Case popolari ai clan e quel “tariffario del pizzo” che strozza l’agricoltura di Capitanata. Lo studio della Commissione Parlamentare Antimafia sulla Società foggiana

by Antonella Soccio

Un soggetto “camaleontico” capace di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale di Foggia avvalendosi di imprenditori, professionisti e appartenenti alle istituzioni, riciclando i proventi del traffico di stupefacenti e delle altre attività illecite realizzate mediante l’intimidazione violenta e di natura estorsiva finalizzata al controllo del territorio.

Viene descritta cosi nella Relazione Parlamentare della Commissione Antimafia sulla criminalità organizzata in Puglia la Società foggiana, anche detta la Quarta Mafia, ritenuta a tutti i livelli, come ha riferito anche il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi, la più pericolosa e violenta del Paese.

Nel lungo documento si rende conto delle decine di audizioni tenute dalla Commissione sotto l’impulso dell’allora componente senatore Marco Pellegrini con apparati dello Stato, vittime e associazioni impegnate sul fronte della legalità in Puglia.

Il caso Foggia è quello che occupa più pagine del corposo file parlamentare, dimostrando come la società foggiana negli ultimi anni abbia smesso i panni di mafia violenta e selvaggia divenendo una mafia degli affari, in grado di inquinare con le proprie forze il tessuto economico e produttivo della Capitanata.

Sono citati i tanti casi, che sono poi entrati di diritto nella relazione di scioglimento del Comune. Un capitolo a sé hanno gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Si legge: «Di fondamentale importanza l’infiltrazione mafiosa nel settore dell’edilizia pubblica, come emerge dall’audizione dell’ingegnere Pippo Cavaliere, consigliere comunale e presidente della Fondazione Antiusura Buon Samaritano. Il settore degli alloggi popolari di Foggia risulta pressoché controllato dalla compagine mafiosa in grado di gestire l’assegnazione abusiva degli alloggi esigendo una tangente ai richiedenti». Di recente il neo presidente dell’Arca Capitanata Pippo Liscio ha evidenziato che sono 220 gli alloggi censiti in mano ai clan e che stanno per essere presto sgomberati dall’azione di bonifica del Prefetto Maurizio Valiante.

«Sono orgoglioso di aver dato il via, con le mie denunce e la mia audizione, a questo processo di legalità che permetterà di liberare le case per assegnarle davvero ai bisognosi. Ero a conoscenza di qualche nome e di qualche alloggio occupato dalla mafia, ma 220 è un numero poderoso», commenta Pippo Cavaliere, ex candidato sindaco del centrosinistra delle elezioni amministrative del 2019.

Tra le tante infiltrazioni si dà conto anche delle estorsioni feroci nei confronti del settore agricolo. Ad aver dato impulso alle indagini le fondamentali dichiarazioni e denunce rese dall’imprenditore della Op Apod Lazzaro D’Auria, raggiunto da minacce, danneggiamenti a colture e capannone e oggi tra i protagonisti del risveglio antiracket dell’associazione intitolata ai fratelli Luciani e presieduta da Alessandro Zito.

Lazzaro D’Auria nella sua audizione ha permesso alla commissione parlamentare antimafia non solo di conoscere i metodi utilizzati dalle batterie mafiose (l’imprenditore era stato taglieggiato dal clan Moretti Pellegrino, con la richiesta estorsiva di 200mila euro), ma anche l’esistenza di un vero e proprio tariffario del pizzo.

A gran parte degli agricoltori esso viene proposto in cambio di fantomatici servizi di guardiania. In base alla coltura il pizzo viene determinato a valere su ogni ettato.

Una tassa di sovranità annuale.

«Per gli oliveti vengono richiesti 150 euro all’anno, “in modo che non vengano tagliati”, sui vigneti 300 euro annui, sui frutteti 150 euro perché si tratta di una coltura molto più povera, sul grano 50 euro, sul pomodoro 300 euro annui ad ettaro. Ora tenendo presente che a Foggia ci sono circa 510.000 ettari coltivabili e che di questi 90mila sono destinati a oliveti, frutteti e vigneti, 300mila sono destinati a coltivazione di grano, 20mila a pomodoro e altri 15mila ad altre colture come asparago, carciofo e altri ortaggi, il complesso di queste moltiplicazioni raggiunge una cifra che va attorno ai 40 milioni di euro all’anno».

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