“Ambiente, beni comuni, lavoro e una transizione bio”: le idee di Leonardo Palmisano per la Puglia

by Antonella Soccio

Mettere al centro la libertà a sostegno delle imprese totalmente green. Nel ciclo dei rifiuti, in agricoltura, nelle pratiche culturali e paesaggistiche. Con una concertazione, una pianificazione compressa di ambientalismo e lavorismo, che sappiano concedere nuovo protagonismo ai giovani grazie alla prosecuzione di quei Bollenti Spiriti che hanno mutato il volto della Puglia.

È un cambio di passo quello che chiede il sociologo, docente universitario e imprenditore Leonardo Palmisano, candidato alle Primarie per la candidatura alla presidenza della Regione Puglia e oggi primo alleato del presidente uscente Michele Emiliano, candidato per il secondo mandato.

Sogna per la Puglia una transizione bio.

“I pugliesi chiedono credibilità, il tema non Michele Emiliano sì o Michele Emiliano, ma il rispetto del risultato delle Primarie. Senza Michele Emiliano io non sono della partita. Mi alzo e me ne vado, sono un uomo di parola”, spiega.

Impegnato con la sua attività nella costruzione di un social network eticamente sensibile e aperto ai temi lgbt del mondo arabo e dell’ambientalismo per una piattaforma locale che possa crescere su ambiente e lavoro, Palmisano è convinto che il centrosinistra abbia bisogno di un coraggio nuovo per andare oltre la narrazione della Primavera pugliese e questi 15 lunghi anni di governo.

Noi di bonculture lo abbiamo intervistato.

Palmisano, lei si candida a queste regionali del 20 e 21 settembre?

Io mi candido nel Partito democratico, nel collegio di Bari, abbiamo scelto come “Ambiente e lavoro Puglia” di andare in coerenza rispetto al percorso già avviato durante le Primarie e pensiamo che la candidatura dentro le liste del Pd , ovviamente da indipendente, possa portare una ventata di novità. Il simbolo del Pd è riconoscibile, in questo momento è l’unico simbolo realmente riconoscibile dentro il centrosinistra.

È anche questo un po’ il problema della coalizione di Emiliano, no?

Sì, ma i problemi sono diversi. Sicuramente c’è un tema della riconoscibilità delle idee che portiamo avanti. A me sembra che noi rischiamo di fare una campagna elettorale che sia a più voci, ma talvolta anche dissonanti. Era già accaduto durante le Primarie, per questo ho chiesto alla coalizione di riunirci, per provare a mettere un punto fermo sul programma. Se il tema proposto da Renzi e dai renziani è un tema di idee, bene confrontiamoci, c’era il tempo per poterlo fare durante le Primarie, secondo me loro avrebbero dovuto e potuto esprimere una candidatura. Ho come la sensazione che Renzi voglia giocare sul tavolo nazionale la scelta di candidare Scalfarotto, che guarda ad ambienti che sono di sinistra e sottrae qualcosa anche ai 5 Stelle, sia per andare al tavolo nazionale, per dire: beh senza di me, il centrosinistra perde. E quindi rendersi nuovamente indispensabile. Io che non ho mai amato Renzi e che non ho votato il Pd, anche perché c’era lui, perché Renzi costrinse l’Italia ad un referendum che ha prodotto solo fratture dentro il centrosinistra, politicizzando il risultato delle Europee. Lui che ha delle tendenze autocratiche, vorrebbe ri-rendersi indispensabile. Io non ritengo che l’alleanza con Italia Viva sia indispensabile, ma penso che il campo del centrosinistra si sia definito con le Primarie e che una volta definito il campo si debba andare compatti. Con l’unico candidato possibile che è Michele Emiliano.

Perché scegliere Scalfarotto, rischiando di andare a sbattere? Se Renzi volesse acquisire nuovamente importanza non avrebbe dovuto candidare Teresa Bellanova?

Bellanova sarebbe stata candidabile, se il processo di regolarizzazione dei braccianti fosse andato fino in fondo, poiché la regolarizzazione è un bluff, non poteva essere candidata. Poi la Bellanova sarà certamente in campo, proverà a spostare consenso, sui temi dell’agricoltura, però quando si è cimentata su questi temi non mi sembra che abbia raggiunto risultati migliori degli altri nel campo del centrosinistra. A me pare che Italia Viva abbia scelto noi come avversari e non Fitto. E questo mi porta a fare una considerazione che non può non essere di carattere nazionale.

