“Con la DaD abbiamo fatto l’esperienza dell’inadeguatezza: occorre affrontare il tema della cittadinanza digitale”. A colloquio con la dirigente Mariolina Goduto

by Michela Conoscitore

Prosegue l’indagine di bonculture su come le scuole stanno fronteggiando questo periodo critico, contraddistinto dal caos prodotto dalla Dad, indicata come principale ‘colpevole’ e sui suoi eventuali effetti negativi che potrebbero avere ripercussioni anche importanti sul futuro degli alunni, dal punto di vista pedagogico e psicologico. A ciò, si aggiunge la confusione prodotta dai vari provvedimenti dei decisori politici che non hanno contribuito a facilitare il lavoro degli addetti ai lavori della scuola.

Il dialogo di oggi è con la dirigente dell’istituto comprensivo di Foggia “S. Chiara – Pascoli – Alfieri”, la dottoressa Mariolina Goduto.

Preside Goduto, com’è andato il rientro a scuola dopo le vacanze di Natale?

Abbiamo ripreso con le stesse complessità e con le ambiguità che hanno contraddistinto la prima fase dell’anno scolastico, ma ormai siamo temprati, riusciamo a fronteggiare le difficoltà, preveniamo i problemi. Lavoriamo tutti molto di più, un impegno totale senza orari prefissati, ma recuperiamo energie e motivazione nel momento in cui verifichiamo che sta funzionando.

Lunedì la ministra del Miur, Lucia Azzolina, ha dichiarato che la DAD non funziona più. Lei è d’accordo? Cosa pensa in merito?

La didattica a distanza non funziona quando non ci sono interventi di supporto e di formazione, una organizzazione complessiva, un’azione di orientamento e di progettazione. La mia esperienza mi induce a credere che la DaD sia stata una grande risorsa per continuare a prendere per mano, sia pure virtualmente, i bambini e i ragazzi per accompagnarli nell’avventura dell’apprendimento. Stiamo osservando, riflettendo, prendendo nota, commentando quello che sta succedendo, per conservarne il metodo e i passaggi. La DaD ci sta insegnando molte cose. La relazione indotta e forzata con l’ambiente digitale ha rotto i confini della didattica tradizionale, consentendo a tutti di andare oltre i libri di testo e i quaderni, per scoprire altre “cassette degli attrezzi”, individuate nei nuovi contenuti digitali e nelle “risorse aperte”.  Acquisire dati e informazioni, fare ricerca, utilizzare video e documentari, compilare questionari di verifica, coltivare compiti di realtà, impegnarsi in esercitazioni: l’ambiente digitale è diventato spazio di apprendimento, per gli studenti ma anche per i docenti, coinvolti nelle possibilità dell’innovazione. Tutti i docenti stanno cambiando, stanno imparando, per necessità di cose, e stanno capendo che si può imparare. Stanno sperimentando modelli di lezioni alternative, videolezioni, proposte didattiche nuove e raffinate, che mettono a disposizione dei loro alunni nella piattaforma per attivare discussioni e ulteriori approfondimenti. Si stanno cimentando in prove tecniche di “classe rovesciata”, di capovolgimento delle classi e della didattica tradizionale. Per anni, queste strategie metodologiche sono rimaste confinate nelle attività di formazione e di aggiornamento, pure molto frequentate dai docenti, e non sono mai riuscite veramente a transitare nella quotidianità dell’esperienza scolastica. Il problema non è la DaD, il problema è la pandemia, che ci ha sottratto relazioni e corporeità, ma questa è un’altra storia.

Qual è la situazione al momento nel suo istituto per quanto riguarda DAD e didattica in presenza?

La scelta della didattica in presenza è prevalente man mano che aumenta l’età dei minori. Questo è un indizio interessante, che conferma ulteriormente l’ipotesi che la DaD stia funzionando. Se così non fosse non sarebbe scelta come opzione preferita proprio nelle ultime classi della scuola primaria e nella scuola secondaria, laddove cresce l’attenzione per gli esiti formativi e per i risultati. La scuola non è soltanto un servizio educativo, è anche un servizio sociale, fornisce aiuto e assistenza ai genitori. Questa considerazione è valida soprattutto quando i bambini sono piccoli e non autonomi, è allora che il servizio assistenziale rischia di prevalere su quello educativo.

La decisione del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di lasciare libera scelta alle famiglie se mandare i figli a scuola sta contribuendo ad aumentare la confusione in questo periodo?

Sicuramente. Una prima considerazione: le cose devono essere chiaramente individuate come vietate o consentite, sicure o pericolose, positive o negative. L’ambiguità, determinata dalla mancanza di coraggio e dalla volontà di evitare scelte impopolari, sta creando danni enormi. Una seconda considerazione: la scuola è un servizio pubblico, con autonomia di organizzazione, di sperimentazione e di ricerca, progetta e propone un servizio. I genitori scelgono la scuola e non le modalità di erogazione del servizio.  La confusione è determinata dalle situazioni ibride, in cui tutto è possibile e ognuno si ritaglia una suo “spazio dei desideri”. I provvedimenti regionali continuano anche a sottovalutare la circostanza che attività in presenza e DaD sono inconciliabili, si fondano su modalità di conduzione della lezione estremamente diverse, non sono sovrapponibili nei tempi e non possono essere affidate allo stesso docente. Immaginate l’enorme impegno organizzativo delle scuole, peraltro sottoposto a continui cambiamenti determinati dalle scelte instabili dei genitori.

