La Direttrice Donatella Curtotti e la sua idea di Ateneo. «L’Unifg deve entrare nella città»

by Antonella Soccio

Un Rettore, una Rettrice, cambiano il volto di un Ateneo.

La professoressa Donatella Curtotti, docente di Diritto processuale penale e da sei anni Direttrice del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Foggia, si candida al Rettorato Unifg con «spirito di servizio», dopo le dimissioni inattese dell’umanista Pierpaolo Limone, che ha scelto di guidare la più importante università telematica del Paese.

«Mi muove l’amore per l’Ateneo e per gli studenti, 14.141 studenti sono una risorsa meravigliosa, non sopporto le declinazioni al negativo che Foggia dà di se stessa. Quando hai 14mila studenti hai già vinto, c’è voglia di crescere», dice nel suo accogliente studio del primissimo plesso Unifg, nel cuore della città, accanto alla Villa comunale liberty.

Nell’anno accademico 2022/2023 si sono immatricolati 5638 ragazzi e ragazze, di cui 433 di fuori regione, che si aggiungono agli 84 dottorandi provenienti da territori diversi da quello pugliese.

Secondo l’accademica, la direzione di Unifg è giusta. «Il nostro Ateneo è conosciuto ovunque, abbiamo una dimensione nota, siamo riconosciuti per la serietà della nostra ricerca, una cosa di cui essere fieri», rimarca con orgoglio.

L’Unifg di Donatella Curtotti, come si legge nel suo dettagliato programma, è «responsabile, identitaria, partecipata, integrata, etica ed intransigente, ovvero nobile, trasparente, coerente, focalizzata sulla lealtà, efficiente e circolare».

Si vota il 15 marzo, con otto candidati Rettore, alcuni dei quali potrebbero ritirarsi nei prossimi giorni. Ogni dipartimento ha il suo docente di riferimento, ma l’apprezzamento per Donatella Curtotti, che ha un passato nella nazionale Under 20 di fioretto femminile, va oltre il legittimo “tifo” dei giuristi.

Bonculture l’ha intervistata.

Direttrice, che giudizio dà ad una tale frammentazione accademica?

Le dimissioni di Limone hanno spiazzato tutti, hanno sorpreso tutti. Credo che avere tanti candidati sia da un lato sinonimo di una visione molto democratica dell’Università, anche forse di condivisione. Tutti sentono la necessità di condividerne lo spirito di crescita. Dall’altro credo che ci sia una divisione dei gruppi, anche se è un brutto termine. Ritengo che la campagna elettorale si debba fare sui progetti e sulle idee e non sui gruppi, non sulle composizioni. Ognuno di noi ha idee diverse, ci sono idee molto diverse di Ateneo, come è normale che sia. Ci sono tante declinazioni per una visione strategica di Università. C’è una discesa in campo di tante figure diverse, con storie diverse alle spalle. Ciascuno si sente legittimato a correre per il Rettorato.

Tante idee di Università. Finora quali idee si sono succedute con i quattro Rettori di Unifg?

Negli ultimi dieci anni, prima del Rettorato di Pierpaolo Limone, la visione di Unifg è stata la stessa, nei primi 6 anni col professor Muscio c’è stata una visione molto istituzionale, negli ultimi tre con un ragazzo molto più giovane c’è stata una visione più dinamica dell’Ateneo. Però c’è stata la pandemia, che ha fatto la differenza, ha cambiato il registro di tutte le cose.

Qui c’è bisogno di ricominciare, di riportare le persone dentro.

Si è ecceduto con la didattica online?

Inevitabilmente. Meno male che abbiamo avuto Pierpaolo Limone, lo dico col megafono. Senza di lui avremmo rallentato. Noi eravamo già pronti, molto più di tutti gli altri Atenei. Grazie a lui questo Ateneo ha retto e con esso il corpo docenti e gli studenti. Ora però finita la pandemia quella visione deve essere ridimensionata, come in tutti i contesti della società. La digitalizzazione così spinta e così esclusiva non può essere oggi la modalità di formazione di questo Ateneo.

C’è ancora la didattica duale?

C’è per i corsi che nascono duali, si chiamano blended. Ce ne sono alcuni, qui c’è il Corso di Scienze Investigative ed è blended da 10 anni, ma 10 anni fa non faceva clamore, perché era una modalità routinaria, oggi fa più paura. Noi abbiamo iscritti e laureati da tutti Italia, dalla Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta. Prima era una opportunità, oggi è quasi un pericolo. Ma non deve essere letta così naturalmente, perché nel contempo dobbiamo fare una attività di rivitalizzazione dell’Ateneo, che si deve riportare alle relazioni personali, che fanno la quotidianità. Quindi studenti nelle aule universitarie, ricerca nelle biblioteche e nei laboratori, bar aperti.

