Emergenza covid e politiche della salute nella visione di Danila De Vito, la professoressa virologa candidata con Fitto

by Michela Conoscitore

In Puglia, gli ultimi sondaggi danno in lieve vantaggio il candidato del centrodestra, Raffaele Fitto, che in caso di vittoria tornerebbe a ricoprire la carica di presidente della regione dopo quindici anni che hanno visto il centrosinistra protagonista indiscusso delle ultime tornate elettorali.

Nella sfida a Michele Emiliano che tra tanti candidati eccellenti ha chiamato il professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo a capo della task force pugliese anti Covid, anche l’onorevole Fitto ha schierato una personalità preminente del mondo scientifico pugliese, una donna per l’esattezza, la professoressa Danila De Vito, virologa e ordinaria della Scuola di Medicina dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

Si profila, quindi, oltre che una sfida politica anche una contrapposizione di visioni sul futuro assetto della sanità pugliese, per la quale entrambe i candidati hanno dei progetti precisi in serbo.

Dopo aver ascoltato il professor Lopalco, bonculture ha intervistato la professoressa De Vito.

Professoressa De Vito quando ha iniziato a dialogare con il candidato di centrodestra Raffaele Fitto?

Fino ad un mese fa non pensavo assolutamente di candidarmi. Poi sono stata invitata dall’onorevole Raffaele Fitto per una chiacchierata, questo accadeva intorno al 10 luglio, prima dell’impennata dei contagi. Mi ha chiesto di redigergli delle linee strategiche di prevenzione per quanto riguarda la gestione del Covid. Queste linee di prevenzione includevano i cluster epidemici che avevo ampiamente previsto al rientro dalle vacanze. Si è verificato il ‘liberi tutti’ per i ragazzi che giustamente sono andati in vacanza, e quindi avevo predisposto delle misure da adottare, per esempio negli aeroporti o al rientro nelle regioni, che ovviamente non sono state messe in atto. In seguito ho avuto un secondo incontro con l’onorevole.

In questo frangente si è profilata la possibilità di una sua candidatura?

Sì, abbiamo parlato della situazione in cui versa il sistema sanitario pugliese e quali fossero le sue criticità, soprattutto per i pazienti. Io sono un medico e quindi conosco benissimo le lamentele dei nostri pazienti, e molto spesso siamo noi medici ad adoperarci nell’aiutarli a superare le problematiche che si trovano a fronteggiare. Gli ho illustrato anche questo aspetto e le mie soluzioni, e da questa conversazione è emersa la sua richiesta di candidarmi. Questo dialogo l’ho instaurato solo con lui, non con altri. Anche con l’attuale presidente Emiliano abbiamo colloquiato spesso, essendo venuto molte volte in visita alla Scuola di Medicina dove insegno. Ma con lui questo scambio di vedute non c’è stato, e quindi ho preferito candidarmi nella lista civica con Fitto.

Proprio l’onorevole Fitto è stato molto duro sulla gestione della sanità in Puglia: il presidente uscente Emiliano ha tenuto per sé la delega, non nominando alcun assessore in questi cinque anni di mandato. Il quadro tratteggiato da Fitto è decisamente a tinte fosche, e ha messo in evidenza che molti pugliesi sono costretti a rivolgersi ad altre regioni per l’assistenza sanitaria di cui necessitano. Quali sono le debolezze del nostro sistema sanitario?

Sicuramente le lunghissime liste d’attesa e la mobilità passiva che porta chiaramente ad un deficit economico della nostra regione. I DRG (raggruppamento omogeneo di diagnosi, ndr.) delle altre regioni italiane per alcuni interventi chirurgici e medici sono decisamente più alti rispetto ai nostri. Si parla di mobilità passiva perché, appunto, porta purtroppo ad un passivo dei fondi della sanità pugliese. Questo è solo una delle tante criticità, a cui si sommano anche quelle strutturali come la mancanza di medici ed infermieri. Era stato predisposto un mega concorso per assumere un numero molto elevato di infermieri, a cui avevano inviato candidatura ben diciassette mila sanitari ma è stato rimandato a dopo le elezioni per l’aumento dei contagi, non ci sono locali adatti e dovendolo organizzare in sicurezza hanno preferito rinviarlo. Mancano vari profili sanitari, includo anche quello degli psicologi, e questa carenza strutturale, che non riguarda solo gli edifici, ma appunto interessa anche il personale medico è cronica ormai da diversi anni. In merito, aggiungo che ritengo necessario migliorare anche la formazione dei nostri medici.