Secondo lei in questo anno scolastico è sempre mancato un coordinamento centrale, da parte del ministero? Un suo parere in merito…

Non è mancato il coordinamento, è mancata la stabilizzazione delle decisioni, delle posizioni ideologiche e politiche. Oggettivamente, stiamo attraversando una fase complicatissima e unica, penso che qualche errore l’avrebbe fatto chiunque. Voglio evidenziare che è stato finalmente affrontato il problema dell’aggiornamento del materiale di arredo, che è stato completamente sostituito, con importanti effetti sulle dimensioni della sicurezza, della funzionalità e dell’estetica degli spazi educativi. Anche le tanto discusse “sedute innovative”, che oggi coinvolgono la scuola media, potranno dare un contributo per la promozione di nuove metodologie di insegnamento. L’innovazione passa anche attraverso gli ambienti di apprendimento e, soprattutto, attraverso la voglia di mettersi in gioco e di modificare tradizioni e consuetudini. E il Ministero sta accompagnando questo processo, chi vuole migliorare ha spazi e opportunità.

Quali sono le reazioni che sta raccogliendo da parte dei genitori dei suoi alunni in questo periodo in merito alla situazione? Lamentele, smarrimento?

Sicuramente è un periodo duro, di grande ansia e incertezza. L’alternanza tra didattica in presenza e didattica a distanza, la paura del contagio, le necessità legate alle quarantene, la gestione dei bambini a casa, la scarsa competenza nella utilizzazione dei dispositivi digitali, peraltro assegnati dalla scuola in comodato d’uso gratuito. Tutto questo ha reso i genitori e i cittadini preoccupati e ansiosi. Ma in positivo, per forza e per necessità, la situazione di emergenza ha consentito di recuperare la cooperazione e la forte condivisione dei genitori, che abbiamo riscoperto essere attori fondamentali nei processi di apprendimento dei loro figli. Il loro rapporto con la scuola a distanza e con l’innovazione metodologica si gioca, essenzialmente, sulla fiducia nell’istituzione e nei docenti. Questa considerazione sulla indispensabilità dell’accompagnamento dei genitori è un altro patrimonio importante da non disperdere. Usciremo dalla pratica forzata della didattica a distanza con una consapevolezza aggiuntiva: occorre assolutamente affrontare il tema della cittadinanza digitale, perché abbiamo fatto l’esperienza della inadeguatezza e dei limiti di molti genitori rispetto alla gestione del digitale, della rete, dei saperi multimedia e multi-codice. Abbiamo ormai sviluppato una nuova consapevolezza sull’importanza della tecnologia come strumento che aiuta ad affrontare i problemi e a promuovere la creatività, che utilizza differenti forme e modi di produzione della conoscenza. Per queste ragioni, il diritto alla connessione e alla utilizzazione dei saperi digitali dovrà essere rivendicato, per tutti gli studenti e per tutti i nuclei familiari, come uno dei diritti essenziali, per evitare quelle situazioni di discriminazione e di divario culturale che stiamo oggi riscontrando.

Ormai è un anno che più o meno continuativamente i ragazzi stanno facendo scuola con la DAD, e si è registrato un peggioramento nella capacità di concentrazione e studio, inoltre per gli alunni della primaria ritardi nella lettura, scrittura e matematica. Anche lei ha ravvisato queste ripercussioni negative sui suoi alunni? Quali sono i pareri dei docenti?

Al contrario, lavorare a distanza richiede maggiore autonomia e autoregolazione da parte degli studenti, implica l’utilizzo del pensiero critico, di forme di argomentazione, di intuizione, di riflessione e di logica superiori, che incidono sulle strutture cognitive che sono alla base di tutti i saperi e le discipline di studio.  Gli studenti sono coinvolti in percorsi complicati di apprendimento cooperativo, di “classe capovolta”, di “didattica breve”, metodologie che la DaD promuove e incrementa, attraverso pratiche innovative da conservare e portare in eredità, quando tutto questo sarà passato. I docenti mi confermano quotidianamente queste sensazioni, che dovrebbero essere sottoposte a una azione di ricerca, di approfondimento e di studio. Sarebbe anche interessante analizzare cosa sta cambiando per i docenti. La didattica a distanza si regge su una nuova solidarietà, che inverte il senso di marcia ordinario del passaggio di informazioni e di competenze professionali, con un movimento che va dai docenti più giovani, più esperti nell’utilizzo delle tecnologie, ai docenti più anziani. L’uso delle tecnologie ribalta i tempi, i modi e gli spazi della didattica, rompe la situazione di isolamento e di protezione dello spazio-aula, rende “trasparenti” le lezioni, espone i docenti sulla stessa piattaforma, fa rimbalzare le diversità, le incongruenze e le differenze, a volte eclatanti, di stili educativi e metodologici. Tutti i docenti stanno lavorando per superare il divario digitale e stanno facendo esperienze assolutamente nuove. Anche loro usciranno più forti da questa prova, come i ragazzi che curano ed educano.

Preside Goduto, quali saranno dal suo punto di vista le reali conseguenze di questo anno di DAD sui ragazzi?

Dovremo essere molto attenti alle dimensioni affettive, emotive, relazionali, dovremo stare affianco ai bambini e ai ragazzi, supportarli e ascoltarli, guidarli, aiutarli a comprendere, a legare i nuovi contenuti a quelli vecchi, ampliando la gamma dei linguaggi per narrare questo tempo incredibile, per affrontare, attraverso le parole dell’arte, della storia, delle lingue, della scienza, l’analisi di un “compito di realtà” senza precedenti. Sulla dimensione cognitiva, razionale, legata agli apprendimenti, non mi farei troppi problemi. I ragazzi hanno risorse inesauribili e non avranno alcuna conseguenza, se continueremo a essere presenti, appassionati e attenti, conservando la capacità di fare squadra e di costruire una rete di protezione.

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