Papi e santi, il vino e il Rosone: l’Inno a Troia arriva ai cuori, per celebrare il Millennio

by Antonella Soccio

“La nostra terra è baciata dal vento, dai lunghi colli dall’oro del grano. Fatuo sentore nell’aria di inverno di camini dal borgo innevato. Il maestoso rosone imbiancato, i gloriosi santi patroni. Un bimbo in strada che gioca esorta: io son di Troia!”.

Sono i primi versi dell’Inno a Troia, scritto e musicato da Andrea Casoli e Vincenzo Lizzi, che celebra la storia millenaria della città e che è stato adottato dall’Amministrazione Comunale dei Monti Dauni del sindaco Leonardo Cavalieri come inno ufficiale.

L’opera, interpretata da due artisti dauni, due eccellenze del bel canto, il tenore Romolo Bruno e il soprano Ilaria Bellomo, è stata registrata a Lucera da Raffaele Fortunati di Combo Studios con la collaborazione del batterista Gianluca Mancini, il bassista Giuseppe Tredanari e il chitarrista Pierluigi Vannella, tre musicisti locali di prestigio. La clip, che ha totalizzato in poche ore più di 4mila visualizzazioni, è stata realizzata dal videomaker Giuseppe Pirro, amico fraterno dell’autore, ed è un trionfo dell’orgoglio troiano, con la splendida Cattedrale romanica e il suo rosone leggendario, “cuore e santità” della città, e un forte richiamo ai valori della terra e del vino, col Nero di Troia.

L’inno è un racconto maestoso dellastoria troiana “di chiese e di papi, di santi, concili e vescovi” della cittadina. Un atto di amore profondo per Troia con immagini epiche e turistiche della Cattedrale, del belvedere, dei vicoli e del paese dall’alto.

La clip

“A me interessava entrare nei cuori delle persone, soprattutto in questo periodo in cui ci sono tanta discriminazione, razzismo, bullismo, violenza sulle donne. Volevo un inno che entrasse nei cuori, che potesse creare un collante e che potesse essere un segnale di pace e coesione sociale, che manca oggigiorno a tutti i livelli”, spiega a bonculture il compositore Andrea Casoli.

Andrea, commerciante di cereali a socio della Casoli Vincenzo & F.lli Srl, dopo gli studi e alcune esperienze a Roma, Bologna e Milano, è rientrato a Troia, ormai dal 2007, insieme a molti ragazzi che decisero di tornare grazie alle opportunità dell’allora programma regionale Bollenti Spiriti.

“Ho sempre avuto la passione per il canto e per la musica- prosegue- L’inno originario nasce nel 2015 quando partecipai ad una edizione di Sportivamente. Inno a Troia era un po’ diverso dalla versione attuale, prima era immaginato per un coro. L’abbiamo rimaneggiato per renderlo più pop. Racconta l’amore per la propria terra, non in senso campanilistico, Troia ebbe tante dominazioni, angioine, aragonesi, tante conquiste”.

Nato per celebrare il Millennio, l’inno ripercorre alcuni momenti salienti della lunga storia di Troia: dalla fondazione ad opera del Catapano Basilio Bojoannes, a Città eletta dai Papi a sede di ben quattro Concili, ed ognuno presieduto da un Pontefice (Urbano II nel 1093, Pasquale II nel 1115, Callisto II nel 1120, Onorio II nel 1127). Canta i fasti di una città potente che era riuscita ad ottenere da Papa Onorio II la Charta Libertatum; eventi straordinari come la Santa Gesta che permisero la traslazione a Troia delle reliquie dei Santi Eleuterio, Ponziano e Anastasio, e la successiva, e necessaria edificazione della maestosa Cattedrale; la distruzione della civitas per mano di Federico II.

Come nasce l’idea di un inno così formale e grandioso adatto alle celebrazioni per l’edificazione della Cattedrale? “È nato per caso, avevo già scritto qualcosa, ma una immagine del Rosone imbiancato di Jack Poliseno mi ha ispirato e sono andato avanti coi versi. Con Vincenzo Lizzi l’altro compositore in una fase successiva abbiamo dato un aspetto diverso alla melodia, cambiando alcune parti”.

Dal coro al duetto, come mai?  “È stata una scelta azzeccata, un inno non deve essere servire soltanto per i ricordi dei fasti del passato, ma si deve avvicinare alla gente, deve comunicate col linguaggio contemporaneo, serviva un taglio attuale contemporaneo. Era pensato come corale, ma abbiamo voluto subito dargli un piglio lirico e pop. All’inizio avevo pensato soltanto alla voce calda di Romolo, che riesce a trasmettere tanto. Poi ho inserito la voce femminile, anche se non ero molto convinto, poi abbiamo provato e li ho trovati fantastici, perfetti. Mi sono commosso in studio, mi ha toccato nel profondo. Desideravo dare solennità, attraverso il belcanto”.

Gloria e incanto e maestà

Grande gioia

Immenso amore

Io amo la mia città, per il rosone, cuore e santità

L’inno è anche attraversato da versi sacri e da tonalità ecclesiali. Andrea è d’accordo con questa lettura. “S’, è tutto interconnesso, Troia è stata profondamente religiosa, legata a Roma, con i Vescovi nominati dal Papato, la sede episcopale era a Troia. C’è sempre stato un clima da guelfi e ghibellini, Troia è stata rasa al suolo da Federico II, abbiamo subito la conquista degli Aragonesi, la nostra storia è sempre stata legata al Papato, tenevo molto a sottolinearlo. L’unica cosa che ho omesso è l’animo troiano delle serpi che sono nel nostro stemma, da quando Carlo V le ha sostituite alla scrofa. Aveva elogiato la nostra furbizia nella diplomazia, ecco questo tratto del nostro carattere, l’essere furbi, manca nell’inno”.

La canzone è anche uno strumento di promozione importante per la città, la clip con Giuseppe Pirro tocca molti temi, tra cui la diffusione del Nero di Troia, uno dei vitigni più amati della Puglia e quello che ha i tassi di crescita più alti negli ultimi anni dopo l’esplosione dei rossi salentini. La clip girata con l’artificio della storia d’amore tra i filari del vigneto, una idea della moglie di Andrea, gioca molto col vino e con le suggestioni del Nero, grazie ad un’uva che storicamente è sempre stata molto presente nelle colline dei Monti Dauni.  

Non mancano anche i toni più scuri, che rinviano allo spopolamento e all’invecchiamento delle Aree Interne del Paese.

Voglia di tornare al capezzale e bere un po’ di Nero insieme a te

Dalla storia, patrimonio collettivo da celebrare, alla vita contemporanea. L’opera di Casoli e Lizzi si sofferma sul dramma dell’emigrazione, esaltando la malinconia, la nostalgia di chi, pur lontano continua ad amare la propria terra, la civitas, con “spirito d’orgoglio troiano”.

“Verso la fine si parla di tornare al capezzale, volevo dare un accento al tema delll’emigrazione e dello spopolamento delle nostre zone, negli ultimi tempi, almeno a Troia, c’è stata una leggera frenata, molti di noi hanno messo radici qui, sperando che altri facciano altrettanto”, conclude Andrea.

Il vento, i lunghi colli, l’oro del grano, il maestoso rosone, l’Inno a Troia canta gli splendidi paesaggi, i magnifici monumenti, la profonda religiosità di una città indissolubilmente legata alla sua Cattedrale e ai santi patroni. Già al primo ascolto l’inno rapisce.

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