Pane amore e… è una perfetta commedia degli equivoci, un piccolo gioiello del cinema italiano che verrà sempre ricordato soprattutto per i suoi magnifici interpeti, in particolare Sophia Loren e Vittorio De Sica.
Vittorio De Sica
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La Ciociara però è anche l’unica testimonianza che parla al grande pubblico delle “marocchinate”, cioè gli atti di violenza sessuale e fisica ai danni di decine di migliaia di persone, soprattutto donne e bambini, compiuti dai goumiers francesi durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Sospeso tra teatro e cinema, recitazione e regia, autorialità e committenza, Vittorio De Sica è un personaggio complesso e sfuggente, la cui esperienza artistica si è svolta nell’arco un cinquantennio – dalla fine degli anni venti a metà degli anni settanta, sullo sfondo di drammatici avvenimenti storici, di profonde modificazioni del contesto sociale, di radicali mutamenti dei media – che ha visto avvicendarsi le fortune del teatro, della radio, della canzone, del primo cinema sonoro e della televisione.
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Nella sua scrittura epifanica, in cui tutto è “qui e ora”, si riflettono la crisi della rappresentazione, l’ansia parossistica di dominare la realtà e insieme lo smarrimento di chi ha la coscienza della crisi e cerca di uscirne attraverso la provocazione. La sua tenace e inappagata voglia di cinema, la sua frequente dichiarazione di essere pronto al grande salto, il progetto di passare alla regia che affiora a più riprese e viene continuamente rimandato, configurano una precisa intenzionalità autoriale che si rivela un nodo problematico di grande ricchezza.
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