Il restauro miracoloso del Castello di Ascoli Satriano, pronto ad ospitare i Grifoni “strappati alla morte”

by Antonella Soccio

“Ed eccoci qua dove eravamo rimasti”, recitano i ricordi di un fanciullo castellano che ha visto un rione florido poi spegnersi nel tempo, nella bellissima poesia in terzine di Salvatore Gallo, letta in apertura di inaugurazione. Gli ascolani più adulti avevano lasciato la loro infanzia al Castello Ducale, senza mai più riviverla. Una storia millenaria, ad Ascoli Satriano sui Monti Dauni, consegnata all’incuria per più di 30 anni di chiusura al pubblico, dopo che a seguito del terremoto del 1980 la struttura segnò il suo declino.

Sabato 3 agosto, il Maniero dei duchi Marulli dato in comodato alla Città dei Grifoni, grazie alla sottoscrizione di una convenzione tra il Comune di Ascoli Satriano e la Fondazione Santa Maria del Soccorso, è tornato a nuova vita, celebrato da un evento importante e assai godibile al quale hanno partecipato insieme al sindaco Vincenzo Sarcone e alla vulcanica avvocata Giusy Sciarappa, il critico d’arte Vittorio Sgarbi, che ha regalato alla cittadinanza una lezione e un racconto formidabili, l’ex parlamentare Paolo Agostinacchio e il prof. Ignazio Carabellese, che ha illustrato il cammino intrapreso anche con la pubblicazione di uno studio del Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura del Politecnico di Bari.

1000 anni di storia

“Noi ascolani abbiamo sempre identificato Ascoli con il Castello. Dopo 30 anni è stato possibile aprire il Castello seppur parzialmente, con un finanziamento di 600mila euro. L’apertura ha un duplice scopo: è motivo per noi amministratori per presentare le stanze nobili del primo piano e la partecipazione dei cittadini ascolani detta i tempi, il Castello in questi decenni era sempre in restauro, invece è giusto che ad ogni step i cittadini possano vedere a che punto sono i lavori”, ha detto il sindaco.  

Il luogo, come ha spiegato, sarà vocato a fungere da riferimento territoriale per lo sviluppo e il potenziamento del ruolo culturale e di volano per l’economia del territorio di Capitanata. Il Comune di Ascoli Satriano ha avviato infatti, un programma di restauro e di rifunzionalizzazione del Castello ducale che ambisce a divenire il catalizzatore delle iniziative di studio, catalogazione, restauro e divulgazione del ricco patrimonio storico e archeologico presente in tutta la provincia di Foggia. L’amministrazione mira a completare l’azione intrapresa, insediando anche il ricco patrimonio librario della Biblioteca Comunale, con tutti gli ambienti e servizi complementari, negli ampi e prestigiosi locali del piano nobile del Castello, liberando la struttura attualmente utilizzata dell’ex seminario serafico.

Nel convincimento di Sarcone i Grifoni dovranno essere esposti nel Castello, il più grande dei Monti Dauni, con 6mila metri quadri di superficie coperta. Un contenitore di tutte le ricchezze archeologiche della città dei Grifi e che ospiterà, una volta ultimato, i 20mila libri antichi e le numerose cinquecentine di Ascoli.

“Perché Ascoli deve conservare questa cultura e deve realizzare il Polo culturale? Lo deve fare per l’intero territorio, che va dai Cinque Reali Siti a Canosa”, ha osservato Sarcone.

Il restauro

Il restauro è stato un bell’esperimento, nel quale professionisti di una certa età del Politecnico di Bari si sono affiancati a giovani progettisti. Insieme all’ingegner Melillo, hanno lavorato i giovani Angelo Mennea, Silvia Paloscia, Giuliana Petruzzelli, Francesca Pinto e Simona Ricchitelli e l’archeologa Panzella, per riportare nei locali del Castello tutte le bellezze di Ascoli, che nella città splendono in altri posti.

“È stato necessario essere molto attenti, è un luogo di particolare pregio, l’intervento ambisce a costruire una strategia di valorizzazione globale dell’organismo architettonico, un’azione programmatica. L’obiettivo non è solo il piano terra, ma riportare tutto l’edificio alla fruizione di una struttura culturale, abbiamo coniugato le aspettative di riuso alla vocazione del manufatto coi vincoli architettonici, per rendere compatibili i valori monumentali con l’utilizzo a museo. Questa compatibilità non è sempre semplice, così come non è stato semplice ristrutturare e restaurare senza rovinare l’edificio e installare l’impiantistica, che deve essere compatibile con questi valor. Per poter permettere ai beni stessi di sopravvivere, ci deve essere un buon livello di illuminazione e di clima per godere dei beni”, è stato il commento del prof Carabellese.

Com’era e com’è

Sgarbi da par suo ha regalato alla cittadinanza la sua esperienza sui Grifoni, divertendo anche molto l’uditorio assiepato nel cortile del Castello e fornendo allo stesso tempo una interpretazione colta dell’idea di fruizione e di conoscenza del mondo antico.

