1982: il Mondiale di un’Italia che sperava

by Mimmo Cicolella

Potevamo soprassedere all’apoteosi di 40 anni fa? No! Anzi, come avrebbe detto Enrico Montesano nelle vesti di un suo famoso personaggio popolare: fu “n’Apocalisse”,’ quello che accadde l’11 luglio del 1982. Quando l’Italia pallonara, dopo quasi cinquant’anni riuscì a rivincere un campionato mondiale. Il terzo dopo quelli del 1934 e ‘38 del mitico Pozzo. Per riprendersi dopo il fallimento degli europei del 1972 e la sberla dei mondiali del ‘74, quando Valcareggi premiò vanamente una nazionale stanca, dopo l’exploit di Messico ‘70, Artemio Franchi, presidente della Lega, decise di affidare la nazionale a Fulvio Bernardini. Teorico del calcio spettacolo, abbagliato dal calcio Olandese, Bernardini si portò Enzo Bearzot all’under 23 e Azeglio Vicini all’under 21. Una ricostruzione lenta e programmata, che vide l’uscita di mostri sacri come Rivera e Mazzola. E soprattutto riprogrammando dai vivai. Ma il primo banco di prova, europei ‘76, fu una nuova Waterloo. L’Italia non si qualificò neppure per la fase finale. Così, per i mondiali d’Argentina, 1978, Bearzot affiancò Bernardini sulla panchina della nazionale maggiore. B&B decisero di portare il blocco Juve e i migliori delle altre squadre, fra cui un certo Paolo Rossi, che vestiva ancora la maglia della Lanerossi prima che passasse con “l’affare del secolo”, così fu chiamato all’epoca, alla Juventus. Bearzot riportò l’Italia ad un maggiore equilibrio fra l’asse centrale del centrocampo e la difesa facendo dialogare Scirea e Cabrini, due difensori dai piedi buoni, con Giancarlo Antognoni e Marco Tardelli che presidiavano il centrocampo, fino ai terminali, Bettega e Rossi. Sfruttando il “Bell’Antonio” ( Cabrini) come terzino fluidificante, e Franco Causio, una delle ultime grandi ali del calcio che fu.

Oggi li chiamerebbero esterni, ma questa è un’altra storia. In Argentina finalmente la Nazionale si ritrovò, fino a raggiungere il quarto posto nella finalina persa contro il Brasile. Ma si capì che Bearzot aveva intrapreso la strada giusta. L’Italia organizzò gli europei dell’80 e la squadra, anche in quella occasione, arrivò quarta. l’80 fu un anno funesto per l’Italia. L’aereo civile DC 9-Itavia 870 viene abbattuto nei cieli di Ustica, e muoiono 81 persone. Poi la strage della stazione di Bologna con una bomba che viene fatta esplodere e che provoca la morte di 86 persone e più di trecento feriti. Ma è anche l’anno delle esecuzioni di “cosa nostra”, con l’assasinio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella e del Procuratore Gaetano Costa. E non si fermano neppure i killer della politica. Esponenti di Prima Linea, ammazzano Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera. E poi il terribile terremoto dell’Irpinia che provoca 3000 morti. E in tutto questo il 23 marzo: al termine delle partite domenicali del campionato di calcio vengono arrestati numerosi giocatori e alcuni dirigenti importanti.

Si tratta del primo grande scandalo che scuote il mondo del pallone: otto partite in dodici giornate del campionato in corso sono state truccate. Il centravanti della Nazionale Paolo Rossi sarà squalificato per 2 anni, tornerà a giocare nella primavera del 1982, in tempo per essere convocato per il campionato del Mondo in Spagna. Nessuno vuole Paolo Rossi in Nazionale, perché lo ritengono fuori forma e sgonfio psicologicamente. Fra l’altro il capocannoniere di quella stagione è Roberto Pruzzo.

