Torremaggiore, il minuto dell’odio e l’esibizione video dell’omicidio sanguinario

by Enrico Ciccarelli

Il duplice omicidio, più precisamente il figlicidio, l’omicidio e il tentato uxoricidio di Torremaggiore non hanno molto di sorprendente. Già Salvatore Quasimodo aveva spiegato (in «Uomo del mio tempo») «Sei ancora quello della pietra e della fionda». Da quando il fratello disse all’altro fratello «andiamo ai campi» il sangue dei nostri simili è stato versato a fiumi soprattutto da altri nostri simili, più feroci delle belve, più implacabili e impietosi delle frane e dei terremoti, più ciechi delle alluvioni.

Il penoso, sanguinario, atroce protagonista che con furia vigliacca ha infierito su persone inermi si sentiva forse un giustiziere, un vindice, o addirittura un deluso ministro di perdono. Non sapeva di essere solo l’ennesima orrida marionetta di codici arcaici, di quel vasto ciarpame d’infamia che nelle menti deboli viene chiamato «onore». Un coltello che affonda nella carne indifesa per nascondere il proprio fallimento di uomo, di marito, di padre. Le culture del dominio tipiche del patriarcato che nello schiumare di una rabbia impotente attestano l’indomita libertà delle donne, che fiammeggia irridente per quante catene, gualdrappe o prigioni tentino di soffocarla. Le indagini chiariranno la dinamica, i moventi, le opportunità, ma è materia di fascicolo, di carte processuali. La verità sostanziale non ha nulla di inatteso o di nuovo.

L’elemento di «modernità» è rappresentato da questo video di cui parla tutta Italia. Non è la prima volta che degli assassini decidono di immortalare le immagini delle loro gesta. L’esempio più illustre è rappresentato dal luciferino e micidiale piano di Al Qaeda e Osama Bin Laden dell’11 settembre 2001. Ricordate? Con gravissimo rischio, i terroristi ritardarono di venti minuti l’attacco del secondo aereo alle Torri, per essere assolutamente sicuri che le telecamere riprendessero lo schianto, che l’attentato e il film dell’attentato coincidessero. Paradigma di un mondo in cui nulla esiste se non ne esiste la fantàsima, l’immagine infinitamente rivedibile e reiterabile.

Che questa scelta sia stata fatta da persone appartenenti a una fede e a una cultura tendenzialmente iconoclaste (l’Islam proibisce la raffigurazione di Allah, disapprova fortemente quella del Profeta e tendenzialmente deplora quella di ogni essere umano) dice da solo quanto profondo ed esteso sia il dominio culturale dell’Occidente. Ma in ogni caso lì si trattava di passare alla storia; lo stesso meccanismo che muove gli autori di sparatorie di massa negli Stati Uniti. Ma non c’è traccia di questo intento nel «minuto di odio» (a somiglianza dei due che il Grande Fratello prescriveva al suo popolo in «1984» il romanzo distopico di George Orwell) che il panettiere torremaggiorese ha dedicato all’esibizione del suo macello e alle invettive contro la moglie.

È stato mandato –dicono le prime risultanze- a un parente dell’assassino residente al Nord e non è chiarissimo se serva a giustificare il proprio comportamento o a vantarsene. Nemmeno è chiaro a quanti altri il video sia stato inviato: di sicuro non c’è da stupirsi che sia diventato virale, e che il sindaco di Torremaggiore abbia dovuto rivolgere un appello a fermare la sua diffusione (non sappiamo con quanto successo). Dipende in parte dalla perenne morbosità che circonda i fatti di sangue (è tuttora florido il mercato dei turisti dell’orrore, che spaziano dai luoghi londinesi di Jack the Ripper all’Avetrana di Sara Scazzi), in parte dall’assuefazione al mondo parallelo dei social. Esibiamo con la stessa prodigalità corpi e baci, tavole imbandite e animali domestici, selfie con vip e presunti tali, ruzzoloni e bambini. Perché non un bell’omicidio sanguinario?

Osiamo sperare (ma resteremo delusi) che questa persona indegna di essere chiamata uomo, non riveda mai più la luce del giorno, che il bambino di cinque anni (suo figlio!) che ha avuto salva la vita solo perché è riuscito a nascondersi possa essere liberato, come sua madre, dalla tenebra putrida del suo ricordo. Vorremmo non sapere più nulla di lui e soprattutto non sentire più nulla da lui. Ma sappiamo che non sarà così: perché i colleghi dei giornali e delle tv dovranno dirci cosa ha detto negli interrogatori, la sua famiglia d’origine dovrà dirci che brav’uomo fosse, e il raptus, e il patteggiamento e blablabla… Solo un pensiero ci consola: per il tempo che trascorrerà in carcere non potrà usare il telefonino, il mezzo del suo estremo oltraggio, dell’atto sotto il quale resterà seppellita per sempre la sua anima. L’anima di cui solo Dio potrà decidere il destino. Di cui solo Dio potrà avere pietà. La nostra è per le sue vittime.

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