L’assenza di spazi condivisi, di aule studio, di biblioteche, non è un po’ il tasto dolente di Unifg?

Siamo cresciuti molto, non eravamo preparati a tali numeri. Dobbiamo dare una casa a questi studenti. Con il prossimo Rettore la prima cosa sarà dare strutture e personale adeguato al numero di studenti che abbiamo attualmente.

14mila studenti sono tantissimi. Eppure la sensazione che si ha dall’esterno è che siano quasi un corpo estraneo nella città…

Questa è la mia visione di Unifg: abbiamo sempre detto che l’Università si deve interfacciare con il territorio, ma Unifg deve entrare dentro città. Non ci è ancora entrata veramente, secondo me, ci è entrata solo sulla carta. Ci è entrata a livello strategico, nei pensieri e nell’immaginario, nei buoni propositi. Invece io credo che Unifg debba entrare nella città, in modo che la classe imprenditoriale, le aziende facciano parte della didattica e della ricerca. Serve una circolarità virtuosa, con un Ateneo che fa della parte più forte che è quella economica un suo alleato. La parte economica qui non è debole, ma è sommersa, ce n’è, ma non fa sistema. C’è la Squadra Stato della legalità e noi dobbiamo fare la Squadra della formazione e della cultura. Imprese e istituzioni, altro stakeholder, sono fondamentali. La città deve vivere gli studenti, ma con gli studenti a distanza è ovvio che si senta la loro assenza. Invece lo studente devi metterlo qui dentro. Anche i punti di ritrovo, le mense, i cinema, i mezzi pubblici sono fondamentali. Nel mio programma ci sono pullman dedicati, solo il fatto che un bus abbia scritto in grande Unifg è importante per sentirsi appartenenti ad una comunità. Quello che dobbiamo fare è dare a questa Università il senso di appartenenza e alla città il senso di appartenenza di Unifg.

In questi anni, già prima della pandemia, lo slogan di Unifg è stato Università è Territorio. Pur con gli ottimi obiettivi del precedente Rettorato e di tutto lo staff, con gli ospiti illustri ricevuti in tanti incontri, tale claim è apparso in alcuni momenti un parlarsi addosso con i soliti noti. L’Università non è universalità? Non è troppo poco sentirsi territorio?

La dimensione di una Università è nazionale ed internazionale, non locale. Naturalmente però ogni Università cambia il volto della città in cui insiste, è scontato ed inevitabile. La città è la culla che custodisce un Ateneo e la sua comunità. Ogni università che si rispetti ha un respiro assolutamente più lontano.

In questi anni alcuni dipartimenti hanno perso il respiro nazionale?

No, c’è stata solo una caratterizzazione di comunicazione, che si è voluta legare al territorio, ma l’attività dei ricercatori è continuata. Il nostro ufficio lavora a livello internazionale. Ma tutto è non sistemico. Sarebbe molto ingenuo dire che un Rettore non cambia il volto di un Ateneo, dà una direzione, un indirizzo. Il Rettore Limone ha voluto dare questa dimensione, uno slogan rappresenta un imprinting di un Ateneo, di una comunità e di una attività. Era la sua dimensione, che secondo me è assolutamente riduttiva. Consideri che quando noi andiamo a fare orientamento e con il Dipartimento vado in ogni dove in Italia, non posso portare lo slogan “La città che vorrei”. Ho dovuto modificare la comunicazione. Ma sono sicura che i singoli ricercatori hanno continuato a lavorare nella dimensione a cui erano abituati. Le dinamiche non sono mai locali per i ricercatori. È stata la comunicazione dell’attività di Ateneo ad essere molto localizzata.

Quanto è attrattiva Unifg per studenti che non siano pugliesi?

Abbiamo tirato fuori un corso appena attivato, di Diritto e Gestione dei Sistemi Sanitari, unico in Italia, come Scienze Investigative, che saprà calamitare presenze nuove. È ovvio che ci apriremo all’Italia, stiamo strutturando una offerta formativa, seria e di qualità, che gli altri non hanno, la competizione è pazzesca tra gli atenei e non si può fare sulle spalle degli studenti. Vinciamo la sfida tornando in aula, con corsi che hanno un impatto lavorativo immediato. Il bello di una università pubblica è essere un ente di ricerca e poi di didattica. Dobbiamo lavorare per mettere la ricerca al servizio dello studente.

