Green Pass e diritti costituzionali: «E’ una questione di garanzie. La legge è indispensabile», l’intervista al prof. Michele Della Morte

by Marianna Dell'Aquila

Dal 6 agosto entrerà in vigore il Decreto Legge sull’obbligatorietà del Green Pass per accedere ad alcuni luoghi (ad esempio ristoranti al chiuso, palestre e musei) e per svolgere alcune attività (ad esempio partecipare a eventi sportivi o concorsi). E’ giusto sottolineare che il Green Pass non si ottiene solo con certificato vaccinale (già dopo la prima dose), ma anche se si è guariti dal Covid – 19 o con esito negativo di un tampone molecolare o antigenico eseguito nelle 48 ore precedenti all’attività da svolgere. Il Decreto Legge in questione ha scatenato numerose polemiche a proposito della sua presunta incostituzionalità. Polemiche che hanno anche spinto alcuni a scendere in piazza in varie città d’Italia per manifestare. Ma il Green Pass è veramente incostituzionale? Lo abbiamo chiesto a Professor Michele Della Morte, docente ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi del Molise.

Professore, in questi giorni si fa sempre più pressante la questione dell’obbligatorietà del Green Pass che, secondo alcuni, sarebbe incostituzionale. Ci si appella soprattutto agli articoli 16 e 32 della nostra Costituzione. Eppure, a proposito dell’art. 32, proprio la nostra Costituzione prevede, come ha stabilito anche una sentenza della Corte Costituzionale del 2018, che lo Stato possa imporre una profilassi sanitaria a tutela della salute non solo del singolo, ma di tutta la comunità: la tutela della comunità quindi prevale su quella del singolo? Ci può spiegare meglio questi passaggi?

E’ una questione di bilanciamento tra diritti. La Costituzione, all’art. 32, sancisce la salute come diritto fondamentale dei singoli e dice, al tempo stesso, che è interesse della collettività. Dimensione individuale e collettiva devono contemperarsi e, proprio per questo, è indispensabile che gli interventi incidenti in questo campo siano disposti con legge, alla cui formazione partecipano maggioranza ed opposizione. E’ una questione di garanzie. La legge è indispensabile.

Un altro motivo di accusa di incostituzionalità del Green Pass riguarda l’art 16 della Costituzione, quello che sancisce il diritto alla libera circolazione di ogni cittadino. Secondo la nostra Costituzione però lo Stato può limitare la circolazione dei cittadini per motivi sanitari. Fino a che punto questo è consentito?

La libertà di circolazione può essere limitata, ai sensi dell’art. 16 Cost., con legge e, in via generale, per motivi di sanità e sicurezza. Limitare la circolazione, tuttavia, produce conseguenze su tante altre libertà, quelle economiche, ad esempio, individuali e, ancora, politiche. Il tema è sempre il bilanciamento, la ragionevolezza e la proporzionalità delle misure proposte. Ovviamente qualora si decidesse di estendere l’obbligo ai trasporti (aerei, treni, navi) la libertà sarebbe effettivamente fortemente incisa e sarebbe difficile distinguere il green pass da un obbligo vero e proprio.

Se l’obbligatorietà del Green Pass dovesse essere approvata a lungo termine e non solo per il periodo estivo, cosa accadrebbe per alcune categorie professionali, ad esempio gli insegnanti. Lo Stato potrebbe impedirgli di andare a lavoro?

Credo che sarebbe ragionevole obbligare gli insegnanti a vaccinarsi, molto meno i minori, ovvero gli studenti, sui quali, per quel che so, i dati non sono sufficientemente stabili. Quello che va evitato assolutamente, tuttavia, sono le “fughe in avanti” di alcune regioni, o meglio, di alcuni presidenti. La questione può essere affrontata solo dal Parlamento con legge. Proprio perché si tratta di argomenti complessi.

Su un tema simile si espressa qualche giorno fa, all’agenzia Ansa, la dottoressa Pellizzani del Comitato Nazionale di Bioetica secondo la quale il Green Pass non è incostituzionale, ma che servono dei limiti temporali. Lei è d’accordo?

Assolutamente sì. Dall’analisi della normativa vigente, dopo l’ultimo decreto legge sul green pass, si deve ritenere che le misure dovrebbero valere sino al 31 dicembre 2021. Il problema, tuttavia, è legato alla variabilità del virus. Non sono da escludere ulteriori misure. Da adottare sempre con legge.

Anche il Garante della Privacy si è espresso a favore del Green Pass, ma a patto che sia applicato con leggi di rango primario, cioè dello Stato e che non si lasci libera discrezionalità delle singole Regioni. Non si rischia di allineare questo tipo di obbligatorietà  a territori che hanno esigenze e dinamiche completamente diverse tra esse (come è già successo con l’obbligo del lockdown, poi in parte superato con il meccanismo delle zone a colori)?

E’ quanto dicevo prima. La dimensione cooperativa deve essere leale, come sancisce la Costituzione. Sostenere, ad esempio, che solo la vaccinazione esclude la DAD per il prossimo anno scolastico, come ha fatto qualche giorno fa il Presidente della Campania De Luca, è assolutamente da evitare. Ogni diversità può essere trattata con strumenti differenziati, come è stato per le zone senza inutili allarmismi.

I processi di chiusura sociale e geografica messi in atto a causa della pandemia hanno provocato una sorta di “nuovi nazionalismi”. Questo come si coniuga con il Diritto di Migrazione sancito dalla Carta dei Diritti Internazionali?

E’ un diritto attualmente in fortissima sofferenza, per ragioni pandemiche, strutturali e culturali. I nazionalismi sono da evitare, ma questo propone il ruolo di un’Europa democratica e politica molto più forte e credibile. Il PNNR è un’occasione da non sprecare, ma l’Europa politica va ripensata radicalmente attraverso la riforma dei Trattati istitutivi.

In molti, anche politici, sostengono che la pandemia abbia provocato da parte dello Stato troppa ingerenza nella vita privata dei cittadini, anche tramite questo Green Pass. Secondo lei è vero?

La questione dei dati è una questione reale. Per un verso la messa in campo di piattaforme informatiche europee di gestione dei dati sanitari individuali potrebbe essere utile per rilanciare la dimensione comunitaria e risolvere problemi gestionali e organizzativi. L’app. Immuni non ha funzionato essenzialmente per questi problemi. Per altro verso il tema della raccolta e, soprattutto, del trattamento dei dati sanitari attraverso il green pass rimanda al problema del funzionamento dello strumento. Come opererà, chi conserverà i dati? Sono domande fondamentali per la garanzia della riservatezza.

Secondo lei cosa ha provocato negli ultimi anni (e con la pandemia è aumentato vistosamente) un diffuso senso di “scollamento” tra i cittadini e lo Stato? Nel senso, perché secondo lei sono sempre più numerosi i cittadini che interpretano gli obblighi dello Stato non come misure finalizzate al benessere della comunità, ma come imposizioni che ledono soprattutto il diritto alla libertà individuale?

E’ una domanda complessa che merita una risposta articolata. La crisi della mediazione e dei partiti, le sirene della democrazia diretta, l’avvento dei populismi e dei sovranismi di ogni sorta hanno origine in cambiamenti strutturali dell’inizio degli anni ’90 nati male e portati avanti peggio. L’individualismo selvaggio nasce da lì, da premesse culturali prima ancora che normative. Recuperare il senso della vita come questione che appartiene al singolo come parte di un tutto non è impresa facile ma bisogna provarci.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.