Il “Centenario” della morte di Matteotti dimenticato dal Governo Meloni

by Teresa Rauzino

Sono sette i mesi trascorsi dall’approvazione della proposta di legge per destinare risorse alle iniziative in ricordo del centenario della morte di Giacomo Matteotti. Sessanta i giorni previsti nel testo di legge per istituire un bando di selezione dei progetti. Cinque i mesi che separano dal 10 giugno, giorno dell’assassinio per mano dei fascisti. Non dare seguito a quanto votato da tutti i gruppi parlamentari significherebbe andare contro il volere del Parlamento, la storia del nostro Paese e l’interesse delle nuove generazioni di cittadini.

Per questo, il Partito Democratico ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Lo aveva annunciato l’11 gennaio il senatore del Pd Francesco Verducci, relatore al Senato del ddl Matteotti, a prima firma Liliana Segre:
«Depositeremo un’interrogazione urgente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per avere certezze sui
bandi necessari ad attuare la legge dedicata al Centenario della
morte di Giacomo Matteotti. Centri Studi, scuole, enti locali sono in attesa di poter partecipare ai bandi per organizzare manifestazioni dedicate a Matteotti, ucciso dal fascismo, padre morale della nostra Repubblica. E’ gravissimo il ritardo nell’attuazione della Legge, la mancanza di certezze sui fondi stanziati dal Parlamento e la mancata risposta del governo alle sollecitazioni che vengono dalle Associazioni matteottiane».
«Chiederemo inoltre – ha anticipato Verducci – se sono state assunte le iniziative di desecretazione contemplate dall’ordine del giorno accolto all’unanimità dal Senato per rendere accessibile tutto
il patrimonio documentale ancora disperso sulla vicenda del delitto e sui depistaggi che caratterizzarono il processo per l’accertamento delle responsabilità».

Nel ddl del centenario Matteotti, tra i centri italiani interessati in via prioritaria all’organizzazione di eventi per ricordare il deputato socialista unitario, sono stati inseriti per la Puglia Rodi Garganico e Vieste, luoghi legati a Mauro Del Giudice, il coraggioso magistrato rodiano che istruì il processo Matteotti e che, nelle fasi finali dell’istruttoria in cui aveva inquisito gli assassini della Ceka (organizzazione segreta agli ordini di Mussolini e guidata dallo squadrista Amerigo Dumini), fu “promosso per essere rimosso” e trasferito da Roma a Catania. Il processo di Chieti del 1926, gestito da magistrati collusi con il fascismo, fu una farsa che si concluse con la condanna a pene risibili, grazie a una provvidenziale amnistia. Nel 1944, dopo la Liberazione, Mauro Del Giudice, da Vieste dove si era trasferito dopo il pensionamento, rese una fondamentale testimonianza che servì per invalidare il processo chietino. Ci fu nel 1947 a Roma un secondo processo Matteotti che si concluse con la condanna degli assassini a pene esemplari (poi amnistiate).

Degli imputati dell’esecuzione materiale di Matteotti sopravvissuti erano rimasti solo Dumini e Poveromo; Viola risultava latitante, Malacria era deceduto nel 1934. Dumini, Viola, Poveromo furono condannati all’ergastolo, con pena commutata in trent’anni di reclusione. Poveromo morì in carcere a Parma nel 1952; Dumini ottenne la grazia e venne definitivamente liberato il 23 marzo 1956. Cesare Rossi se la cavò con l’amnistia.

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