Ma Bearzot gli preferisce Rossi, e le polemiche si infiammano! Così come Bearzot preferisce Marini a Furino, altra “macchia” da lavare. L’Italia, inoltre, parte malissimo e a stento supera il proprio girone, pareggiando contro il Camerun. Oliviero Beha nel famoso libro “Mundial Gate”, pubblicato da Feltrinelli e mai messo in vendita e poi pubblicato da Pironti, parlò addirittura di un “biscotto”, fra la Nazionale e il portiere camerunense N’Kono e l’attaccante Roger Milla per far superare la prima fase agli azzurri. Rossi è un fantasma in campo, quasi non si regge sulle gambe. E Bearzot è contestato da buona parte dei giornalisti. Così i calciatori decidono di entrare in silenzio stampa. Ma da quel momento accade l’improbabile, la Nazionale si compatta e infila, uno dopo l’altra, 3 vittorie, con un Paolo Rossi rinato. Fra cui la storica partita con il Brasile, che molti ritengono la vera finale. L’Italia ha solo un risultato a disposizione: deve vincere, il Brasile può anche pareggiare. Ma l’Italia dopo la partita contro l’Argentina di Maradona, risolta con un “uno-due”, di Cabrini e Tardelli, non ha nulla da perdere e con il più classico gioco di rimessa, batte per 3 a 2 il Brasile di Zico. E’ un trionfo. La Polonia che arriva in semifinale, viene spazzata via con un secco 2 a 0 targato Paolo Rossi. Ormai per tutti è Pablito e fa sognare anche gli spagnoli.

La finale con la Germania dell’11 luglio, appunto, pare a tutti una formalità. Niente di più errato. E infatti la partita comincia male, anzi malissimo. Il disco dell’inno di Mameli si inceppa un paio di volte e Cabrini manda fuori un rigore per fallo su Conti. Anche l’entusiasta Nando Martellini, storico telecronista Rai, parte con una serie di scongiuri verbali, atti ad evitare parole che, anche lontanamente, parlino di vittoria, tempi supplementari, fine partita..Rossi, Tardelli ( e il suo urlo da lupo mannaro) e Altobelli, stendono i tedeschi che pure sono dotati di uomini del calibro di Breitner( autore dell’unico gol germanico), Rummenigge,Littbarski, Muller, Schumacher. Insomma  una formazione tosta. E per quella finale si scomoda anche il Partigiano Presidente ( come direbbe il sanremese Toto Cutugno) Sandro Pertini. Anch’egli inondato di critiche perché, secondo la solita linea snob degli pseudo intellettuali di sinistra, un Presidente della Repubblica, con tutti i problemi che c’erano in Italia, non doveva seguire la Nazionale in Spagna. Pertini, che non le mandava a dire, rispose duro e puro, com’era nel suo costume, che l’Italia aveva invece bisogno di esempi positivi per accelerare l’uscita da uno dei suoi periodi più bui. E che un Presidente ha l’obbligo di essere sempre presente, nei momenti felici e quelli infelici per far sentire la propria vicinanza al popolo. Insomma, quel mondiale di 40 anni fa, fu baciato da una congiuntura unica, dove, dalla vittoria della Nazionale, l’Italia improvvisamente si ritrovò a scalare classifiche in tutti i settori.

Avvolta dall’edonismo reaganiano, e la filosofia di Milan Kundera e la sua Insostenibile leggerezza dell’essere. Un sogno durato una decina d’anni, da cui gli italiani si svegliarono improvvisamente con il terremoto di tangentopoli. Ecco perché quel mondiale rimarrà nella storia dell’Italia e nel cuore degli italiani, che nella completa e euforica incoscienza vissero il periodo, lasciandosi alle spalle gli “anni di piombo”, delle stragi mafiose e quelle di stato. L’anestetizzante grido di Martellini “campioni del mondo”, detto tre volte sul triplice fischio dell’arbitro Coelho, per un momento ridiede agli italiani la speranza di potercela fare ancora una volta..

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