Il Carnevale di Manfredonia dal Baccanale a Ze’ Peppe

by Maria Teresa Valente

Il carnevale a Manfredonia è parte integrante della cultura dei popoli che si sono avvicendati sulle rive del Golfo da oltre duemila anni, ovvero da quando nella più antica Siponto romana si celebravano i baccanali. Prova di questi antichissimi riti, che si basavano su di un allontanamento dalla realtà ed una disinibizione totale dei costumi, è il ritrovamento in un’area della Siponto antica del busto di una Baccante (oggi conservato presso il Municipio di Manfredonia, nella stanza del Sindaco).

Nei secoli il carnevale ha mantenuto una sua particolare “attualità” grazie alla capacità degli abitanti di Siponto prima e di Manfredonia dopo, di adattarsi ai tempi, di interpretare i cambiamenti dei costumi, di assorbire le evoluzioni culturali. Il tema di fondo è stato sempre la ricerca di abbondanza e felicità attraverso riti propiziatori fatti di trasgressione, promiscuità, scherzi e, dal tardo Medioevo, anche di mascheramenti per l’assunzione di ruoli o di sessualità diversi: “Semel in anno licet insanire” (trad.: una volta all’anno è lecito impazzire).

I culti andarono avanti nonostante il rigore delle persecuzioni cristiane di questi rituali, considerati demoniaci. Quando nel 1372 passò da Siponto colei che sarebbe poi divenuta Santa Brigida, ne notò la rovina dovuta al terremoto del 1233 e nelle “Rivelazioni celesti” affermò che era stata distrutta per gli stessi peccati delle città di Sodoma e Gomorra. È Cristo, stando alla ricostruzione della donna, che le rivelò che il terremoto fu una punizione esemplare per un luogo svergognato, peccaminoso e vizioso, raso al suolo dal volere di Dio, sdegnato per il comportamento dei suoi abitanti che vivevano nel peccato, del tutto incurante degli insegnamenti divini.

Queste feste pagane hanno attraversato i secoli ed i millenni. E a Manfredonia, come nel resto della Puglia dove non c’erano maschere tipiche della commedia dell’arte, si inventarono personaggi simbolo che potessero rappresentare il “re del carnevale” nelle vesti del cittadino-tipo. È il caso di Ze’ Peppe, un vecchio contadino malato di bronchite e malaria che impersona malinconicamente il desiderio di vivere e divertirsi nonostante le ristrettezze e le miserie del popolo sipontino.

“La miseria è vero che regna qui forse peggio che altrove:

ciò nonostante il nostro Carnevale è stato animato

più di quello che ti han dato a credere. Il Primicerio,

D. Raffaele del Vecchio, ed il Comandante di Piazza

han ricevuto maschere per tutto il Carnevale: la Casa mia

ne’ primi giorni ha ricevuto solo qualche amico:

ma poi negli ultimi tre è stata aperta a tutti.

Nell’ultimo giorno quaranta persone pulite

fecero una mascherata cosi bella e dilettevole,

che tutte le altre maschere si ritirarono,

e l‘intera popolazione andò loro appresso

restando le strade quasi vuote. Queste

sotto il nostro balcone, alcune ci onorarono

de’ loro balli, scherzi e musica per qualche tempo,

e poi passarono avanti. Vedete dunque

che lo spirito Sipontino non è cosi morto come credete”.

Scriveva così in una lettera Gian Tommaso Giordani, avvocato, poeta e due volte sindaco di Manfredonia, a padre Antonio da Rignano nel 1839, ovvero quasi due secoli fa, evidenziando uno spirito sipontino carnascialesco già ben consolidato nel tempo, con balli per strada e in casa, maschere, scherzi ed allegri cortei.

Il mensile dell’Archidiocesi sipontina “Vita Cattolica”, nel 1938 esprimeva invece la preoccupazione delle guardie ecclesiastiche su questa usanza: “Giovanetti rabbiosi, ragazze frenetiche che non sanno rinunciare al turpe divertimento del ballo. Passioni roventi si sviluppano e ardono, affetti pravi che iniziano; mode turpi, nudismo, che si usano; abbracciamenti disonesti che si fanno; peccati che si consumano nel bollore della danza e negli agitati ritrovi notturni; tresche che si svolgono; onore che spesso si perde; malizie che s’imparano”.

