ENERGAS rinuncia al mega impianto gpl su Manfredonia

by Maria Teresa Valente

Come accade ormai da anni, quando si è prossimi a qualche competizione elettorale, torna d’attualità in riva al Golfo di Capitanata l’argomento Energas, che con il progetto del mega impianto di Gpl tiene banco da oltre quattro lustri. E così, decido di rompere gli indugi e di bypassare associazioni, partiti e comitati vari che in questi anni hanno catalizzato l’attenzione mediatica con slogan e comunicati sullo spinoso tema, rapportandomi direttamente col patron dell’Energas, Diamante Menale, per capire alla fonte che aria tira.

“Dopo vent’anni di delusioni e amarezze, oramai il mio gruppo ha perso totalmente l’interesse a portare avanti il progetto”, mi risponde Menale spiazzandomi totalmente.

Mi scusi, ma quindi mi sta dicendo che l’impianto non si farà più? “Dove non siamo accolti, preferiamo rinunciare. In 20 anni i processi industriali ed energetici cambiano. Noi non siamo più interessati a fare questo progetto su Manfredonia. Se avremo l’opportunità altrove, eventualmente valuteremo”, afferma con amarezza, accettando di rispondere con cordialità e disponibilità ad alcune domande.

Chiedo quindi se alla decisione è pervenuto per problemi burocratici o ha inciso il referendum del 2016: “Indipendentemente dai problemi burocratici, che sono stati strumentalizzati, noi abbiamo sempre detto che non avremmo mai cominciato i lavori se la comunità di Manfredonia non ci avesse accolto in maniera favorevole e se non avesse visto nel progetto un’opportunità”, spiega Diamante Menale, sottolineando come il tema della sicurezza sia stato secondo lui strumentalizzato, trasformando un’opportunità in un ‘mostro’.

“Iniziare un progetto così importante, con l’avversione del territorio non è nel nostro stile”. Questo le fa onore. Eppure l’iter è cominciato oltre 20 anni fa, quando il progetto era ancora dell’Isosar, poi divenuto Energas. Come mai solo oggi decide di rinunciare? “La popolazione è uscita allo scoperto solo quattro o cinque anni fa”, mi risponde sommessamente.

Facendo un passo indietro, è doveroso quindi ricordare che con il referendum consultivo del 13 novembre 2016, Manfredonia si è espressa ufficialmente e coralmente con un sonoro 96% della popolazione contraria alla costruzione dell’impianto. “Il referendum è stato nutrito di cattiva informazione. È ovvio che se alla popolazione si dice che può scoppiare la città, la scelta mi sembra scontata”.

A proposito di cattiva informazione, uno dei temi caldi è stato quello della sicurezza. Dottor Menale, non le chiedo se il deposito sarebbe stato sicuro, perché sarebbe come chiedere all’acquaiolo se l’acqua è fresca, ma su questo tema cosa si sente di dire? “Voi avete in Puglia un impianto più o meno delle stesse dimensioni, nell’area industriale di Brindisi, ubicato sul porto. Non è mai successo niente. Il livello infortunistico per i depositi Gpl in Italia è pari a zero. Ciò non toglie che il gas sia un materiale incendiabile ed esplosivo. Anche il metano è potenzialmente esplosivo, ma lei mica non cucina!”. Effettivamente…

“Ci sono milioni di chilometri di condutture di metano, i cittadini non sanno nemmeno dove passano, eppure sono sotto le nostre abitazioni. Secondo me c’è stata una grande strumentalizzazione di tutta la questione. L’impianto di Manfredonia è stato utilizzato come strumento politico in prossimità delle elezioni. Non c’erano argomenti e si doveva distruggere il mostro. Ma se un politico non ha nessuna preparazione, si fa solo una politica del consenso. Oggi si parla molto alla pancia degli elettori, ma senza approfondire le tematiche oggettive, industriali e di sicurezza. Siccome il gas è esplosivo, diciamo che il gas esplode. Però abbiamo 5 milioni di autovetture che vanno a gpl”.