Lei si è sempre distinta per l’impegno sulla legalità, diventando un punto di riferimento per tanti studenti anche dopo la laurea. Quanto è connesso il ruolo di Unifg con la richiesta di rinascita di Foggia, città della Quarta Mafia? Unifg può diventare un luogo simbolo, che attira a sé idealità e intelligenze legalitarie di antimafia sociale nel Paese?

Rispondo da giurista e da figura istituzionale. L’illegalità non la può combattere una università. Va compresa la differenza tra legalità ed etica. La lotta all’illegalità compete alla Squadra Stato, alla Procura e agli organi investigativi, a noi compete una cosa molto più importante e che richiede più tempo, che è la crescita e la formazione del cittadino. Parlare di legalità per una università è dire che il nostro obiettivo è rappresentare un modello etico e civico per gli studenti. Credo che questo non sia più il momento dei proclami su questi temi. Bisogna lavorare in un sistema integrato. Prima di creare un circolo virtuoso tra università ed imprese sarà decisivo educare le aziende e i ricercatori ad interfacciarsi, per fidelizzare il tessuto imprenditoriale. Occorre sfondare un muro culturale. L’illegalità si combatte anche dando fiducia alle persone e alle realtà economiche. Insieme si può fare. So cosa significa essere singoli e sentirsi da soli.

In questi anni ci sono stati moltissimi incontri istituzionali importanti sulla legalità, ma Unifg ha prodotto studi e pensiero critico sulla quarta mafia?

Nel nostro Dipartimento ci sono molte ricerche, molte tesi sul tema, approfondimenti sul diritto processuale penale. Abbiamo vinto un progetto europeo sulla criminalità organizzata, che terrà insieme Albania, Kosovo e Ucraina.

L’Unifg ha ampliato molto la sua offerta formativa, se sarà Rettrice continuerà su questo stesso solco?

Sì, i corsi su cui batterò saranno quelli di Ingegneria, mi piacerebbe poter offrire Ingegneria Informatica, Civile, Ambientale ed Energetica. Tanti nostri informatici vanno fuori, non restano sul territorio.

Cosa manca ad Unifg?

Oggi mancano le connessione personali, due anni di pandemia hanno azzerato quasi il vivere comune dell’università. A me manca la luce, manca un contesto che ti accolga dentro suoi spazi. E come dicevo prima manca il senso di appartenenza.

Il Rettore Limone ha molto lavorato insieme alla Regione Puglia sulla questione edile ed urbanistica di Unifg. La spaventa la ristrutturazione della Caserma Miale?

No, non mi spaventa, ma sono gli studenti che devono rappresentare l’obiettivo dell’ateneo, intendo condividere con loro le urgenze della realizzazione di quegli spazi. Ho già parlato con gli uffici e mi hanno assicurato che si potrà anche aprire solo un’ala della caserma in una prima battuta. Serve una forte razionalizzazione degli spazi, sogno una università piena di postazioni e di divani per gli studenti. Il numero ideale di postazioni studio è pari ad 1 ogni 15 studenti.

Negli ultimi tempi, Unifg è stata attraversata anche da tanta litigiosità interna, con ricorsi ed esposti in Procura, che ne pensa?

Unifg deve essere prevedibile, avere delle regole che si applicano. Quando si è trasparenti e si persegue l’interesse generale, che è diverso da quello collettivo, quella istituzione è blindata. Sono Direttrice da sei anni e questo dipartimento è sereno, si dialoga. Quando si applicano le regole non c’è litigiosità. La regola, come insegna il diritto, mette pace. Voglio una Università etica. Che sappia essere terza, senza declinazioni politiche. Nei prossimi anni senza dubbio ci servirà incrementare il personale tecnico amministrativo. Così come andranno gestite le risorse del PNRR col patto territoriale della Regione Puglia, che vale 17 milioni di euro.

Ultima domanda prof Curtotti: Rettrice o Rettora? Che vuol dire avere potere ed essere donna in una università pubblica?

Rettrice, c’è il femminile e suona anche bene. Per formazione e io sono una sportiva non ho mai vissuto discriminazioni di genere, non ho mai percepito differenze. Conta se dai la stoccata, non il tuo genere. Da giurista dico che l’uguaglianza sta nelle diseguaglianze. Non è una diminutio affermare di voler andare a casa perché si ama cucinare, è solo un modo diverso di essere. A certi livelli, quando l’imbuto si stringe e il potere è quasi sempre nelle mani degli uomini ci sono ancora pregiudizi. Ce ne sono anche in Unifg. Negli anni ho percepito una diffidenza da parte degli uomini e persistono forme di mobbing, che dovranno essere affrontate.

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