Arkfrequency architects: la genesi di un sogno. «Il nostro primo comandamento è quello di tentare di sognare cose mai esistite»

by Antonella Soccio

Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto.”

Jorge Luis Borges

L’architetto Roberto Pertosa risponde con questa splendida citazione di Borges a chi gli chiede di raccontare la sua storia. Una citazione che fa intendere la passione e la vocazione che lo coinvolge al suo mestiere. L’Architettura è per lui uno scopo per dare forma al destino.

“Dobbiamo avere il coraggio di sognare cose che ci facciano sognare”, ripete con tutto il candore che conosce.

Noi di bonculture lo abbiamo intervistato.

Architetto, con lei si ha subito la certezza dell’indissolubile importanza del Sogno nella definizione della sua concezione di una nuova riqualificazione del pensiero e della filosofia del linguaggio architettonico. Ma qual è il suo Sogno? Da quali radici nasce, e in quale direzione è destinato?

Il sogno… Intende in termini fisici, emotivi, psicologici? Non è mai agevole descrivere in forma figurativa un sogno. Al risveglio le immagini sono spesso confuse, rarefatte. Ma i miei sogni però sono quelli consapevoli, quelli che si costruiscono con il desiderio nell’intimo di una stanza.

Vuole sapere quanto costa un sogno? O quanto pesa un sogno? Spesso i sogni rimangono irrisolti, sostano distanti o, peggio, si dichiarano a noi irraggiungibili.

Non esiste mai un quanto o un come. Non esiste una misura o un tempo entro i quali spendersi per conseguirli. Un vero sogno è infinito, è geneticamente eterno. Non si finisce mai di combattere per realizzarlo.

Ma c’è un modo, nel mio mestiere, per intravederlo quel sogno. Esiste uno strumento fondamentale per sviscerarlo, per avere forse l’illusione di toccarlo.

Qual è questo strumento? In cosa consiste esattamente?

Quello di condividere il sogno, di comunicarlo, di metterlo a nudo, di presentarlo al mondo secondo la propria dimensione progettuale e il proprio credo linguistico.

Combattere per esso, in questo mondo violentemente refrattario alla speranza e alla visione, ma paradossalmente rivolto più intimamente al suo recondito significato semantico.

Ebbene, io provo ancora oggi, con la stessa intensità di ieri, e forse ancor più di ieri, a sognare, a manifestare il mio sogno, senza misurarne la sua ampiezza, e sempre controcorrente.

Ci spieghi meglio le origini del sogno e verso cosa muove.

Il sogno muove da radici aspiranti, energicamente piantate nel mio luogo d’origine, e dilatate con un fare elastico allo scopo di raggiungere mete sempre più visionarie, luoghi sempre più lontani, un futuro che immagino di dominare e di possedere, ma prendendone accuratamente le distanze spaziali e temporali, per descrivere una nuova realtà a me sconosciuta e da decodificare perché occlusa da una realtà abituale, consolidata e stereotipata.

Ogni azione è l’interpretazione di un punto di vista, parte sempre da un’idea, un concetto. È parte di uno scopo che assume il ruolo di movente.

La condivisione di un’idea, di uno scopo, è una straordinaria arma per diventare migliori, e la sua divulgazione comunicativa è altrettanto importante quanto il fare Architettura. Essa, infatti, è l’espressione parlante dell’opera stessa, il filo conduttore che lega il pensiero e la passione dell’ideatore alla produzione dell’opera finale, e il confronto, attraverso la costruzione delle relazioni, è un elemento imprescindibile nella razionalizzazione dell’idea attraverso un progetto, e determina e intensifica la definizione dei tratti della propria essenza, e aiuta a riconoscersi con gli altri e a individuare obiettivi comuni.

Aiuta a individuarsi come esseri particolari, affini, anche oltre i confini dell’ambito lavorativo.

Un’empatia che spinge verso un’unica direzione, un credo, una tensione comune verso la bellezza delle cose come riflesso di una bellezza dell’animo.

È stato mio padre a insegnarmi questa libertà.

Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza. Un concetto, nella sua semplicità, straordinario.

Come nasce questo tipo di empatia?

L’incontro, il confronto e l’interazione, nel corso degli anni, con una serie infinita di colleghi di tutto il mondo, e con l’Architetto Luca Caputo con cui lavoro in simbiosi ormai da anni, e, ovviamente, con committenti illuminati con i quali, tramite l’innato desiderio comune di voler rendere migliore il mondo per il benessere dell’uomo, coniugando bellezza e funzionalità, abbiamo dato origine a opere architettoniche autentiche, dotate di intimo significato, e scaturite da concetti fondamentali che esplodono inevitabilmente solo da un’idea e da un ispirato approccio metaprogettuale.

Non c’è altro modo, non esiste alternativa. È la nostra estrema inclinazione, la nostra identità, insolenti verso tutto e tutti. Senza un’idea nulla può esistere. In Architettura nulla è mai casuale, niente è mai puramente estetico. Tutto ha un significato e ha uno scopo, in un organico connubio di contenuto, funzione e tensione, rivolto sempre verso la bellezza.

La bellezza ha sempre un significato? Esiste la bellezza rivolta alla creazione di cose che non abbiano solo una valenza estetica?

L’abilità dell’opera architettonica di comunicare e di divulgare messaggi densi di significato, dotati di una filosofia di linguaggio, deriva totalmente dal nostro desiderio di creare valori autentici, di interagire con il destinatario, di consegnare l’opera al fruitore, e di trasmettere, se possibile, come provocatori emozionali, momenti di felicità.

