L’unicum mondiale dell’Orto Botanico di Roma e le 155 varietà di Vigna Italia

by Claudia Pellicano

La Roma dell’antichità ci sarebbe apparsa come un territorio interamente costellato di vigne; ne è testimone la stessa toponomastica locale, che da Vigna Clara a Vigna Stelluti, ci racconta un legame antico e importante tra il vino e la capitale, il comune agricolo più vasto d’Europa.

Il cuore storicamente vitato di Roma si trova sull’ottavo Colle, il Gianicolo, a un passo da Vigna Italia, un piccolo ma importantissimo appezzamento a ridosso delle Mura Aureliane, restituito alla propria funzione e a nuova bellezza soltanto negli ultimi anni. Artefice di questa rinascita Luca Maroni, enologo e autore dell’Annuario dei Migliori Vini Italiani, che nel 2013 torna a visitare l’Orto Botanico, e riconosce la straordinaria valenza verde di questo sito. Il vino è spirito, e collega le menti degli uomini e delle donne in modo inesplicabile, così, grazie alla collaborazione col genius loci Vinicio Mita, con Vivai Cooperativi Rauscedo e con l’Università la Sapienza, decide di riportare vite, quindi vita, al centro di Roma. Il risultato è questo magnifico Orto, un vigneto in cui sono rappresentate tutte le più importanti varietà autoctone italiane- che diventano tali quando l’uva si stanzia e una pianta comincia a reagire e a combinarsi con gli elementi in modo ottimale. I vitigni assumono, così, delle caratteristiche intrinseche e si diffondono, consolidando il normotipo. 

Le 155 varietà di Vigna Italia sono una rappresentanza di tutte e venti le regioni italiane e danno vita a un vino che possiamo bere, acquistare e sviluppare in modo vitigno. È un’occasione irripetibile poter vedere la reattività di tutto il diamante ampelografico italiano situato nello stesso posto e sottoposto allo stesso trattamento climatico. Un vero e proprio museo della vite, in cui è possibile osservare la differenza tra la foglia pentalobata della Lomassina e quella esalobata del Dolcetto, tra il Gamay e il Mayolet. Un fiorire di nomi, di anime e di applicazioni dell’umanità alla vite.

L’Orto Botanico di Roma è un unicum mondiale, non solo perché raccoglie oltre 3,600 specie botaniche diverse, ma anche perché, in virtù del nostro clima, vede attecchire piante dei cinque continenti. Se ci si sofferma a leggere i cartellini alla base di ogni pianta, si possono intravedere denominazioni come Iran, Australia, Cambogia, Cina; la capitale è così feconda che è capace di accogliere e dar vita ad alberi abituati a una miscela di elementi completamente difforme dalla nostra. E come il mondo è dominato dalle molteplicità più diverse, allo stesso modo le uve italiane vengono piantate all’estero e diventano internazionali: nel caso di molti vitigni francesi, ad esempio, il passaggio è stato agito da Roma, e non è un coincidenza che il Pinot grigio sia arrivato in Francia dall’Italia.

La tradizione vuole che la vite si sia originata nel bacino armeno o dell’antica Mesopotania; il sito più antico dove è stato rinvenuto il vinacciolo, che con la tecnologia del carbonio C14 può essere retrodatato, risale a oltre 6,000 anni fa e proviene proprio dall’Armenia; da quell’area, l’uva si è propagata fino alla Grecia passando per la Turchia e Israele, e ha compiuto un percorso che l’ha portata in Enotria, dove si è stanziata. Italo era il re di questa terra produttrice di grandi vini, e in virtù dei frutti che raccoglieva in Calabria, rese una tale importanza, e con così tanta grazia, all’applicazione agricola, che i contadini smisero di essere considerati gli ultimi della catena sociale e cominciarono ad acquisire un loro riconoscimento. Da allora la vite si è propagata in Italia in modo straordinario- non esiste tuttora nessun altro Paese al mondo che abbia la ricchezza e la varietà ampelografiche dell’Italia.

Il genio di Leonardo scriveva della vite come di un qualcosa «con la fatica in mano»: tra le varie applicazioni agronomiche, la vigna è quella che richiede un’assiduità di rapporto profonda e tempestiva, che in 150 giorni, dal nulla permette di arrivare al frutto carco di polpa. Un lavoro, ma, come ogni atto di creazione, anche un piccolo miracolo.

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