Potrebbe trasformarsi forse nel nuovo polo moderato…

Se c’è spazio al centro, io sinceramente non lo vedo. Da quando è scesa in campo una destra nuova, che ha costruito un fronte sovranista, con una solida alleanza tra Fratelli d’Italia e Matteo Salvini, con Fratelli d’Italia che in Puglia vedrà la campagna elettorale gestita direttamente da Giorgia Meloni, vedo difficile che possa esserci un coagulo di forze diverse rispetto alla destra. Cosa hanno fatto le destre? Hanno scelto un candido che viene dal centro.

È una operazione molto furba.

Sì, ma Fitto non è un candidato moderato, era molto più moderato Altieri. Fitto non è mai stato moderato coi suoi e pagherà anche coi suoi.

È vero che la Lega aveva imbarcato tanti politici super moderati, basti pensare ad Andrea Caroppo, di vero centro.

La cultura di destra al Sud non è una cultura leghista, ma è una cultura nostalgica, passatista e Fratelli d’Italia la interpreta meglio. Se Fitto, che proviene da una robusta cultura democristiana di destra, sceglie Fratelli d’Italia è perché vogliono coprire quell’area. Renzi dove si colloca? Per ora non sottrae voti alla destra. Non sono convinto che lui voglia fare il gioco del centrodestra, sta cercando di costruire con Scalfarotto un fronte alternativo, laico, liberal, propedeutico a volersi rimettere al centro della scena politica. Del resto del fallimento neocentrista ne ha parlato Calenda in più occasioni. Non c’è più spazio per una forza di centro, se non nel consenso attorno al premier Conte.

Noi abbiamo celebrato le Primarie, il cui esito è sacrosanto, se qualcuno dall’interno dal centrosinistra vuole giovarsi di una eventuale sconfitta della coalizione per interessi personali sta commettendo più di un errore.

Perché?

Poiché siamo in una fase politica del tutto nuova e il centrosinistra ha bisogno di rinnovarsi totalmente, è velleitario pensare che una sconfitta possa facilitare il rinnovamento. È invece arrivato il momento di rimettere in campo delle forze nuove, preferisco spostare la palla dei temi al di là del ricordo di ciò che abbiamo fatto nei 15 anni. Sono certo che vada fatta una autocritica anche molto severa. Penso che nell’agricoltura non abbiamo espresso il meglio, ma non solo nei 5 anni, il Psr viene da lontano, è precedente a Michele Emiliano. Sull’agricoltura abbiamo bisogno di una rivoluzione.

Nei primissimi mesi ci fu la responsabilità di andare a Bruxelles per le oltre 500 osservazioni

Sì, ritardi che poi accumuli e che producono resistenze nel mondo agricolo a sostenerti. Va fatta una rivoluzione tendente al biologico. Una transizione. E questo è un pezzo. Abbiamo bisogno di ricostruire una visione di Puglia: dove la collochiamo questa Puglia? In Europa? In un’area più ampia che è quella euromediterranea?

C’è stato un tentativo con l’assessorato alla Cultura e Turismo con gli Interreg, ma forse ancora troppo elitario

Manca una cosa politica estera regionale, che non è una invenzione mia, perché ci sono già regioni italiane che la applicano, come il Lazio di Zingaretti.

Occorre intessere relazioni sul piano diplomatico con i paesi dell’area mediterranea: noi siamo in un’area che guarda al Sud e al Sud Est del Mediterraneo. Relazioni che devono essere fondate su rapporti si reciprocità, che sono assolutamente necessarie, perché se vogliamo ridare fiato all’economia che deve produrre lavoro, è necessario guardare ai Paesi che ci stanno intorno che esprimono altrettanto bisogno occupazionale. In patto di solidarietà reciproca, che significa tante cose come l’agricoltura meticcia, alla biodiversità mediterranea, agli Interreg per promuovere la diffusione delle culture che si assomigliano e che passano attraverso l’enogastrononia, dobbiamo costruire relazioni positive. Se l’Italia soffre economicamente perché vi è una penuria di denaro, c’è una crisi di liquidità, è anche perché dentro l’Europa non ci sono relazioni soltanto positive, ecco perché conviene che anche le regioni non in maniera autonoma rispetto agli Stati, comincino a pensare ad una politica estera.

Finora, penso soprattutto alla Romania, nel bene e nel male, molti investitori pugliesi sono stati lasciati soli.

I sovranisti, e Fitto fa parte pienamente del fronte sovranista, non si alleano tra di loro, Orban non ci ha pensato due volte a scaricarli. Se devo creare solidarietà devo stare in un campo democratico, antisovranista e lo devo costruire con chi mi sta intorno. Noi guardiamo al Sud, alla Grecia, alla Turchia. Va rimesso in campo anche il tema dei diritti, su cui possiamo costruire alleanze con i popoli, con chi vive in Puglia e proviene da quei paesi. Un altro tema è il diritto ai beni comuni, ossia far sì che l’ambiente in Puglia venga considerato un bene comune.