Quanti posti di lavoro avrebbe dato? Anche su questo fronte sono state giocate diverse partite e sono stati dati, diciamo così, un po’ di numeri. “Diretti sarebbero stati una settantina di posti di lavoro e nell’indotto una cinquantina. Ma non è solo questo – continua – A Manfredonia c’è un porto quasi morto e l’impianto avrebbe potuto fare da catalizzatore per tante altre attività. Noi a Napoli scarichiamo sia navi petroliere sia navi gasiere, e a 200 metri arrivano le navi da crociera”.

Qual è la notizia che ha letto in questi anni che le ha dato più fastidio? “A me ha dato fastidio il fatto che non c’è mai stato un confronto tecnico-scientifico sul territorio”, risponde tout court.

Si sono avvicendate in questi 20 anni più amministrazioni. Non c’è stato dialogo? “Una volta presentammo il progetto in un Consiglio Comunale, ma fummo liquidati in un’ora, senza che si aprisse un dibattito tecnico”.

Sarebbe stato davvero l’impianto più grande d’Europa? “A Manfredonia l’impianto sarebbe stato di 60mila mc, quello di Brindisi è di circa 50mila mc. A Napoli ci sono quattro depositi, di cui uno è mio, di circa 70-75mila mc nel centro della città”.

E il fatto che sarebbe nato in una zona protetta? “Ecco, questo è un altro tema strumentalizzato. L’area era ormai una zona industriale, perché c’è stato un processo con la Comunità Economica Europea e c’è stata una convenzione di compensazione con un’altra zona”.

Insomma, come si direbbe a Napoli (e percepisco dal tono della voce) lei si è proprio ‘scocciato’ di questa storia. “E certo! Ho cominciato che avevo 30 anni ed è passato tanto tempo”.

Dottor Menale, lei sa che quando quest’intervista sarà resa pubblica, ci sarà qualche politico che si arrogherà il merito di questa rinuncia? Lei cos’ha da dire a tal proposito? Ha ascoltato qualche parte politica o è arrivato a questa decisione a prescindere dalla politica? “Io ho assecondato un progetto industriale, punto e basta. Con la politica non ho avuto rapporti né a livello locale né nazionale. Ci siamo sempre confrontati con i vari Ministeri, ma dal punto di vista tecnico”.

Quindi non è, diciamo così, merito della politica il fatto che abbia deciso di rinunciare? “Io penso che merito della politica sarebbe stato quello di trovare un’alternativa al progetto con i 120 posti di lavoro che si sarebbero andati a creare. Fare dei proclami in una città con un altissimo indice di disoccupazione, non mi sembra un merito della politica, che invece dovrebbe sostenere il benessere dei cittadini. E questo potrebbe essere un tema non solo locale, ma nazionale”.

Un messaggio che sente di mandare alla città di Manfredonia a conclusione di questa vicenda? “Non ho nulla contro la città di Manfredonia e tante volte abbiamo anche cercato di creare un consenso, un confronto. Ma quando abbiamo visto che la classe politica ci ostruiva il percorso, abbiamo capito che era arduo poter avere un confronto sereno. Per me poteva essere un’opportunità per il territorio. Siamo una grande azienda a livello nazionale e siamo presenti anche in Puglia, con stazioni di servizio e depositi interni. Se avessimo fatto l’impianto a Manfredonia, sarebbe potuta diventare il centro di tutta la nostra attività. Ma ormai è acqua passata. Il fatto che si riporti l’attenzione su questo progetto solo alla vigilia di competizioni elettorali, qualche domanda la fa venire”, conclude Diamante Menale.

Il mega impianto di Gpl Energas a Manfredonia è dunque un capitolo definitivamente chiuso. Parola di Diamante Menale, con buona pace dei sipontini e soprattutto dei politici, che per le prossime elezioni dovranno ora cercare altre argomentazioni e, dopo 20 anni, altri cavalli di battaglia da cavalcare.

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