Isole Tremiti, le aves diomedeae in cui riecheggia il mito greco e la rotta della salvezza

by redazione

Isole Tremiti, dicono i dépliant e i tour-operator, spesso tacendo la suggestiva denominazione delle origini. Un piccolo arcipelago reso famoso su vasta scala negli anni Cinquanta e Sessanta.

Un pugno di terra frantumato per eventi geologici in pieno Adriatico e destinato a ospitare sia esuli illustri del mondo antico, come la nipote di Augusto, sia truci galeotti borbonici, sia confinati politici di una recente storia nazionale. Ma anche – per chi ami immergersi nello spirito dei luoghi – quieta dimora di Diomede, deluso da vicende dinastiche, che proprio nel Gargano si reinventa una patria, fonda città e santuari, alimenta i culti della nativa Tracia. E infine, al pari di ogni probo cittadino, si ritira in queste isole e vi attende la morte. Ed è forse nel cuore di San Domino che l’eroe greco fu pianto dai compagni di ventura.

Un pianto che doveste colpire le divinità dell’Olimpo e in specie Venere, se fu loro concesso di essere tramutati in uccelli notturni di difficile cattura – le aves diomedeae, appunto, e in tale metamorfosi echeggiare la memoria del venerato sovrano. Le Diomedee, sebbene nominalmente mitologiche, entrano nel vivo della Cristianità con i Benedettini intorno al Mille, con i Lateranensi nel XII secolo e con i Canonici Lateranensi agli albori del1’Umanesimo. Sette secoli di vita monastica – talora funestati dai saccheggi degli Infedeli – che hanno lasciato tracce rilevanti nella chiesa di Santa Maria a Mare. Da notare, principalmente, la facciata con motivi rinascimentali del 1473 e il portale, in pietra di Bisceglie, attribuito ad Andrea Alassi da Durazzo e al fiorentino Nicolò di Giovanni. All’interno, non è solo il polittico di scuola veneta a reclamare adeguata attenzione.

Si osservi il Crocifisso di inconsuete misure (3,44 metri di altezza e 2,58 metri di larghezza) che gli esperti riallacciano alla tradizione bizantino-siriana. L’opera sarebbe giunta dalla costa orientale non prima dell’XI secolo smentendo l’iscrizione venuta alla luce nel 1922 durante i lavori di restauro e che tradotta alla lettera cosi suonava: “Nell’anno 747 / portato dalle spiagge greche / per vie marine / nave la Croce / nocchiero ero io, il Cristo”.

Il Figlio dell’uomo avrebbe guidato dunque di persona la Croce nel tragitto verso l’Occidente, stimolando la credenza popolare già morbosamente accesa dai continui esodi iconografici. Credenza che comunque non contraddice il dato storico essenziale, e cioè la peregrinazione di santi, reliquie e oggetti di culto in luoghi protetti, dopo la messa al bando delle immagini sacre nel vicino Oriente. E le Isole Diomedee, ancora lontane dal volgarizzarsi in “Insulae Tremitanae” significavano un primo caldo rifugio sulla rotta della salvezza. Su di esse stendeva infatti la sua ala protettrice l’Arcangelo Michele, ad appena venti miglia dalla terraferma.

Giuseppe Cassieri

Giuseppe Cassieri (Rodi Garganico, 23 gennaio 1926 – Roma, 30 ottobre 2008) è stato uno scrittore, commediografo e saggista italiano. Ha collaborato, con elzeviri e racconti, con Il Mattino, La Nazione, Il Gazzettino, La Gazzetta del Popolo, La Gazzetta del Mezzogiorno, La Stampa

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.