«Vabbè, ma siamo a Foggia»…C’è sempre un alibi all’incapacità

by Roberto Pertosa

È assolutamente inevitabile identificare i colpevoli, individuare le responsabilità. Anzi, è doveroso.

Ma è oltremodo necessario comprendere come il costante rammaricarsi dell’orribile senso estetico imperante, della brutalità dei comportamenti, della corrotta vita pubblica, tipico di coloro che parlano e non agiscono, nasconde spesso la pericolosa inconsapevolezza di una diretta responsabilità degli infiniti singoli stati di mediocrità che, sommati, generano la drammatica condizione di mediocrità di un ambito intero.

Con l’acquisizione della conoscenza di uno stato di fatto avverso, in verità ben noto a tutti ormai da tempo (e questo non gioca a favore di nessuno), è indispensabile proporre valide situazioni alternative, avere idee, individuare strategie.

Ad esempio, in qualità di Architetto cerco sempre di creare, nei miei progetti, visuali prospettiche mutevoli, sempre variabili, che diano ai fruitori la percezione di continuo movimento, la sensazione di una dilatazione spaziale e temporale mai statica, come se l’Architettura fosse una superformula matematica che deve insinuarsi nell’intimo e sconvolgere i sensi, aprendo verso orizzonti inesplorati, una vera fonte di ispirazione che generi un susseguirsi di emozioni, un effetto domino di pensieri.

E, allo stesso modo, mi permetto spesso di condividere alcuni miei progetti, articoli o interviste concesse e pubblicate su varie testate giornalistiche, che non vogliono essere affatto autocelebrazioni (beh, sicuramente non nascondono un certo grado di orgoglio o compiacenza, e una evidente intenzione di visibilità, d’altronde faccio il mestiere dell’Architetto), come qualcuno potrebbe pensare, ma una proposizione di un atteggiamento positivo e sognante che dovrebbe possedere chiunque sia interessato o abbia a cuore il futuro e la crescita di qualsiasi comunità, e qualunque sia il suo ambito culturale e professionale.

Le mie proposte progettuali, indirizzate ovviamente al mio contesto d’origine, sono totalmente rivolte a un interesse comune, un contributo alla crescita di un ambito culturale.

Purtroppo, io conosco fin troppo bene il contesto sociale a cui mi riferisco e con cui spesso sono costretto a confrontarmi, ma l’ispirazione, il talento e le idee non si adeguano mai alla massa (e ai loro degni rappresentanti), ma hanno l’obbligo di tentare di stravolgere le convenzioni, anche se drammaticamente radicate.

C’è sempre un alibi all’incapacità. Una giustificazione all’incompetenza.

“Vabbè, ma siamo a Foggia…”

Con questo assurdo assioma si giustifica la drammatica inerzia comune che ci pervade, e che invece cela palesemente una totale e diffusa inettitudine al fare, a proporre idee, a intraprendere miseri accenni al dibattito, al confronto, figuriamoci sui contenuti. Un pessimo contesto in cui una qualsiasi qualità di qualsiasi genere viene energicamente e sistematicamente contrastata, puerilmente contestata a prescindere dai senza arte né parte, dalle “legioni di imbecilli” che hanno invaso la nostra attuale società, e a cui è dato “diritto di parola”, “sostenuti” dall’annullamento delle distanze provocato dalla rete di connessione globale dei media.

Qualità, in taluni casi, solo sottobanco apprezzate (mai palesemente in pubblico, il ché vorrebbe dire riconoscerle palesando la propria inferiorità), comunque considerate sempre un elemento di disturbo, qualcosa da combattere perché “superiore” alla norma, e per questo spesso irritante.

È sempre vero che in certi contesti i sogni non si realizzano, ma la loro proposizione, se non ostacolata, fa acquisire agli altri una consapevolezza che altrimenti non si manifesterebbe (e questo è già di per sé un grande risultato). Ma ciò avviene solo quando l’iniziale approccio intellettuale, non sempre accessibile ai più, e spesso, molto spesso, ahimè, nemmeno agli addetti ai lavori, possiede una successiva trasfigurazione verso un approccio verbale diretto, possibile solo con un coinvolgimento totale derivante da iniziative diversificate che possano ampliare esponenzialmente il numero degli interlocutori. E solo con l’aiuto della cosiddetta società civile, della buona politica, dei sostenitori delle felicità condivise e del benessere comune…

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