“Io sono diventato amico di questa città che ho visto per la prima volta a Los Angeles, mi accorsi di una delle più belle opere d’arte del mondo al Getty, c’è stata poi nel 2007 l’impresa importante dei Carabinieri che ha riportato qui i Grifoni. Ascoli Satriano sarebbe stata tale anche avendo i Grifoni lontani e lì sarebbero stati ambasciatori straordinari di questa terra, dei luoghi archeologici, ma è anche giusto che le cose stiano dove sono nate”, ha detto in esordio il critico d’arte che Sciarappa e Sarcone con una convenzione hanno fortissimamente voluto direttore del nuovo polo che nascerà al Castello.

Dalle tombe alle teche

Sgarbi ha ricordato l’ambiguità dei morti e di opere pensate per attraversare l’Ade, riferendo del famoso caso del magnate giapponese che comprò un quadro di Van Gogh solo per portarlo con sé nella tomba. Ricchezza e morte si assomigliano, nella loro segretezza e nella loro indicibilità insensata. I Grifoni erano un paradosso, c’era qualcosa di egoistico e sublime nell’antico ascolano che volle portarli con sé nel regno dei morti.

“È vero che non era giusto che stessero in America, perché erano stati rubati, ma il loro luogo non è il Palazzo Diocesano e neppure il Castello o quell’orribile palazzo dell’Expo, messi nell’anticamera come fossero nella portineria di un albergo: il loro posto era lontano dai nostri occhi, sono state fatte per non essere viste come la maschera di Agamennone come tutto quello che noi trafughiamo legalmente o illegalmente dalle tombe. Quello è il mondo dei morti, è così vivo che abbiamo bisogno di loro per portare quegli oggetti dinanzi a noi: in questa ipotesi che non dovessero essere visti, quando i tombaroli li portarono via fecero sì un’operazione criminale, ma portarono alla luce ciò che era nelle tenebre. C’era ad Ascoli una ricchezza straordinaria, come testimoniano anche le ville. Cose così vicine a Dio erano state fatte perché nessuno le vedesse, solo con un atto di dissacrazione di un furfante innamorato come alcuni tombaroli sono stati, si riesce a trovare quello che gli archeologi non hanno trovato. E i Grifoni arrivano poi tramite il mercante ricettatore al Getty, che all’opposto lo fa vedere ad 1 milione e mezzo di persone all’anno. Era meglio che stessero lì o qui ad Ascoli dove li vedono 40mila all’anno? Non è una sottrazione che voi fate rispetto ad un mondo intero che potrebbe vederli al Getty?”, ha chiesto Sgarbi.

Vittorio Sgarbi nel Castello Ducale di Ascoli

Un caso analogo è quello della Dea di Morgantina ad Aidone. “Ascoli sembra Las Vegas al confronto di Aidone. 6 e 7 al mese la vedono in inverno, per poi risalire in estate, complessivamente raccoglie 20mila persone. Aver portato qui i Grifoni ed aver stabilito che è cosa vostra è come aver stabilito che quell’opera era della tomba. I Grifoni sono dei sublimi capolavori che non esistono nell’antichità. Sarebbe interessante sapere chi ne era il proprietario che commissionò ad uno scultore greco la loro realizzazione. Un ricco signore che ha voluto continuare a pranzare idealmente con loro. Nascosti per più di 2mila anni nel regno delle tenebre, dovrebbe farci riflettere: noi li recuperiamo con un voyerismo osceno per compiacerci. Guardo l’archeologia come qualcosa di macabro, è qualcosa che noi rubiamo al buio delle tombe”.

Come ha detto Sgarbi quel che è stato realizzato dall’amministrazione Sarcone in pochi mesi ha del miracoloso. Ora tocca a Faragola e al Ponte romano, che ha già ottenuto l’interesse del Ministro Bonisoli.  

“Sono felice e sorpreso della velocità di questa amministrazione, essere il direttore dei Grifoni per me è una delle cose più importanti della mia vita, ma un giorno ve li nasconderò”, ha rimarcato in conclusione scherzando e suscitando sorrisi e festa nel pubblico.  

A restauro ultimato, il Castello diverrà dunque uno dei principali nodi della rete che collegherà il patrimonio storico e culturale esistente nella Puglia Nord.

“La rete culturale che si intende costituire servirà per creare un ponte, un collegamento e quindi un aiuto reciproco tra queste realtà così vicine tra loro e ricche di cultura e bellezze naturali. I musei di questi comuni sono spesso ubicati all’interno di castelli restaurati e curati, che da soli rappresentano piccoli gioielli artistici dei secoli scorsi e raccontano la storia di questa splendida regione. Un patrimonio, quindi, che in molti, soprattutto volontari, legati e cresciuti in questa realtà, vogliono valorizzare e far conoscere a chiunque possa in qualche modo esserne interessato”, ha concluso il sindaco.

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