E di scandalo in scandalo, arriviamo nell’era contemporanea. È solo dopo la seconda guerra mondiale che diventò sempre più impellente nel popolo sipontino il desiderio di coordinare e disciplinare l’organizzazione di una manifestazione già allora ritenuta tra le più antiche, importanti ed interessanti della città. A tale scopo nel 1955 venne costituito per la prima volta un gruppo di lavoro, denominato “Comitato per il Carnevale Sipontino”. E, sempre nel 1955, con delibera di Consiglio Comunale del 22 febbraio, il Comune ufficializzò l’importanza della manifestazione decidendo di elargire per la prima volta un contributo (di 100mila lire) per supportare un considerevole “sussidio per I’incremento turistico cittadino”.

Il Corso Mascherato, com’era chiamata inizialmente la gran parata dei carri allegorici e dei gruppi mascherati, richiamava migliaia di persone dai paesi limitrofi, tanto che nel 1957 la denominazione del carnevale e del comitato deputato ad organizzarlo passò da sipontino a Dauno. Alla fine degli anni cinquanta, infatti, diversi eventi erano organizzati oltre che a Manfredonia anche a Foggia, a sottolineare che la manifestazione per la sua importanza non era circoscritta alle rive del Golfo, ma all’intera Capitanata.

Per ogni giovedì di Carnevale fino agli anni ottanta si attrezzavano in sale da ballo o in garage o in semplici case, spostando tavoli e sedie, le “socie”, che erano vere e proprie balere. L’usanza voleva che i vari gruppi di amici giravano da una socia all’altra: un paio di balli e poi via.

Il Carnevale di Manfredonia è arrivato fino ai nostri giorni richiamando ogni anno, con la spettacolare Grande parata dei monumentali carri allegorici in cartapesta, dei Gruppi mascherati e della Sfilata delle Meraviglie, più di centomila visitatori, oltre all’intera cittadinanza, lungo i due chilometri di percorso. È una kermesse che ha saputo rinnovarsi e reinventarsi nel tempo, divenendo un punto di riferimento tra i carnevali d’Italia.

Punto di forza del carnevale sipontino è sicuramente la Sfilata delle Meraviglie. Nei primi anni ’80, l’eclettico Gigetto Prato, anima indiscussa per decenni del carnevale a Manfredonia, ideatore delle parate in notturna, delle tribune in piazza Marconi, dei moderni veglioni e di tanto altro ancora, ebbe una geniale intuizione. Con l’aiuto dell’amico Fernando Delli Carri, stimato preside della scuola media Ungaretti di Manfredonia, Prato, che all’epoca era stato designato quale presidente del Comitato del Carnevale, decise di andare a bussare a tutte le scuole elementari della città per invitarle a partecipare alla sfilata. Nel 1960, con il direttore didattico della Croce Antonio Valente che portò il suo istituto a gareggiare con gli altri gruppi in concorso, c’era stato già un primo affacciarsi dei più piccini al carnevale. Gigetto Prato, però, ebbe l’idea geniale di creare per i bambini una sfilata ad hoc in un giorno a loro dedicato. Era il 1983 quando nacque una sfilata unica al mondo, che allora veniva semplicemente definita ‘la parata dei bambini’.

Ecco dunque, ancora oggi, nelle settimane che precedono il carnevale, le scuole si trasformano in veri e propri laboratori sartoriali ed artistici, dove, con materiali poveri ed inutilizzati si creano veri e propri capolavori sartoriali. Nei primi anni ’90, dopo aver assistito ad una sfilata dei bambini, notando la ‘meraviglia’ negli occhi di tutti i presenti, fu lo stesso Gigetto Prato a coniare il nome di ‘Sfilata delle Meraviglie’.

La manifestazione sipontina si è consolidata nei secoli diventando un immenso laboratorio sartoriale e coreografico, una grande palestra di socialità e di stupefacente attività manipolativa, ed una fucina di talentuose maestranze che riescono, con l’uso sapiente dei materiali tradizionali e delle tecniche più innovative, a rappresentare i temi più dibattuti della politica e dell’attualità proponendole in chiave satirica ed irriverente.

Il Carnevale di Manfredonia è storia, cultura, tradizione che si perde nella notte dei tempi. Ma è anche molto altro ancora.

Una festa da scoprire e da vivere… a Manfredonia.

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