Angela Lombardi e l’ambizione di svecchiare la cultura. “Il Teatro del Fuoco non è bottino di guerra”

by Daniela Tonti

Angela Lombardi è assessora della Provincia di Foggia alle politiche culturali, comunitarie e del territorio. Un passato radicato nel civismo, originaria di Monte Sant’Angelo e con una particolare sensibilità artistica, è stata nominata lo scorso 20 agosto dal presidente Nicola Gatta e ha il difficile compito di destreggiarsi tra l’esigenza di una programmazione e di una visione politica culturale e i limiti imposti dalla legge Delrio che di fatto ha sottratto alle province le deleghe e relative voci di bilancio destinate alla cultura.  La sottrazione ha prodotto il passaggio della Biblioteca Provinciale alla gestione diretta della Regione Puglia e la mancanza di programmazione e contenuti per almeno due contenitori culturali, la Pinacoteca e il Teatro del Fuoco, da sempre baluardo della Provincia e frutto del grandissimo lavoro del compianto ex presidente Antonio Pellegrino.

Noi di bonculture l’abbiamo incontrata.

Assessora come pensa di riorganizzare la funzione turismo e cultura? Vi siete già fatti un’idea?

Diciamo subito che purtroppo con la Delrio non abbiamo budget di bilancio però è anche vero che attraverso la programmazione e la progettazione si possono sicuramente attivare fondi comunitari. Al momento stiamo ancora prendendo le “misure” per una pianificazione più specifica e dettagliata. Però posso dire sicuramente quale sarà il metodo, svecchiare.

Che intende per svecchiare?

Svecchiare da una visione culturale radicata troppo alle tradizioni. Per me tradizione e innovazione devono viaggiare insieme. Non credo che le tradizioni da sole possano portare a far sì che la nostra identità venga vissuta e soprattutto proiettata nel futuro, anzi vedo che questa cosa funziona più da ostacolo alla crescita perché è come se ci si rinchiudesse nella difesa dei propri confini e ci si appiattisse sul passato. Alcune sono pervase da una spinta nostalgica che diventa un fattore di chiusura per una terra che ha bisogno di aprirsi al futuro e esplorare altro.

Lei conosce questo mondo molto bene, ha pensato di mettere in rete le associazioni o di fare qualcosa in questo senso? O è un’impresa impossibile?

È una situazione di stallo perché gli operatori si aspettano sempre il sostegno della politica e hanno spesso poca volontà di mettersi insieme. Più che rete io parlerei di contaminazione. Oggi ognuno opera per sé e questo è un danno e spesso si opera da soli anche a danno degli altri. Invece lavorare insieme crea delle basi per buone relazioni sociali e crea la capacità di scambiarsi conoscenza e l’offerta diversificata è creata dalla collaborazione e dal fare insieme. Purtroppo gli operatori qui nel territorio di Capitanata vivono troppo nella singletudine e soprattutto si aspettano troppo spesso ancora il sostegno e la sussistenza.

E come si coniuga con il fatto che non avete nemmeno un minimo di budget?

I soldi sui fondi europei ci sono quello che conta è la capacità di intravederli questi fondi e progettare attraverso di essi.

Ultimamente la Regione sta lavorando moltissimo sulla Vie Francigene, e dunque anche su quella Michaelica, sulle mappature e sulla segnaletica oltre che sulla promozione. La Provincia che ruolo ha? S’inserisce in questo discorso?

Noi come Provincia, già nella passata consiliatura, abbiamo collaborato con il Dipartimento della Regione affinché il progetto di valorizzazione delle vie francigene prendesse corpo, adesso stanno lavorando moltissimo e noi sicuramente offriremo tutto il nostro supporto.

Sul Teatro del Fuoco invece che idea si è fatta?

È una bella patata bollente. Io penso che il Teatro del Fuoco non può essere sottoutilizzato così come è oggi. È un bellissimo teatro, offre una quantità di posti come pochi altri teatri e penso che gli enti debbano dialogare perché non diventi un bene della politica o uno strumento della campagna elettorale. Deve essere un bene fruibile dalla collettività.

Il Teatro del Fuoco, secondo il mio modesto modo di vedere, non credo debba essere associato al Giordano. Non può diventare una succursale del Giordano. Credo che debba diventare un teatro capace di proporre un’offerta culturale diversa, con una propria identità.

Mi spingo oltre. L’idea di una Fondazione a tre non credo sia un’idea eccezionale perché io penso che il Teatro del Fuoco, il Teatro Giordano e l’Oda (che addirittura è fuori uso) debbano fare dei percorsi autonomi, nel senso che debbano programmare un’offerta culturale diversificata e alternativa e creare competizione perché no. Perché solo un’offerta diversificata porta arricchimento e possibilità di scelta alla collettività.

Sulla Gestione?

Sulla gestione dobbiamo sederci e dialogare. Il teatro è ciò che si porta in scena. E il Teatro del Fuoco non può essere trattato per l’importanza dell’immobile e bisognerà dare una svolta in funzione che venga usufruito e non trattato come oggetto di contesa di campagna elettorale. Alla stregua di un bottino di guerra.

L’altro spazio inespresso è la Pinacoteca. Ci sono progetti?

Al momento anche questo è uno spazio bellissimo, non sufficientemente valorizzato e che dovrebbe essere utilizzato meglio. C’è bisogno di una programmazione e in questo la politica deve dare il suo indirizzo preciso.

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