affidarmi a questo sentimento della vita e della morte come Vita. Conosco la fiducia nella Vita. Proverò a partire da qui. Sento intanto che la mia ansia si sta placando . . .
QUINTA LUCE: FARCI GUARDARE
Si parte da una domanda spiazzante. ”Cosa vedono di noi gli animali”? “Per quanto riguarda gli animali selvatici, ora, sta accadendo un avvicinamento involontario” dice Chandra. Molti video che circolano, infatti, lo testimoniano e insieme mostrano la meraviglia di chi riprende. E così scopriamo che gli animali ci guardano. “Penso che noi facciamo un po’ pena agli animali-risponde Chandra alla domanda – la compassione degli animali per noi è grande! Senza fare niente, loro ci accolgono e basta” . Dunque, forse, -io dico-possiamo incominciare a praticare la reciprocità. E permettere loro di farci guardare ci farà entrare in una prospettiva diversa perchè saremo noi ad offrirci al loro sguardo. Forse – mi chiedo – è questo l’arricchimento che possono darci gli animali che vivono ormai numerosi nelle nostre case? Ripensare le relazioni strumentali che abbiamo con loro funzionali in genere a coprire i buchi della nostra solitudine? Possiamo iniziare cioè a stabilire con loro anche relazioni di scambio? Forse si, è possibile – mi dico- accettare il loro sguardo come lente su di noi e il mondo intorno a noi in cambio della possibilità di abbandono che loro ci offrono ogni giorno a piene mani. Chandra afferma che proprio la pandemia dimostra che è venuto il tempo di cambiare Sguardo. Bisogna infatti essere consapevoli che “non solo gli animali ci guardano, ma anche i ghiacciai ci guardano, una rosa ci guarda”, lei dice. Ecco, mi pare di comprendere. Possiamo lasciarci guardare dal creato, dalla realtà che ci circonda. Può accadere. Mi è già accaduto. Mi sono fatta guardare dalla Città di Manfredonia in cui ero vissuta prima in maniera inconsapevole.Ed è accaduto che l’ho sentita e l’ho vista violata e ferita. Ed è lì che mi sono assunta il dolore e la responsabilità della Cura!
SESTA LUCE : LA MEDITAZIONE
“La bellezza, l’amore ci aiutano a rendere vivibile la nostra esistenza, ma la via maestra è la meditazione” afferma Chandra. Ma cosa vuol dire meditare in un tempo come questo? “Faccio affidamento su strumenti umani alla portata di tutti. Sono pratiche di silenzio e solitudine. Basta poco – dice Chandra. Si può fare sempre e ovunque. Basta fermarsi, sentire il respiro, il corpo. Chiudere gli occhi e afferrare il sentire. Sentire ciò che sta accadendo dentro . . . Vuol dire orapermettersi anche la paura . .”. Allora la meditazione è come la preghiera, penso. Madre Celeste Crostarosa ci ha insegnato questo colloquio continuo amoroso con sé di pensieri e propositi da cui scaturiscono le parole che arrivano dalla intimità profonda. Parole vere perchè rivelano il senso della nostra esperienza e insieme spingono Oltre la realtà intorno a noi . Oltre il già detto, il già scritto, il già pensato. Si può pregare sempre, ci suggerisce dalle pagine di Repubblica una monaca di clausura: mentre cuciniamo, mentre facciamo l’amore. E così mi viene da pensare che prima di tutto questo che sta accadendo, non sentivamo più il nostro corpo. “E chi non sente il proprio corpo non può sentire quello degli altri”. dice Chandra. É vero, avevamo di sicuro smarrito la sacralità del corpo. È accaduto senza che ci rendessimo conto. Nelle palestre, nelle gare sportive vendute o comprate e persino nella sessualità senza amore. E il corpo, in questa epidemia, ci ha mostrato il volto che non volevamo mai vedere: l’immagine perturbante della malattia e della morte. Questa volta però riesce impossibile rimuovere dalla mente quei malati rantolanti attaccati ai tubi nei letti degli ospedali. Impossibile cancellare quelle centinaia e centinaia di bare ammassate disordinatamente senza una persona che piange, senza un fiore. Ecco, allora, afferro il senso della meditazione/preghiera: per reggere tutto questo, per poterlo elaborare abbiamo bisogno di un tempo nuovo, di uno spazio nuovo. Di uno spazio sacro direi.E questo spazio sacro di cui abbiamo bisogno è la casa interiore. Solo in questa intimità, infatti, è possibile accogliere tanto disordine e provare pian pian piano a cercare di fare ordine, tentando di afferrare, tra i tanti, quel filo sottile luminoso di un ordine Altro.