Qual è il suo parere in merito alla commistione tra sanità pubblica e privata in Puglia?

L’integrazione della medicina privata accreditata si è affacciata relativamente da poco in Puglia. Ha un esempio meglio organizzato in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna in cui una rete di strutture sanitarie accreditate accolgono i pazienti, cosa che da noi non c’è. Anche questo attira e determina quella mobilità passiva di cui parlavamo, perché le persone non si rivolgono alle strutture pubbliche ma a quelle private di queste tre regioni che, guarda caso, possiedono dei LEA (livelli essenziali di assistenza, ndr.) decisamente al top.

Come valuta l’operato del professor Pier Luigi Lopalco nella gestione dell’emergenza Covid?

Il punto che ho evidenziato fin da subito nella gestione dell’emergenza da parte del professor Lopalco è la carenza di tamponi, che lui ha giustificato affermando che un tampone risultato negativo, successivamente non è detto che risulti positivo al Covid. Ma le esperienze, in alcune regioni del Nord Italia che guidano sempre e in altre nazioni dove rispetto alla Puglia hanno quintuplicato il numero di tamponi, hanno dimostrato che è necessaria la tamponatura di una fascia molto ampia di popolazione per poter individuare i positivi e arginando i cluster. È l’unico modo per appiattire la curva epidemica ed evitare che la stessa torni a crescere come a marzo. Ma bisogna dire che l’età media dei ricoverati, al Policlinico di Bari come nel resto d’Italia, si è abbassata ai trenta anni mentre a marzo era più alta, si aggirava intorno ai settant’anni perché i tamponi nei mesi scorsi si facevano soltanto all’ingresso in ospedale, adesso invece i tamponi hanno raggiunto anche i giovani che in quella fascia d’età sono completamente asintomatici almeno per il 90%. E la manifestazione di chi, a quell’età, ha una manifestazione clinica critica non raggiunge nemmeno l’1%. Rispetto a marzo, sono percentuali completamente diverse, ed impediscono il sovraffollamento negli ospedali che devono tornare ad occuparsi anche dell’ordinaria assistenza sanitaria, bloccata nei mesi più duri del Covid.

Sulla ripartenza della scuola, quali sono i suoi suggerimenti?

La scuola in Puglia riaprirà più tardi rispetto ad altre regioni soprattutto per necessità organizzative. Stiamo parlando principalmente di edifici fatiscenti, che quindi hanno bisogno di una riorganizzazione strutturale degli spazi per garantire il distanziamento sociale. Per quanto riguarda le linee guida ministeriali, abbiamo assistito a varie ritrattazioni circa l’uso della mascherina. Penso agli alunni più piccoli e credo che per loro non sarà facile assicurare l’uso della mascherina per tutto l’orario scolastico. Ma se c’è l’opportuno distanziamento, l’aerazione delle aule per permettere il ricambio d’aria non dovrebbero esserci problemi. Ovviamente, tutto il personale scolastico deve usare mascherine, sistemi di protezione ed eventualmente le visiere. Io avevo proposto gli schermetti di plexiglass, dai costi molto contenuti, che nascono ad Hong Kong ma sono stati adottati in Olanda e nei paesi dell’Europa dell’est. Consentirebbero agli alunni più piccoli di mantenere inalterato il rapporto diretto con l’insegnante. Questi schermi contengono benissimo i droplets evitando l’uso delle mascherine. Sull’uso di quest’ultime sarà necessario fornire comunque ai ragazzi delle nozioni importanti sulla valenza della mascherina e sul suo utilizzo corretto in caso di assembramenti, anche per stimolarli con concetti semplici sull’educazione sanitaria.

Professoressa, ci aspetta un autunno caldo causa Covid?

Bisogna sottolineare che l’aumento dei casi riguarda i contagiati quindi non stiamo parlando di soggetti malati, anche se le cifre sono le stesse di marzo ma appunto allora le cifre riguardavano malati. Aumentando il numero di tamponi, come anche il professor Andrea Crisanti aveva suggerito di triplicare, è probabile che i contagiati diventi di più. Ma dobbiamo pensare che tra i contagiati, la percentuale di quelli che presentano la manifestazione clinica della malattia è davvero minima. In Puglia, a fronte di un numero ancora troppo basso di tamponi, contiamo solo 77 casi, di cui 46 ricoverati al Policlinico di Bari tutti non gravi.

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