Strettamente personale: i diritti umani, la Junta de Valladolid e l’osteria virtuale

by Enrico Ciccarelli

Non credo che valga la pena soffermarsi molto sulle polemiche a proposito del ruolo di Matteo Renzi nel board del più importante forum economico del Medio Oriente, che si svolge ogni anno in Arabia Saudita, con la partecipazione di esponenti politici, imprenditori e finanzieri, studiosi di tutto l’Occidente. Ognuno sceglie i propri ambiti e i propri luoghi di confronto: ricorderete di quando per decidere il No alle Olimpiadi a Roma (più correttamente, per suggerirlo a Virginia Raggi) Alessandro Di Battista chiese una consulenza al suo meccanico di fiducia e all’Aeropago di saggi che frequentava la di lui officina. Renzi, che –si sa- è stravagante, preferisce confrontarsi con Barak Obama, Bill Clinton e Tony Blair. A ognuno le sue preferenze e il suo giudizio.

Dico che non vale la pena soffermarsi su queste polemiche, comunque la si pensi, perché è trasparente la loro natura occasionale, pretestuosa, connessa alle forti tensioni determinate dalla crisi di governo e agli esiti che si vorrebbe avesse. Ma, come nelle peggiori abitudini del pollaio rissoso della politica italiana, si ricorre per queste finalità di poco conto a un tema che forse meriterebbe qualche riflessione in più.

Parlo della questione dei diritti umani. Una questione che è certamente fondativa della nostra civiltà (non c’è Occidente, non c’è democrazia senza rispetto dei diritti umani) ma che, dal processo di Norimberga in poi, è spesso l’occasione per nascondere scopi assai meno nobili. Si sono usati e si usano i diritti umani soprattutto per bombardare alla bisogna il cattivo di turno, casualmente -oltre che cattivo- non adeguatamente prono agli interessi occidentali nell’area.

La storia è piena di mitologie virtuose usate per concretissimi scopi: pensate che l’imperatore Carlo Quinto, quello sul cui impero non tramontava mai il sole, convocò a Valladolid per ben due volte, nel 1550 e nel 1551, i migliori giuristi e teologi del tempo per definire la natura spirituale e giuridica dei nativi americani.

La questione era se gli indios avessero o meno un’anima. E perché l’imperatore era così interessato a saperlo? Perché se fossero stati provvisti di anima, come concluse la Giunta di Valladolid, la conquista delle loro terre sarebbe divenuta missione provvidenziale per la salvezza delle loro anime, in nome della quale i conquistadores e i loro eredi avrebbero potuto continuare a sfruttarli, dominarli, sterminarli.

Ma anche tralasciando le strumentalità propagandistiche più o meno consapevoli, c’è una questione di diritti umani in Arabia Saudita? Certo che c’è. E non solo per l’atroce omicidio del giornalista Kashoggi o per le frustate cui è stato condannato –per blasfemia- Rafi Badawi un blogger anti-regime, insignito del premio Sakharov dal Parlamento europeo; anche per la teocrazia wahabita, una delle correnti islamiche più retrive; per la discriminazione delle donne, la persecuzione degli e delle omosessuali e molte altre cose ancora. Purtroppo non solo in Medio Oriente, ma ovunque fuori dal recinto delle democrazie occidentali (e anche dentro, vedi Polonia) la tutela di questi diritti è impervia.

Il punto è: cosa si fa? A parte le ridicolaggini e le etiche “pret-à.porter”, l’unica questione seria è valutare se facciamo opera migliore per i diritti umani isolando e “castigando” i Paesi retrivi o coinvolgendoli sempre più in una rete di relazioni economiche e commerciali che si traducono anche in un mutamento di costumi, in modernizzazione, in conquiste civili. Ciascuna delle due risposte –secondo me- presta il fianco a più di un dubbio critico, e rispetto profondamente quelli che vogliono rompere le relazioni diplomatiche con l’Egitto per il caso Regeni (su cui ho mie discutibili idee di cui vi parlerò in un’altra occasione), che hanno considerato salvifico l’abbattimento della dittatura di Gheddafi, che non tengono in cale i due miliardi di barili di petrolio esistenti nel sottosuolo saudita e magari vorrebbero dare l’ostracismo alla Cina per i fatti di Hong Kong. Ma una cosa la so: non sono temi adatti a discussioni da osteria, per quanto virtuale. Alla prossima.

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