SETTIMA LUCE: ACCOGLIERE L’ALTRO / IL DIVERSO
Porsi domande è indispensabile -dice Chandra-. “Cosa so è la domando da cui partire. Solo così mi rendo conto che so quel che sapevo prima . . . So solo quello che ho sempre saputo…” Invece, per potere accogliere, bisogna che io faccia spazio. Debbo creare il vuoto del prima. “E’ difficile accostarsi all’alterità, alla diversità. . . E il virus è il diverso!” E’ vero siamo troppo pieni: di noi, dei nostri quadri, delle nostre certezze. Possiamo iniziare provando a mettere a tacere – sostiene Chandra – il costante, istintivo commento dei pensieri e delle parole su ciò che accade. “Ma è possibile ascoltare solo quando si tollera di non capire”. É fecondo stare in silenzio, fermi, aspettando di capire-dice Chandra- ”Fare delle domande e non precipitarsi a spegnere i fuochi dell’altro, la sua rabbia, il suo dolore.” Invece “ogni volta che vediamo uno star male ci precipitiamo a consolarlo. “Non mi piace la consolazione” afferma Chandra. É spiazzante, certo, ma vero. Alla fine, anche, o forse soprattutto, il gesto di generosità, non fa che mettere al Centro la persona generosa.” Prima bisogna aspettare di ricevere quello che l’altro mi sta dicendo”. Fermarsi allora, non interpretare, non voler capire tutto. Cercare di non avere subito un pensiero che contrasta quello dell’altro “Sostare nel sentire prima di rifiutare . . . sostare per poter ascoltare la diversità dell’altro”. “Lì si apre una zona di vuoto . . . li possono arrivare forme, fili diversi. Può arrivare la misura dell’altro sempre diversa”, dice Chandra.
“Ora non possiamo più toccarci, ma, questo amore sottilissimo, questa responsabilità verso l’altro/altra, mi commuove più di un abbraccio” continua Chandra. “Ognuno è grande al suo posto” afferma un detto sufi. “Chiusa in una stanza mi posso accorgere della libertà che c’è dentro. Allora, penso, ogni vita, anche quella che può sembrare ristretta, ogni vita, ha dentro dei doni ”. “Meditare significa anche inviare aiuti a distanza. Non pacchi, ma benedizioni e auguri. Pensare benedizioni, auguri, preghiere aiuta molto. Il filo sottile è sempre teso tra me e la persona lontana. I fili arrivano se pensiamo col cuore! É poco? quello che posso fare dal mio posto” . . . conclude Chandra. Sentire dunque, pensare con la logica d’Amore Puro come ci ha insegnato Madre Celeste. Ed io sono convinta che, a partire da questa postazione, chi deve scegliere, decidere, farà Opere piccole e grandi che avranno la luce giusta.
OTTAVA LUCE: UN GRANDE RISVEGLIO
Cambieremo? Sarà un cambiamento duraturo? È l’ultima domanda posta a Chandra Livia Candiani. “Certo-risponde- ma non dimentichiamo che siamo gli stessi che eravamo nascosti dietro i cellulari. Siamo quelli che non sanno più parlare con i più deboli”. E allora penso che, per poter cambiare, dobbiamo conservare le riflessioni che ci vengono offerte in questi giorni. “Serve però mettere l’intenzione di farlo e non dimenticare”. Se veniamo ripresi dalla frenesia solipsistica, dal continuo bisogno di appropriazione, di allargamento di noi, il cambiamento sarà impossibile! “Serve toccare le cose sublimi”. Ecco, anche la distanza ci insegna. Ricordiamo l’insegnamento di Lao Tzu: “quello che tocchi senza afferrare si chiama sottile”. “Se tocchiamo afferrando, le cose non saranno sottili!”. Ma ricordiamoci insiste Chandra: “É possibile ascoltare solo quando si tollera di non capire. Si riesce a sostare nella diversità dell’altro se ci consentiamo l’esitazione. Può accadere. “Guardami, dammi fiducia, mi chiede l’altro”. La frequentazione del silenzio crea la Fiducia che lascia essere le cose, gli altri come sono. “Impariamo ancora dagli animali” dice Chandra: “Essi hanno pause, silenzi nei quali digeriscono la realtà. Se ci permettiamo l’indecisione, poi pian piano arriva la Fiducia”. Ecco, si, abbiamo bisogno di acquisire, senza paura, la capacità di vacillare. Per poter vedere dal nostro centro tutta la periferia della realtà con uno sguardo largo, alto, generoso. “Per imparare ad ascoltare l’urlo del mondo e farci qualcosa: l’azione intonata, giusta”. “C’è un flusso che ci porta avanti tutti insieme, non solo noi umani, ma tutto il pianeta verso la vita più grande, ma, per poterlo sentire e vivere, prima, mi devo mettere in un ascolto largo”. Serve la nostra consapevolezza. E il possibile cambiamento può partire anche da una domanda essenziale: cosa è accaduto finora? Il corona virus non viene dal nulla. Il pianeta va custodito e noi non lo abbiamo fatto. É possibile fare qualcosa anche nel nostro piccolo. Con la speranza che non sia troppo tardi. “Il mio sguardo si basa sulla fiducia nella Vita più grande” dice infine Chandra. “Questa è una GRANDE OCCASIONE DI RISVEGLIO!” Mi risuonano infine alcune parole del Nove Marzo 2020 di Mariangela Gualtieri:“ In questo tempo portentoso . . forse ci sono doni. Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo . . ” É potente la terra. Viva per davvero. Anch”’io la sento pensante di un pensiero che noi non conosciamo” e che dobbiamo imparare a nominare e a rispettare come legge la divina!
Mi rendo conto, a conclusione, di aver compiuto un viaggio. Un viaggio interiore. Mi sono fatta prendere per mano da Chandra ed ho seguito le luci che lei ha acceso nelle tenebre di quei giorni. Mi sono fidata. E so, per esperienza, che questo accade ciò che si ascolta è realtà con/divisa o perché viene alla luce o si rivive insieme. Capita. Per via di quei fili sottili. E accade soprattutto tra donne.