A Roma Flumen, la psicoanalisi restituisce una vocazione sociale contro un’idolatria del nuovo e dell’efficiente

by Michela Conoscitore

Il mese scorso, a Roma, ha preso avvio un’interessante rassegna: in quel di Trastevere, presso la sede del centro Cosmo, dal 26 maggio sono iniziati gli incontri di “Flumen – La psiconalisi scorre nella città”. La scienza della psiche, nata con Sigmund Freud alla fine dell’Ottocento, dialoga con altri saperi e mette in evidenza quanto il contemporaneo sia attraversato da queste correnti sotterranee, che conducono all’esplorazione di sé e dell’altro.

La rassegna Flumen è organizzata dalla neonata Società Romana di Psicoanalisi: “La Società Romana di Psicoanalisi è sorta lo scorso dicembre 2021 dall’alveo delle altre Società Cittadine presenti in Italia, sorte a loro volta da un’idea del fondatore Massimo Recalcati come racconta a bonculture, Valentina Galeotti psicoterapeuta del centro Jonas capitolino e tra le principali animatrici della Società Romana di Psicoanalisi.“Le Società Cittadine fanno parte di un arcipelago costituito da tre istituzioni principali ossia le Società cittadine appunto, dedicate alla formazione dell’analista, i centri clinici Jonas, dedicati alla clinica e IRPA, Scuola di specializzazione atta al conseguimento del diploma in Psicoterapia. L’intento delle Società è quello di incoraggiare la formazione permanente dell’analista tramite convegni, presentazioni editoriali, gruppi di ricerca, seminari facendo rete tra colleghi uniti dal legame transferale di lavoro.

Con la dottoressa Galeotti abbiamo approfondito le tematiche della rassegna Flumen.

Perché la Società Romana di Psicoanalisi sceglie di organizzare una rassegna come Flumen nella città di Roma?

La Società Romana ha scelto di organizzare una rassegna come Flumen proprio alla luce della connessione che le Società Cittadine hanno con la propria città, con le istituzioni che la abitano e con i soggetti all’interno di queste stesse istituzioni. Flumen è stata pensata come un’opportunità al fine di intessere un discorso che a partire da quello psicoanalitico, fondante le Società stesse, si irradia nei molteplici campi del sapere, quali la filosofia, l’arte, la sociologia, la letteratura, ampliandosi e annodandosi con essi allo stesso tempo.

La psicoanalisi oggi è differente rispetto a come era stata concepita da Sigmund Freud. Quanto e come è cambiata la disciplina nel corso dei decenni?

Si è differente, ma forse non-tutta differente. L’atto di Freud fu un atto rivoluzionario. Il medico e psicoanalista viennese fu il primo, negli ultimi anni del XIX secolo, a scorgere un qualcosa dietro dei sintomi che allora venivano analizzati esclusivamente da un punto di vista medico-biologico, a tentare di dare ad essi un significato rispetto al soggetto che ne soffriva, e a notare, con grande stupore, che i sintomi si alleviavano. Le sue intuizioni sul fatto che c’era un qualcosa al di là del sintomo organico erano confermate. Freud incentrò il suo studio al di là del sintomo somatico, ascoltò il soggetto, lo fece parlare incoraggiandone la libera associazione, strumento fondante, allora come oggi, la pratica analitica. Ecco, questo ciò che non è cambiato, ossia l’ascolto del soggetto, il rispetto del suo dire, della quota di enigma che il soggetto reca con se, in altre parole la centralità dell’inconscio nella sua irriducibile differenza. Oggi come allora la psicoanalisi si rivela una pratica distante da molte teorie odierne in cui la tendenza è quella di definire con dei numeri il soggetto, di chiuderlo in criteri e categorie standard, di garantire una restituzione per intero di un funzionamento sia del corpo che del pensiero, di non rispettare dunque la dimensione di verità che un sintomo nasconde e di unicità di quel sintomo per quel soggetto e non per un altro. In questo senso Freud, luminosamente ripreso da Lacan, intende il fine della psicoanalisi non tanto ortopedico-curativo, dimensione conseguita ma secondaria, quanto etico. Credo si possa intendere questo quando Lacan afferma che l’analisi è un’occasione per ripartire. Ripartire, appunto, rispetto al proprio singolare e irriducibile desiderio, e alla responsabilità che ogni soggetto ha nei confronti di esso.
Il pensiero freudiano, inteso nelle sue evoluzioni, torsioni, passi avanti così come i ripensamenti, dicono della straordinaria complessità che il campo dell’inconscio reca con se. Sta all’analista oggi, a mio avviso, applicarlo e renderlo attuale, preservando, alla luce di quanto detto sopra, quella postura eticamente orientata che lo contraddistingue.