Il nostro primo comandamento è quello di tentare di sognare cose mai esistite, di intuire percezioni visionarie, e raccordarle con i pochi contesti consolidati che funzionano.

Ogni opera di Architettura è dotata di un carattere di unicità, come unico è l’uomo, e predispone di una forma organica che la rende irripetibile altrove.

Secondo il suo concetto di Architettura, l’uomo è posizionato al centro? Per Pico della Mirandola la dignità dell’uomo si manifesta in quelle caratteristiche peculiari che lo rendono tale e diverso da ogni altro ente, ossia unico. La dignità dell’uomo che si traduce, quindi, in libertà?

Si, la libertà che si traduce in nessuna omologazione. Persiste nei nostri progetti una costante attenzione nei confronti dello specifico fruitore, delle sue necessità e dei suoi desideri nella realizzazione delle sue architetture e degli spazi a lui destinati. Perché sarà l’unico a trarne beneficio corporeo, mentale e psicofisico. L’uomo è infatti al centro di ogni progetto perché ciascun essere umano è dotato di proprie specificità, ciascuna persona è diversa a seconda dei contesti che calpesta e delle esperienze che lo investono.

Le nostre Architetture, così come gli uomini che le impiegheranno, non sono prototipi, tendono a essere olistiche, sono camaleontiche, partono dai bisogni reali di ognuno coinvolgendo la diversità umana nel processo progettuale allo scopo di riconfigurare la realtà.

Cosa intende per riconfigurazione della realtà?

Riconfigurare la realtà significa comprenderla, esplorarla attraverso i sensi, bypassando la supremazia della vista e travolgendo tutti i profili sensoriali conosciuti mediante ossimoriche connessioni tra classicità, contemporaneità e futuro, con l’ardente desiderio di trasfigurare il concetto tipologico, funzionale e linguistico del credo consolidato e scoprire nuovi orizzonti di spazio.

Architetture camaleontiche ma al tempo stesso paradossalmente antimimetiche perché si impongono di appartenere al proprio tempo, e devono acquisire una necessaria veste contemporanea.

Tale approccio non è affatto antitetico al gesto architettonico che pretende la considerazione della rilevanza del concetto fondamentale del Genius Loci, ma volge alla riqualificazione del suo significato, e alla trasfigurazione del sogno che muove dalla compensazione della dilatazione elastica delle nostre radici.

Non sono processi troppo complessi, non accessibili a tutti, che appartengono solo ad una élite?

Ma necessari per un vero cambiamento. Un approccio non solo tecnico, ma che deve coinvolgere infiniti saperi. Il progetto di Architettura come un vero e proprio unicum, un essere vivente dotato di specifiche peculiarità, a immagine e somiglianza del suo fruitore, e rivolto verso l’estrema cura dei dettagli, verso la ricerca della forma, verso la figurazione della bellezza che è inavvertitamente retaggio culturale, in opposizione alla superficialità e l’uniformità morale e mentale, con l’intrinseca idea di rendere semplice ciò che appare complesso, e che sia capace di suggestionare la mente umana, senza inibizioni, e con un approccio “infantile” che conduce in luoghi sospesi a riassaporare il tempo e la lentezza per inventare cose nuove.

Torna il fanciullino, una potente immagine sognante e metafisica. Il Sogno è dunque è l’illusione di un ritorno all’infanzia?

Un’illusione che però si tramuta in realtà. Per diventare bambini occorre una vita! E come bambini aspiriamo a percorrere spazio, tempo, luce, colori, odori, dimensioni multiple che provocano volontariamente l’uomo a distrarsi dal ritmo delle barriere convenzionali e noiosamente ordinarie, indirizzando verso una nuova esperienza progettuale attraverso una spasmodica sperimentazione volta alla creazione di spazi a misura d’uomo, essenziali, sensoriali, da cui esploda definitivamente, tramite il processo emozionale, l’essenza della correlazione tra forma e contenuto.

________________________________________________________________________________

Arkfrequency architects indaga su soluzioni architettoniche innovative, rivolte alle esigenze della vita contemporanea, operando a 360° nei campi dell’Architettura, dell’Urbanistica, del Landscape e dell’Interior design, e il cui lavoro è caratterizzato da una particolare attitudine sperimentale che tenta di condizionare la percezione dello spazio fisico e di quello concettuale, contribuendo, attraverso lo strumento grafico e la rappresentazione figurativa, alla formazione di una coscienza architettonica attraverso la memoria e l’astrazione, e riportandosi alle capacità impressionistiche dello sguardo architettonico.

L’intenzione progettuale dello Studio, e il suo modus operandi tra metafisica e tecnologia, è rivolta infatti alla ricerca di una rappresentazione della realtà al di là dell’apparenza, in ambientazioni caratterizzate da un’estraneità e da una purezza grafica attraverso stilemi di concezione classica, il tutto rimodulato in chiave contemporanea sottoforma decostruttiva e apparentemente minimalista mediante l’uso di materiali tecnologicamente avanzati.

Organizzato e gestito con approccio manageriale, Arkfrequency architects unisce la flessibilità e la sperimentazione di uno studio professionale di taglio classico alle garanzie di efficienza delle società di progettazione certificate, avvalendosi della collaborazione di professionisti di formazione ed esperienza internazionale. Particolare attenzione è rivolta ai temi della sostenibilità ambientale ed energetica.

Lo Studio Arkfrequency architectslavora in Italia e all’estero, e partecipa, e ha partecipato, a molteplici concorsi di Architettura nazionali e internazionali, con altrettanti premi e riconoscimenti.

© [ Ark! frequency ] architects | firenze . foggia | Italy

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.