Goodbye, Little Boy. In ricordo di Lawrence Ferlinghetti.

by Cristina Consiglio

“Generalmente le persone, con l’avanzare dell’età, sembrano diventare più conservatrici. Per quanto mi riguarda, ho l’impressione di essere diventato più radicale. La poesia deve essere capace di rispondere alla sfida di tempi apocalittici, anche se questo significa suonare altrettanto apocalittica”

Da un’intervista del 2013 per Interview Magazine.

Lunedì, con la mano in quella di suo figlio Lorenzo, serenamente si è conclusa la straordinaria esistenza di Lawrence Ferlinghetti. Poeta, editore, libraio e attivista, drammaturgo e traduttore, tra i promotori del movimento Beat, ne ha incarnato lo spirito curioso e ribelle dagli anni Cinquanta del Novecento fino ai giorni nostri. Pochi poeti degli ultimi sessant’anni sono stati così noti e così influenti. I suoi libri hanno venduto più di un milione di copie in tutto il mondo ad iniziare dagli scaffali di una delle librerie più famose del mondo, la ‘sua’ City Lights. Sebbene non si sia mai considerato un ‘Beat’, è stato una guida, un compagno di viaggio e un simbolo indiscusso per molti poeti di quella generazione.

“Sono la coscienza di una generazione o solo uno stupido vecchio che tenta di sfuggire l’avara coscienza materialista dominante dell’America?”, si domandava tra le pagine di Little Boy, un romanzo che ‘assomiglia a un torrente di pensieri’ pubblicato nel 2019.  

Ha fatto la storia. Grazie al settore editoriale di City Lights hanno visto la luce, tra le tante, le opere di Jack Kerouac e William S. Burroughs così come l’indimenticabile Howl di Allen Ginsberg che nel 1957 apre la via, grazie a un’accusa di oscenità, a nuove forme di libertà di espressione. Ha anche sfidato la storia. Dove il mercato editoriale online ha costretto alla chiusura numerose librerie nella baia di San Francisco, City Lights ha resistito e resiste, avamposto politico e culturale, con la sua sezione di libri per acquisire una ‘competenza rivoluzionaria’ e la possibilità, per i suoi dipendenti, di prendere un giorno libero per partecipare a una protesta contro la guerra. E continua a resistere anche nella stagione complessa che il mondo intero sta attraversando. Basti pensare che ad aprile dello scorso anno, a fronte della necessità di trecentomila dollari per non chiudere i battenti, City Lights, grazie a una raccolta fondi, ne ha ricevuti quattrocentomila.

Oggi nella celebre istantanea in bianco e nero pubblicata nell’homepage del sito della libreria, dalla finestra della sua City Lights, alto e barbuto, con i suoi occhi azzurri, Lawrence Ferlinghetti sorride, emblema di una poesia non rivolta alla contemplazione individuale, ma pensata e voluta per essere recitata ad alta voce, dai tavolini di una caffetteria agli incontri universitari, passando per le sue amate librerie.

La raccolta del 1958 intitolata A Coney Island of the Mind ha venduto centinaia di migliaia di copie solo negli Stati Uniti, un successo spiegato ironicamente da Ferlinghetti nell’ammissione di “aver commesso il peccato della troppa chiarezza”. Di lui resta infatti lo stile wide open, nelle sue parole, dunque aperto, ‘spalancato’ potremmo dire, e insiemelirico e infantile, in parte influenzato da E.E. Cummings.

Della sua biografia si ricorda la nascita a Yonkers, nello stato di New York, gli studi di giornalismo e letteratura all’università della North Carolina e a New York, il dottorato conseguito alla Sorbona. Ferlinghetti odia la guerra perché ne ha vissuta una. Nel 1945 è stato comandante della marina in Giappone e ricorda di aver visto Nagasaki poche settimane dopo l’atomica. La carneficina a cui assiste lo trasforma, nelle sue parole, ‘istantaneamente in un pacifista’.

Nei primi anni Cinquanta si trasferisce a San Francisco, sposa Selden Kirby-Smith con cui ha due figli. Partecipa al movimento letterario del San Francisco Renaissance e si fa subito promotore della creazione di uno spazio di condivisione. In quegli anni Peter Dean Martin, amico sociologo, apre una piccola libreria di tascabili nella North Area, il quartiere italiano a nord della città, e la chiama City Lights, ispirato dal film di Chaplin. Nel guardare la vetrina nel 1953 Ferlinghetti suggerisce a Martin di diventare soci. Ognuno di loro investe cinquecento dollari nell’impresa. Più tardi Ferlinghetti racconterà al New York Times “City Lights è diventato ormai l’unico posto nei dintorni in cui si possa entrare, sedersi e leggere libri senza essere costretti a comprare qualcosa”. I poeti Beat, dagli anni Quaranta a New York, ora hanno un nuovo luogo di ritrovo. Il primo progetto della libreria e casa editrice è quello di pubblicare poesia in edizioni economiche, tra cui il già citato Howl. L’incontro con Ginsberg era avvenuto durante una lettura pubblica di Howl nel 1955, subito seguita da un telegramma in cui Ferlinghetti, facendo eco al messaggio inviato da Emerson a Whitman subito dopo aver letto Leaves of Grass, gli scrive “Ti saluto all’inizio di una grande carriera. Quando posso avere il manoscritto?”.

Tra i premi e riconoscimenti ricevuti, particolarmente degni di nota sono la nomina come primo poeta laureato di San Francisco nel 1998, il premio onorario del National Book Critics Circle nel 2000 e nel 2005 la medaglia del National Book Award per “il suo instancabile contributo a favore dei poeti e dell’intera comunità letteraria”.

Cristina Consiglio

docente di Letteratura anglo-americana dell’Università di Bari

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.