Spesso si possiede un’idea ghettizzante dei saperi. Il pregio della vostra rassegna è aver messo in dialogo diverse discipline. Quali punti di contatto offre la psicoanalisi, proprio per sfatare questa convinzione?

Si la nostra rassegna incontra psicoanalisti in dialogo con filosofi, artisti e altre figure. L’intento è mosso dalla convinzione che un sapere chiuso in se stesso, uguale a se stesso, che si nutre solo di se stesso, sia sterile e, come dire, monco delle influenze a cui la connessione con altri saperi può condurre. Gli stessi padri simbolici ai quali si fa riferimento hanno a loro volta attinto a saperi laterali, inediti, impensati senza di cui forse non avrebbero prodotto quelle straordinarie riflessioni su cui oggi ci interroghiamo. In altre parole, una buona dose di contaminazione, di “esilio” dalle proprie consolidate coordinate teoriche, un’apertura al “mare della formazione”, direbbe Recalcati ispirato da Elvio Fachinelli, rimane come territorio fondante la Società Romana di Psicoanalisi, in questo caso forse ancora di più poiché in collaborazione con Cosmo, istituzione anch’essa aperta al molteplice e alla sperimentazione di diversi linguaggi.  

In Flumen, la psicoanalisi considerata dai più essenzialmente come una scienza clinica e volta alla relazione d’aiuto, si immerge nell’urbano; infatti, sottotitolo della rassegna è ‘La psicoanalisi scorre nella città’. Quanto può essere utile la visione psicoanalitica nell’interpretazione della società contemporanea?

Il rapporto con l’istituzione/città in cui la psicoanalisi è praticata è, per quanto mi riguarda, essenziale. In contrapposizione ad un Discorso del capitalista oggi imperante dove ciò che conta è il bene di consumo da ottenere nel più breve tempo possibile, in assenza di legame, inseguendo un’idolatria del nuovo e dell’efficiente, la psicoanalisi ha l’opportunità di restituire al nostro tempo una vocazione sociale, costituita sul legame tra i soggetti e tra le istituzioni. Poiché se, come sostiene Pasolini, le istituzioni sono “commoventi”, la psicoanalisi sembrerebbe una buona pratica, un aiuto-contro, per abitare in modo diverso questo tempo. La psicoanalisi può rispondere come elemento separatore, causativo di desiderio, di generatività, di movimento critico, intellettuale e fecondo e per farlo non sarebbe possibile per essa rimanere chiusa in uno studio ma solo uscendo e “scorrendo” nella città appunto.

Il primo incontro della rassegna si è svolto a maggio, ci può anticipare qualcosa dei prossimi due in arrivo?

La rassegna da maggio a luglio 2022 di Flumen si è svolta intorno a tre significanti: Nostalgia, Traccia e Margine. Mentre la prima ha visto come protagoniste Sofia Diana, psicoterapeuta e socia della Società Romana di Psicoanalisi e Lucrezia Ercoli, filosofa, introdotte dall’analista filosofa Benedetta Silj intorno al tema della nostalgia, durante il secondo incontro sarà la volta dell’artista Alfredo Pirri, un artista che dal mio punto di vista, più di altri, può ritenersi rappresentante della poetica della traccia, dell’impronta, della differenza assoluta e lo farà attraverso la sua opera “Passi”. In occasione dell’ultimo incontro si avrà modo di ascoltare Maria Laura Bergamaschi, psicoanalista in Jonas e socia della Società Pavese di Psicoanalisi, Giulia Zaccaro ed Emilio Riccioli, rispettivamente filosofa e psicoterapeuta soci della Società Romana di Psicoanalisi intorno al significante margine e alle questioni del confine, dello straniero, della “fratellanza discreta”, termine introdotto da Lacan. Un tema, quest’ultimo a dimostrazione che il dire psicoanalitico non rimane fuori da riflessioni odierne ma tenta di muovere interrogazioni intorno al soggetto, l’altro, la società, specie in seguito ai difficili accadimenti contemporanei.

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