Nonostante le leggi di tutela paesaggistica non c’è ancora una sensibilità di questo tipo.

Sì, penso a tutto il dibattito su Costa Ripagnola, si chiede da tempo una legge specifica sui Beni Comuni, la Toscana ne ha una, potremmo farla molto più avanzata. Noi dobbiamo ricominciare da zero, bisogna costruire un percorso: abbiamo fatto i Laboratori Urbani? Splendida cosa, adesso usciamo dall’aggregazione culturale, promuoviamo le imprese culturali. I migliori Laboratori Urbani pugliesi sono quelli che sono diventati anche incubatori di imprese, spazi di coworking, ho posto la sede della mia cooperativa nel Laboratorio Urbano di Bari, perché qui trovo altre imprese con le quali cominciare un percorso di co-coprogettazione. Offrire opportunità di lavoro non significa dare occasioni di assunzione diretta da parte dell’istituzione pubblica ma costruire i prerequisiti affinché si crei lavoro.

Però questo potrebbero farlo anche molto le Camere di commercio, non c’è stato un immobilismo totale di questi enti in Puglia in questi anni?

Questo è un dato nazionale, salvo alcune aree dell’Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, dove si sono costruite aree distrettuali che sono riuscite a rintuzzare la crisi. Noi in Puglia abbiamo un vantaggio rispetto a tutte le regioni del Sud: i nostri distretti produttivi sono spontanei, ossia risentono di una capacità endemica di fare impresa e di crescere, internazionalizzandosi. È fondamentale perché significa che c’è già un prerequisito sociale, che viene dal mondo del lavoro. Su quelle possiamo innescare canalizzazioni di denaro pubblico, che possano supportare la nascita di centri di ricerca. Abbiamo bisogno di nuovi mercati. Ho un pallino: sono convinto che la Puglia debba essere la regione che si infrastruttura meglio e in termini reali con le reti ferroviarie e con gli aeroporti e in termini virtuali. Passa da questa idea il futuro di Taranto, per cui immagino una visione come quella di Lussemburgo con una rete infrastrutturale reale, di ferrovie e tram e con investimenti molto alti che mirino alla costruzione di piattaforme autoctone. Abbiamo delle Università importanti che formano meglio di molte altre al Sud, come il Politecnico di Bari, ma anche le facoltà umanistiche, possiamo costruire questi mix ma dobbiamo sostenere lo sviluppo delle imprese, consolidare quella fascia media di impresa, che riesce a stare sul mercato, ma che avrebbe bisogno di costruire delle reti per dare maggiore occupazione. Dobbiamo sostenere questi mercati.

Qual è la proposta sul ciclo dei rifiuti?

È notizia di questi giorni il ritrovamento di una discarica abusiva tra Bari e Carbonara, per non parlare di quel che accade in Capitanata: dobbiamo pulire il settore e innalzare la qualità delle imprese, il cui rapporto con le istituzioni locali deve essere vincolato al rispetto di certe regole, tante volte sono gli stessi bandi che permettono le infiltrazioni criminali. Se ci sono delle aree a rischio vanno salvaguardate con le regole, con la pianificazione. In agricoltura ad esempio va fatto un grande lavoro sulla trasformazione, abbandonando l’idea che tutti i prodotti possano essere brandizzati, i prodotti possono trovare un mercato anche locale. Lo stesso vale per l’editoria, aumentando la qualità e facendo entrare quei libri nelle scuole che frequentano i bambini pugliesi. A pochi km dalla scuola ci può essere una qualità artigianale di cui la comunità non è a conoscenza.

Penso anche a borse di studio centrare su temi specifici, come la produzione di alghe o di antiparassitari che non aggrediscano l’ambiente. Lo dico adesso in fase programmatica e lo dirò più avanti in fase di governo, se vinceremo. È necessario costruire il Psr con i giovani formati e con chi ha una nuova radicalità ambientale.

Molto può essere costruito anche con la Legga sulla Partecipazione, vero?

Certo, va rimesso al centro il principio di democrazia, quella legge va rimessa in campo, può essere adoperata per molteplici segmenti, per i medici di base, per delle community, è uno strumento quadro flessibile che deve responsabilizzare i pugliesi.

Queste cose si possono realizzare col M5S o la loro chiusura è ormai irrecuperabile?

A mio avviso il M5S ha tradito due idee: quella della rivoluzione ambientale a Taranto; il M5S ha tradito 2 idee, quella di una rivoluzione e dell’idea dell’ambiente a Taranto e quella dell’onestà e della competenza, il caso Bonafede parla per tutti.

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