Imprenditoria giovanile murgiana, dalle macerie alla rivalorizzazione consapevole a Tenuta Tedone Consolini

by Fabrizio Stagnani

“L’usanza, quando eravamo ragazzini, era di venire qua la domenica con i motorini e ci mettevamo a giocare a pallone, a passare la giornata. Qua c’era un rudere, le macerie!” Proprio nel mentre che si stava approfondendo la conoscenza di Ugo, il padrone di casa, ad interrompere l’intervista con i loro ricordi una famiglia di autoctoni in avanscoperta su quello che è diventata adesso Tenuta Tedone Consolini.

Senza voler fare di tutta l’erba un fascio, giusto per iniziare con i modi di dire, tante le pinze a frizione sulla strada del successo. “Nemo propheta in patria” per comprendere di cosa si sta parlando, “quando uno non arriva all’uva dice che è acerba” per darne una spiegazione e “tanto come la fai e la fai…” a consolazione. E poi magari si dice che è la Nazione che non gira, quando è l’animo che si tormenta per l’invidia.

Nell’agro di Ruvo di Puglia, un tempo appartenuta a benestanti terlizzesi, cinta da dieci chilometri di muretto a secco, era la Masseria Marinelli. Per operazioni imprenditoriali similari si è soliti radere al suolo le rimanenze dell’incuranza decennale ed andare a costruire il nuovo sulle ceneri. Invece qui, e da questo già si può intuire lo spirito, pur risultando più complesso, si è voluto recuperare il rimanente bene, preservando l’origine grazie a una ricerca di stile e materiali.

Un corpo centrale della struttura, che ora ospita le cucine e la sala, mentre le vecchie stalle comodi ripari non più che per bestie, tutto avvolto da centoquaranta ettari di macchia mediterranea, lame, anfratti anche inaccessibili come roveti e fitte boscaglie. Dell’appezzamento solo tre ettari sono dedicati all’agricoltura, il mantice di sapori ed odori del loro menù, fra ortaggi e erbe aromatiche.

Per il resto nulla è stato possibile modificare, perché “Tre alberi da frutto ho provato a piantare – dice Ugo – e madre natura me li ha seccati. Qui ci sono degli equilibri che non puoi non rispettare!”. L’arboreto invece è fucina dell’Azienda zootecnica, un po’ più a valle della masseria, pascolo per capre, mucche podoliche, asini martinesi, maiali neri e pure cinghiali, faraone, germani reali, oche del campidoglio ed immancabili galline con relativo poligamo compagno. A voler riassumere quanto detto nelle righe fino ad ora lette, i due trentacinquenni a tenere le redini di questa attività, i coniugi MariaPia ed Ugo, sono albergatori, ristoratori, coltivatori, allevatori, salumai, casari, nonché, fino ad ora fuori dalle righe, pure apicoltori. E sono i primi delle rispettive famiglie a fare tutto questo, con una riuscita per altro ineccepibile. Come ci si può arrivare?

Prima di tutto è necessario evocare un ricordo molto intimo del Tedone per spiegare il suo ascendente per quella terra, per i suoi suoni ed umori. A sua memoria, quand’era piccolo i suoi genitori lo portavano a passare giornate in masserie di amici, bhè, come sempre capitava all’imbrunire, pur di tardare più possibile la sua ripartenza verso casa, alle prime avvisaglie di ritirata si andava a nascondere fra le pecore pur di non farsi trovare. E poi? E poi la Laurea in Economia del Turismo a Rimini, che di certo ha aiutato a strutturare l’impresa. Infine un continuo rincorrersi fra timori ed incoraggiamenti a fasi invertite ed alterne con il padre, imprenditore nel settore edile, a partire dall’acquisto delle macerie sino al rifiorire della Tenuta. “Ogni fine mese non avevo la più pallida idea di come sarei stato capace d’iniziare quello che veniva! Se mi fossi seduto a fare tutti i conti non avrei mai finito, ora posso dire che stiamo iniziando a camminare sulle nostre gambe, a fronte di tanti sacrifici adesso sappiamo come coprire le scadenze del mutuo fatto ed insieme godere dell’investimento!”.

Con due immagini patinate in secondo piano potrebbe sembrare la pubblicità di un’agenzia di prestiti, ma non è così. Per giunta andando a fare nella direzione dell’opera scelte non convenzionali. Con una sala come la loro, senza vicini da assecondare facile sarebbe stato fare la “scoteca”. 

E invece no, il loro comandamento è il riguardo per quel luogo, non fosse altro perché è casa loro e “non potremmo mai vivere in un posto che poi inizieremmo ad odiare! Come potremmo chiedere ad altri di rispettarlo, se non siamo prima noi a farlo?”.

Il tendere al commerciale lo evitano, con naturalezza, senza alcun impegno, “chi vuole, può venire qui per un concetto, non per il contorno…anche se sono buoni pure quelli qui!”.

La sfida è alla ricerca dell’innesto efficiente del vecchio nel nuovo. Ugo per spiegare questo riporta l’esempio dell’Islanda dove quando altrove erano arrivati già i primi cellulare loro non avevano neanche la rete telefonica fissa, “…per mettersi al passo non è che prima hanno installato interminabili linee di cavi a terra, hanno subito iniziato a tirare su antenne per la telefonia mobile, trovandosi poi avvantaggiati.” Spesso, con tutto il rispetto, il “vecchio” risulta incancrenito nelle sue concezioni, perché ha paura di prendere rischi. Invece Tenuta Tedone Consolini, non avendo l’orgoglio da perdere sulle certezze, si studia “il nuovo”, lo si confronta con l’antico e si costruisce consapevolmente. E poi a condire il tutto, ma nel vero senso della parola, a tavola, ad allettare i palati intorpiditi da prodotti preconfezionati dei cittadini ospiti o degli stessi paesani, i dogma della freschezza e genuinità. Concetti comuni agli estremi, ai più grandi chef del pianeta come ai contadini eremiti. Ceppi di origine locale coltivati ed allevati ad un massimo di cento metri dall’uscio della cucina, trasformati e serviti in meno di mezza giornata, sempre se non si tratti di qualche bel lonzino di maiale nero da stagionare, anche quello però sempre non più lontano dell’aia. Il presente contestualizzato nel passato e nascono nuove idee.

Come pastorizzare bottiglie di polpa di frutta senza usare pentoloni e canovacci? Nel forno a vapore! Come ovviare al problema che sull’arida murgia le recinzioni a filo elettrificato non funzionano causa il fatto che non essendo il terreno umido l’animale quando lo tocca non chiude il circuito? Aggiungendo un filo neutro al positivo lasciando così che possa partire la scossa…salvando capre, cavoli, ma anche il lupo!

“Piangere rende ma non porta da nessuna parte!”, questa l’unica frecciatina che si è riusciti ad estorcere in merito a coloro che non fanno altro che attendere foraggiamenti statali per mezzo di sostentamenti e finanziamenti all’imprenditoria. Ci vuole prima di tutto passione, poi abnegazione e “…se si fanno le cose bene, e si pensa solo a farle bene, l’aspetto remunerativo dei propri sogni germoglia e frutta da solo, per giunta più copioso di quanto lo si era immaginato.”

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